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 2017  novembre 17 Venerdì calendario

Chi è Dmitrij Rybolovlev: il Goldfinger russo con un tesoro artistico e uno strano legame con Trump

Perm è una città di quasi un milione di abitanti che sorge al confine tra la Siberia e la Russia europea, nella regione degli Urali. Qui inizia il Gulag, l’intricato e vastissimo sistema delle prigioni sovietiche. Qui è stato imprigionato per un periodo di tempo il grande scrittore russo Varlam Shalamov, autore dei Racconti di Kolyma.

D’inverno si sprofonda nella neve fino all’anca e metà del corpo scompare in un mare bianco, mentre d’estate il clima è torrido. Shalamov ha scritto che in questa regione «la natura è alleata con coloro che ci opprimono». E proprio a Perm io ho passato gran parte degli Anni Novanta, a studiare la nuova economia criminal-capitalista, a visitare le prigioni nascoste nella foresta, e ad imparare come si vive dopo un terremoto politico e sociale. Non avrei mai immaginato che, quasi trent’anni dopo, un filo rosso avrebbe legato questa remota parte del pianeta con un dipinto di Leonardo venduto per 450 milioni di dollari due giorni fa e il Presidente degli Usa.

Dmitrij Rybolovlev è il cinquantenne nato a Perm che ha appena venduto l’unico Leonardo che era ancora in una collezione privata. Figlio di un eminente cardiologo, entra nella Facoltà di medicina di Perm alla metà degli Anni Ottanta e lì conosce la futura moglie. Dopo la laurea, Dmitrij abbandona la carriera medica e si dedica agli affari, prima col padre, poi in proprio. Dopo un viaggio a Mosca, torna a Perm con una licenza che gli permette di aprire una banca. Siamo nel 1996. In quegli stessi anni, io mi trovo a Perm per intervistare politici, imprenditori e criminali. Vengo ricevuto anche dal sindaco appena eletto, amico fraterno di Dmitrij dai tempi in cui erano entrambi dirigenti del Komsomol, l’unione dei giovani comunisti. Quel sindaco è oggi il Vice Primo Ministro del Governo Russo.
Negli Anni Novanta, Dmitrij concentra le sue attenzioni sulle risorse naturali e riesce ad acquisire il controllo di una miniera di potassio che si trova nella cittadina di Berezniki, non lontano da Perm. Durante il regime sovietico i prigionieri del Gulag fornivano la forza lavoro per la miniera. Qui ha lavorato, in catene, lo stesso Shalamov. Anche Dmitrij finisce in prigione, accusato di aver assassinato un azionista, ma viene assolto.
All’apparenza, la storia della privatizzazione della miniera controllata e gestita da Dmitrij è un successo: nel giro di pochi anni, la produzione aumenta di quasi dieci volte e la società viene quotata in Borsa a Londra. Quando, nel 2010, Dmitrij vende la sua quota incassa 5.3 miliardi di dollari. C’è però anche un aspetto sinistro: nel 2006 diversi tunnel collassano e decine di voragini si aprono nel centro della città. La linea ferroviaria e diverse case vengono inghiottite. Si scopre che i minatori scavavano sotto zone abitate e le voragini venivano riempite di rifiuti. È un disastro ambientale. Si teme che il governo faccia chiudere la miniera, ma caso vuole che il ministro competente sia proprio il vecchio amico di Dmitrij, quel giovane sindaco che nel frattempo ha fatto carriera a Mosca. Nel 2008, il governo dichiara che non c’è nessun motivo per sanzionare l’impresa mineraria.
Quattro mesi prima della decisione del governo russo di salvare la miniera, Dmitrij compra una villa in Florida, La Maison de l’Amitié: 17 stanze da letto, una piscina, parcheggio privato e una jacuzzi con vista sull’oceano. Il padrone è Donald Trump. Il rampante uomo d’affari americano aveva acquistato la proprietà quattro anni prima per 41.4 milioni di dollari. Nel 2008 la rivende a Dmitrij per 95 milioni, un guadagno di 53.6 milioni. Gli investigatori americani che indagano oggi sui rapporti tra Trump e Putin trovano strano che, con il mercato immobiliare americano al collasso, Trump sia riuscito a vendere a una cifra astronomica una casa che era sul mercato da due anni. Dmitrij non ha mai messo piede ne La Maison de l’Amitié e non risulta che abbia mai controllato lo stato della villa. Dopo poco, l’ha fatta demolire: non si era accorto che la muffa era dovunque. Il portavoce dell’oligarca lo ha definito un ottimo investimento.
Dmitrij non è più il giovane medico che si poteva incrociare alla metà degli Anni Novanta nei corridoi del Comune di Perm. Divorziato, oggi ha una fortuna stimata in 8 miliardi e mezzo di dollari, possiede diversi yacht, una squadra di calcio (il Monaco FC), un’isola greca e, fino a ieri, un Leonardo.
Secondo il dossier preparato da una ex spia inglese per conto dei Democratici durante la campagna elettorale del 2016 è proprio nel 2008 che il Cremlino riesce ad agganciare il futuro presidente. Lo stesso Trump ha ammesso che è stato il denaro russo a salvarlo dalla bancarotta in quel periodo. Dmitrij nega di aver mai incontrato il futuro Presidente, eppure gli indizi di una certa vicinanza vanno oltre l’acquisto della villa con la muffa: il 3 novembre 2016, il jet privato di Dmitrij atterra all’aeroporto internazionale di Charlotte, nella Carolina del Nord solo venti minuti prima di un velivolo con scritto, a caratteri cubitali sulla carlinga, «Trump». I due aerei sembrano inseguirsi tra il 2016 e il 2017, ritrovandosi nello stesso aeroporto a Las Vegas, Florida e New York. Nell’agosto del 2016 lo yacht di Dmitrij è a Dubrovnik, in Croazia, proprio quando la figlia ed il genero di Trump sono lì in vacanza. Il 10 marzo 2017 l’imbarcazione del russo si trova ancorata a pochi metri da quella di Robert Mercer, il principale finanziatore della campagna del futuro Presidente e del sito Breitbart. Uno dei portavoce di Dmitrij, Brian Cattell, ha dichiarato che Dmitrij non ha mai incontrato Mercer. Lo stesso portavoce, Brian Cattell, dichiara di non aver mai conosciuto Mercer, nonostante lavorasse per il sito Breitbart prima di essere assunto dall’oligarca russo.
Le coincidenze non riguardano solo i viaggi: si è scoperto di recente che Dmitrij è il maggior azionista di una banca a Cipro che ha stretti legami con il governo russo: l’attuale ministro del commercio Usa (e partner di Trump) ne era il vice presidente. I maligni sospettano che Dmitrij sia un canale privilegiato tra l’entourage del Presidente e Putin. Teorie cospirative basate su coincidenze, ribattono alla Casa Bianca.
Oggi Dmitrij visita Perm di rado. La città è molto cambiata dagli Anni Novanta. Le strade sono pulite, la neve viene spalata con regolarità e ci sono due cinema con schermo Imax. Alcune cose però sono rimaste le stesse: sono ancora in funzione la miniera di Dmitrij e il campo di prigionia dove è stato incarcerato Shalamov. Il passato non passa e forse la storia non è fatta solo di coincidenze.