Il Sole 24 Ore, 17 novembre 2017
Carige, la firma (mancata) a notte ormai fonda
Rebus Carige. Lungo la strada, tortuosa, del salvataggio della banca genovese i rumors, le indiscrezioni, i dietro le quinte si sprecano. L’attore protagonista è Vittorio Malacalza, che nel bene e nel male resta sempre l’ago della bilancia per l’istituto.
Anche questa volta. Sono quasi le tre di notte di giovedì e tutto sembra pronto per le firme di rito per dare il via libera alla ricapitalizzazione di Carige. I consulenti e i manager della banca, secondo i rumors, sono riuniti al gran completo, malgrado l’ora tarda.
In attesa sono le tre banche del consorzio di garanzia (Deutsche Bank, Credit Suisse e Barclays) che guardano ai maggiori azionisti dell’istituto: in primo luogo la famiglia Malacalza, ma anche Gabriele Volpi e Aldo Spinelli. L’impegno (firmato) dei grandi azionisti a partecipare all’aumento è cruciale e condizione richiesta dalle stesse banche per dare il via libera all’operazione. Si sta parlando proprio di questo tema da settimane, del resto.
Ma c’è qualcosa che non va per il verso giusto. Come in un film thriller, alle tre di notte di giovedì non avviene quanto è prevedibile. I Malacalza, che sono affiancati dai banchieri di Rothschild, fanno mancare le loro firme per sottoscrivere formalmente l’aumento e non si presentano a notte fonda al summit con le banche del consorzio.
Cosa è successo? C’è chi parla di un documento, che le banche avrebbero sottoposto a Malacalza: sollevando la reazione dell’imprenditore, contrariato per tale richiesta. E in questo modo potrebbe spiegarsi un passaggio del comunicato di ieri della Malacalza Investimenti in cui si dice che «la disponibilità non può tradursi in una impropria supplenza della funzione del consorzio di garanzia».
Ma c’è da dire che quel documento sembrava pattuito da tempo dalle banche con tutti i grandi azionisti. Ci sono così altre interpretazioni, più maliziose, che indicano qualche frizione tra i membri stessi dei Malacalza (Vittorio e i suoi figli) per posizioni familiari non proprio coincidenti sulla partecipazione all’aumento. Di sicuro, la nottata deve passare.
Il consiglio di amministrazione della banca, guidato da Paolo Fiorentino, riunito per tutta la giornata di ieri ha confermato la sua volontà di proseguire per risolvere i nodi che ostacolano l’importante iniezione di liquidità. Malacalza, nel frattempo, è uscito con una nota in cui ha confermato la sua volontà di partecipare alla ricapitalizzazione e, anzi, di di accrescere la sua quota.
Del resto, la storia della famiglia Malacalza nella banca genovese è fatta di forti prese di posizione e di decisioni a sorpresa. Fino a qualche settimana fa sembrava che la principale preoccupazione della famiglia, primo socio della banca con il 17,6% del capitale, fosse quella di non vedersi diluita. L’investimento è stato per la famiglia (finora) un bagno di sangue. La diluizione vorrebbe dire trasformare le minusvalenze milionarie, per ora virtuali, in perdite concrete. La ricca famiglia nativa di Bobbio, grazie al miliardo di liquidità in cassa, è entrata a piccoli passi in Carige nel 2015.
Il 17,6% del capitale, è costato alla dinastia imprenditoriale oltre 200 milioni di euro. Tutto poi è andato per il verso sbagliato: il titolo è lontano anni luce da 1,7 euro, valore medio cui hanno in carico le azioni i Malacalza. Ora si attende di sapere cosa faranno i Malacalza e le banche. Passata la nottata, si spera prevalga la linea del buon senso.