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 2017  novembre 17 Venerdì calendario

Carige, se interviene la Bce e scatta il bail-in il sistema teme l’effetto valanga

«Stavolta non ci saranno eccezioni né scorciatoie», dice un banchiere d’investimenti.
Per questo, la preoccupazione ieri sui mercati come al ministero dell’Economia era più che palpabile. Con una chiamata al «senso di responsabilità» rivolta ai soci di Carige come alle banche del consorzio, che lavoreranno per tutto il fine settimana per uscire dal buco nero nel quale si sono infilati tutti i protagonisti di questa ennesima brutta storia bancaria. Il rischio di un effetto domino è concreto nelle quotazioni di Creval, che ha perso il 60% in una settimana.
Certo, ci sono oltre 9 miliardi del decreto da 20 miliardi di soldi pubblici del decreto Mps del Natale scorso, utilizzati finora per 10,624 miliardi. Sono 5,4 miliardi per Mps e 5,224 per le venete. Grazie al testo del decreto, che considera le garanzie pubbliche prestate non per il loro ammontare massimo ma per il fair value stimato, lo sbilancio di cessione degli attivi delle venete è contabilizzato solo per 424 milioni invece dei 12 miliardi di garanzie prestaste dallo Stato. Per Carige, stima un analista, una soluzione sul modello delle venete costa almeno 4,5 miliardi per lo sbilancio di cessione degli attivi alla bad bank più altri circa 3 di aiuto di Stato vero e proprio.
Ammesso che ci siano le condizioni politiche per farlo, con le elezioni alle porte, per arrivare ad utilizzarli serve che Francoforte riconosca «non sistemica» Carige.
Ma finora Carige non ha fatto granché per meritarsi trattamenti particolari. Dopo 2 aumenti di capitale bruciati e 3 amministratori delegati in quattro anni, con l’arrivo dei Malacalza l’istituto genovese si è distinto per fare più o meno il contrario di quanto chiedeva la Bce. L’ultimo aumento di capitale, inizialmente previsto per 450 milioni, era molto inferiore a quanto richiesto dalla Bce. «Visioni diverse» anche sulla gestione delle sofferenze e sulle dismissioni. Quando poi Malacalza ha sfiduciato l’ad Guido Bastianini per rimpiazzarlo con Paolo Fiorentino, creando altra instabilità in una situazione già poco serena, la misura per Francoforte è stata colma, spiega un banchiere coinvolto nell’operazione di rafforzamento patrimoniale.
Senza contare gli elementi esterni. Ovvero, le tensioni che in seno alla stessa Bce hanno seguito il salvataggio di Mps prima e delle banche venete poi. A Francoforte è ancora vivo il ricordo della spaccatura del giugno scorso, quando dopo la dichiarazione che Popolare Vicenza e Veneto Banca non erano sistemici – permettendo così l’utilizo delle regole nazionali e la messa in liquidazione invece della normativa europea sulla risoluzione – si dimise la responsabile delle banche italiane al Single resolution board, l’olandese Joanne Kellermann. Per effetto di quella deroga, sui mercati si è dibattuto a lungo sull’efficacia delle norme europee sul bail-in che ogni volta venivano derogate. Perciò questa volta, spiegano le fonti interpellate, difficilmente ci saranno altre eccezioni.
L’alternativa è dunque la risoluzione: ovvero a pagare il buco di Carige saranno i 56 mila azionisti, gli obbligazionisti e se non dovesse bastare i correntisti oltre 100 mila euro.