Corriere della Sera, 17 novembre 2017
Il Papa e la sospensione delle cure. «La tentazione di insistere è insidiosa»
CITTÀ DEL VATICANO Francesco spiega che «è moralmente lecito rinunciare all’applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico» che si definisce «proporzionalità delle cure».
Ma questo, ricorda lui stesso, lo avevano già detto anche Pio XII nel ’57, l’ex Sant’Uffizio nel 1980 e pure il Catechismo. La differenza, nel messaggio che il Papa ha inviato ieri al Meeting vaticano sul fine vita, sta piuttosto nel contesto storico. Il magistero della Chiesa è contrario sia all’accanimento terapeutico sia all’eutanasia, però il progresso tecnologico ha complicato le cose e «le domande che riguardano la vita terrena assumono forme nuove per l’evoluzione delle conoscenze e degli strumenti tecnici». Così Francesco si interroga: da un lato la medicina ha sviluppato nuove terapie, dall’altro «oggi è anche possibile protrarre la vita in condizioni che in passato non si potevano neanche immaginare».
Qui sta il punto: «Gli interventi sul corpo umano diventano sempre più efficaci, ma non sempre sono risolutivi: possono sostenere funzioni biologiche divenute insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale a promuovere la salute. Occorre un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona». Per la Chiesa è lecita la «rinuncia all’accanimento terapeutico», il Papa cita il Catechismo: «Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire». Nel 2006, a Piergiorgio Welby la Chiesa arrivò a negare i funerali. Si parlò di eutanasia. Ma come considerare la macchina che lo teneva in vita?
Francesco non cita casi particolari. Spiega che «l’accompagnamento del morire» non giustifica «la soppressione del vivere» e «l’eutanasia è sempre illecita». Ma fa notare una cosa decisiva: «Quando ci immergiamo nella concretezza delle congiunture drammatiche e nella pratica clinica, i fattori in gioco sono spesso difficili da valutare. Per stabilire se un intervento medico appropriato sia effettivamente proporzionato non è sufficiente applicare in modo meccanico una regola generale. Occorre un attento discernimento, che consideri l’oggetto morale, le circostanze e le intenzioni dei soggetti». Sempre, ogni malato va accompagnato fino alla fine. Bisogna discuterne «con pacatezza», dice: «Questo è il luogo in cui ci vengono chiesti amore e vicinanza, riconoscendo il limite che tutti ci accumuna e proprio lì rendendoci solidali».