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 2017  novembre 15 Mercoledì calendario

I veri fenomeni stanno in Calabria

Cari studenti di giornalismo, la notizia di oggi riguarda i dati del Centro di ricerca Ermes (anno 2017) sull’assenteismo nelle amministrazioni comunali di 102 capoluoghi di provincia. I capoluoghi italiani sarebbero 111, non 102, ma in alcuni non rispondeva nessuno al telefono, o più probabilmente i dipendenti erano troppo pochi per rientrare nella statistica. Ecco, cari studenti: vi sono diversi modi di impostare una notizia del genere, e il più classico è un’elencazione fredda dei dati e di conseguenza la classifica dell’assenteismo: prima Locri (Calabria) con una media di 99,4 giorni all’anno, ultima Biassono (Monza e Brianza) con 14. Ma ci arriviamo dopo. Un secondo modo può essere legare la notizia sull’assenteismo alla notizia più grande e nota del giorno, che nel nostro caso è sicuramente l’esclusione della nazionale dai Mondiali dopo la sconfitta con una notissima squadra scandinava, ora non ricordo quale. Questo è un modo più difficile di dare la notizia, perché si rischia di passare per scemi: ma non importa, a qualcuno piacerà sempre mentre altri ti daranno dello scemo comunque. Ma facciamo degli esempi, anzi, azzardiamo dei possibili titoli. Accanto a quelli più grossi sulla disfatta azzurra, più discreto, puoi piazzare un classico “Assenteismo, il Mondiale l’abbiamo già vinto”, e quindi raccontare i meriti e demeriti dei 102 vivai italiani dove si forma il meglio dei dipendenti pubblici. Però la parola “Mondiale” in prima pagina sarà già molto usata, quindi si potrebbe optare per il titolo “Assenteismo, a Locri come la nazionale di Ventura: tutti a casa”, oppure, rimanendo in tema, “Assenteisti come la nazionale di Ventura: giocavano in casa”. Ma non è granché. Pare meglio, intercettando un probabile plebiscito dalle Alpi a Capo Passero, un “Assenteismi, cresce l’attesa per quelli di Ventura e Tavecchio”. Ma anche “Ventura”, in prima pagina, sarà una parola abusata: in attesa di non vederla davvero mai più. Quindi si può entrare più nel tecnico, per esempio con “Assenteismo, è crisi: le partite azzurre non saranno più una scusa”, oppure, ancora, “Assenteismo, record a Locri, ma al Meazza purtroppo c’erano tutti”. Per i giornali moderni possono risultare un po’ lunghetti, come titoli: se hai poche colonne, però, puoi sempre optare per un sintetico “L’Italia è fuori, l’impiegato pure”. 
Dopo aver estenuato la pazienza del lettore, però, vi conviene dare qualche dato serio: per esempio ricordando che questa classifica dei pubblici assenteisti è ancora più interessante se si pensa che in questi giorni si avviano le trattative per il rinnovo del contratto dei dipendenti. Beh, qui stiamo parlando di assenze che, comprese le ferie, equivalgono a 50,2 giorni lavorativi annui, con Palermo in testa nella classifica dei comuni che hanno oltre 1.000 dipendenti (58,9 giorni per dipendente) e La Maddalena, in Sardegna, in testa (87,3 giorni) per i comuni che hanno tra i 100 e i 1.000 dipendenti. C’è il citato caso Locri, che ha poco più di 12mila abitanti e un indubbio professionismo tra malattie, congedi, permessi e ferie: ripetiamo, parliamo di 99,4 giorni medi in un anno. A Condofuri, sempre in zona Reggio Calabria, ci si ferma a 86,1 giorni, e a Rizziconi, stessa zona, a 73,3. Però il prediudizio verso il Sud appare meno giustificato del solito, quindi il tifoso nordista incazzato avrà meno ragioni di sfogo: l’Italia assenteista è a macchia di leopardo. Nel senso: è vero che Calabria e Sicilia come al solito mostrano gli uffici meno affollati, ma Campania e Molise guadagnano punti in direzione delle solite virtuose Lombardia, Veneto e Toscana. E ci sono casi particolari: se è vero che la meno assenteista è appunto Biassono (Monza e Brianza, 14 giorni di assenza medi a testa, meno delle ferie), al comune di Mussomeli, vicino a Caltanissetta, sono pochi di più: 18,1 giorni. 
Insomma, è difficile ricavare regole generali, a parte qualcuna: nei comuni più piccoli, dove gli organici sono giocoforza più ridotti e c’è più spirito di squadra (l’assenza di uno pesa sugli altri) c’è un controllo reciproco e tu guarda, le assenze sono minori: 46,1 giorni in media, ferie comprese. E, tu guarda, le assenze crescono in percentuale al crescere delle amministrazioni sino a raggiungere il massimo (51,4 giorni) dove i dipendenti sono più di mille. Tra le peggiori ci sono sono Palermo, Cagliari, Catania ma anche Torino; tra le migliori, cioè con meno assenze, ci sono Milano, Rimini ma anche Napoli e Salerno. Le cose stanno cambiando? È difficile da dire. Quella che sembra rimasta identica è una certa propensione al ridicolo nel giustificare le assenze. Quella della Nazionale non sarà mai perdonata, ma altrove si chiede venia: soprattutto da quando è passata la legge sui licenziamenti iperveloci (entro 30 giorni) con un certo sputtanamento per chi li subisce. L’anno scorso, quando a Foggia arrestarono 13 dipendenti che timbravano e poi uscivano, un consigliere comunale chiese di mostrare clemenza perché i “lavoratori” avevano famiglia. 
Vero. Infatti la maggior parte timbrava e tornava subito a casa, a cambiarsi d’abito, dove ad accoglierli c’erano proprio le famiglie, che sapevano tutto. Un po’, tanto per forzare le cose, come la Nazionale eliminata: da lungo tempo erano in molti, moltissimi a sapere. Che faceva schifo. Ma facevano finta di niente.