La Stampa, 17 novembre 2017
Rvocato l’assegno a Veronica Lario. E il Cavaliere pensa al beau geste: rinunciare alla restituzione del denaro
Quando ieri gli hanno comunicato l’esito della sentenza d’appello «immediatamente esecutiva» con cui non solo veniva sciolto dall’obbligo di corrispondere un milione e 400 mila euro al mese all’ex moglie Veronica Lario ma si vedeva riconosciuto anche un risarcimento di oltre una cinquantina di milioni per gli assegni versati finora, Silvio Berlusconi in realtà non ha gioito.
«È stato soddisfatto ma non contento», dicono nel suo entourage legale. E non sono parole di circostanza, perché la guerra dei Roses di Arcore, cominciata con la lettera al curaro di Veronica che denunciava sui giornali le umiliazioni dei “bunga bunga” («Le vergini e il drago») e terminata con un’estenuante sequenza di udienze in tribunale, nasconde non solo vecchie ruggini, ma anche antichi affetti e legami indissolubili, come quelli dei figli. Che inducono perciò il Cavaliere all’amarezza di una vittoria che in fondo colpisce la donna con cui ha costituito una famiglia e che ha amato più a lungo nella vita. Spiegano che in fondo all’ottantenne più arzillo d’Italia – considerato dall’agguerrita controparte anche tra gli uomini più ricchi del mondo con un patrimonio stimato in 9 miliardi di euro (Forbes) – tutta questa vicenda ha sempre interessato assai poco. Infinitamente meno, ad esempio, del ruolo di “Padre (godurioso) della Patria” che si appresta a conquistare con le prossime elezioni e che, non si esclude tra gli amici più vicini, potrebbe perfino indurlo al gesto magnanime che tutti a questo punto si aspettano nell’eterna soap opera berlusconiana dove, anche se i ricchi non piangono, per lo meno talvolta amano mostrarsi sensibili.
E allora ecco che tra le opzioni subito esaminate dopo il deposito della vittoriosa sentenza, s’è fatta strada quella di rinunciare per lo meno al rimborso degli oltre 50 milioni di euro arretrati che Veronica, dichiarata ampiamente autosufficiente dai giudici dovrebbe restituirgli, avendo Ella «percepito nei 63 mesi antecedenti» come assegno di mantenimento «oltre 91,5 milioni di euro, somma lorda con disponibilità al netto del prelievo fiscale di circa 50 milioni di euro, ovvero 26 mila euro al giorno percepiti negli ultimi cinque anni».
Che il verdetto fosse così favorevole, persino con l’annullamento degli assegni versati finora, forse non se l’aspettava nemmeno Berlusconi che questa storia avrebbe voluto chiuderla subito, versando fin dall’inizio un’ottantina di milioni e amen. Non a caso, sostengono nel suo entourage, più volte nel corso di questi anni avrebbe cercato di transare con una cifra simile, opponendola ai rilanci dell’ex coniuge (si dice che la richiesta di partenza fosse di un miliardo di euro).
Invece, si sa come vanno a finire queste cose quando si mettono di mezzo gli avvocati: sono carte, cause, liti infinite. E infatti, dato che la parola fine quando si tratta del Silvio nazionale non si può mai dire, prima di rinunciare per esempio agli arretrati (che dovranno essere restituiti subito dalla Lario essendo la sentenza immediatamente esecutiva) gli avvocati di Berlusconi vorranno vedere se ci sarà ricorso in Cassazione. Il che è praticamente una certezza, come lascia capire l’avvocato di Veronica Lario, Cristina Morello. La quale considera la giurisprudenza di Cassazione seguita dalla corte d’Appello milanese un’eresia e che all’autosufficienza della parte debole ritiene sia preferibile ancora il parametro del tenore di vita, come da giurisprudenza costante a partire dagli Anni 80.