15 novembre 2017
APPUNTI SUL WHISTEBLOWING PER GAZZETTA
ILSOLE24ORE.COM
Via libera definitivo della Camera dei deputati con 357 voti (contrari Fi e Di con 46 voti; 15 gli astenuti) alla legge che introduce in Italia il cosiddetto whistleblowing, vale a dire la segnalazione di attività illecite nell’amministrazione pubblica o in aziende private, da parte del dipendente che ne sia venuto a conoscenza per ragioni di lavoro. La norma che si compone di tre articoli mira soprattutto alla tutela dei lavoratori.
Pubblica amministrazione
L’articolo 1 modifica l’articolo 54-bis del Testo unico del pubblico impiego (Dlgs n. 165 del 2001), introdotto dalla legge Severino che aveva già accordato un prima forma di tutela per il segnalante, prevedendo un vero e proprio sistema di garanzie per il dipendente. La nuova disciplina stabilisce, anzitutto, che colui il quale - nell’interesse dell’integrità della Pa - segnali al responsabile della prevenzione della corruzione dell’ente (di norma un dirigente amministrativo; negli enti locali il segretario) o all’Autorità nazionale anticorruzione o ancora all’autorità giudiziaria ordinaria o contabile le condotte illecite o di abuso di cui sia venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto di lavoro, non possa essere - per motivi collegati alla segnalazione - soggetto a sanzioni, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto a altre misure organizzative che abbiano un effetto negativo sulle condizioni di lavoro.
L’eventuale adozione di misure discriminatorie va comunicata dall’interessato o dai sindacati all’Anac che a sua volta ne dà comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica e agli altri organismi di garanzia. In questi casi l’Anac può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del responsabile da 5.000 a 30.000 euro, fermi restando gli altri profili di responsabilità. Inoltre, l’Anac applica la sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 euro a carico del responsabile che non svolga le attività di verifica e analisi delle segnalazioni ricevute. La misura della sanzione tiene conto delle dimensioni dell’amministrazione.
Spetta poi all’amministrazione l’onere di provare che le misure discriminatorie o ritorsive adottate nei confronti del segnalante sono motivate da ragioni estranee alla segnalazione. Gli atti discriminatori o ritorsivi adottati dall’amministrazione o dall’ente comunque sono nulli. Il segnalante licenziato ha diritto alla reintegra nel posto di lavoro e al risarcimento del danno. Le tutele invece non sono garantite nel caso in cui, anche con sentenza di primo grado, sia stata accertata la responsabilità penale del segnalante per i reati di calunnia o diffamazione o comunque reati commessi con la denuncia del medesimo segnalante ovvero la sua responsabilità civile, nei casi di dolo o colpa grave.
Il settore privato
L’articolo 2 estende al settore privato la tutela del dipendente o collaboratore che segnali illeciti o violazioni relative al modello di organizzazione e gestione dell’ente di cui sia venuto a conoscenza per ragioni del suo ufficio. La disposizione dunque modifica l’articolo 6 del Dlgs 231 del 2001 sulla “Responsabilità amministrativa degli enti”, con riguardo ai modelli di organizzazione e di gestione dell’ente idonei a prevenire reati. In particolare, sono aggiunti all’articolo 6 tre nuovi commi. Il comma 2-bis, relativo ai requisiti dei modelli di organizzazione e gestione dell’ente prevede uno o più canali che, a tutela dell’integrità dell’ente, consentano a coloro che a qualsiasi titolo rappresentino o dirigano l’ente, segnalazioni circostanziate di condotte costituenti reati o di violazioni del modello di organizzazione e gestione dell’ente, di cui siano venuti a conoscenza in ragione delle funzioni svolte. Tali canali debbono garantire la riservatezza dell’identità del segnalante nelle attività di gestione della segnalazione, e la modalità informatica è uno strumento necessario, e non eventuale, del canale a tutela della riservatezza dell’identità del segnalante.
Inoltre si chiarisce che le segnalazioni devono fondarsi su elementi di fatto che siano “precisi e concordanti”.
I modelli di organizzazione devono prevedere sanzioni disciplinari nei confronti di chi violi le misure di tutela del segnalante. Mentre si è previsto l’obbligo di sanzionare chi effettua, con dolo o colpa grave, segnalazioni che si rivelino infondate. Il comma 2-ter prevede che l’adozione di misure discriminatorie nei confronti dei soggetti segnalanti possa essere oggetto di denuncia all’ispettorato Nazionale del Lavoro. Il comma 2-quater sancisce la nullità del licenziamento ritorsivo o discriminatorio del segnalante. Sono altresì nulli il mutamento di mansioni o qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del segnalante. Come nel settore pubblico è onere del datore di lavoro dimostrare che l’adozione di tali misure siano estranee alla segnalazione mossa dal dipendente.
La rivelazione del segreto
L’articolo 3, introdotto nel corso dell’esame al Senato, con riguardo alle ipotesi di segnalazione o denuncia effettuate nel settore pubblico o privato, introduce come giusta causa di rivelazione del segreto d’ufficio, professionale (art. 622 c.p.), scientifico e industriale, nonché di violazione dell’obbligo di fedeltà all’imprenditore, il perseguimento, da parte del dipendente pubblico o privato che segnali illeciti, dell’interesse all’integrità delle amministrazioni (sia pubbliche che private) nonché alla prevenzione e alla repressione delle malversazioni. La giusta causa opera dunque come scriminante, nel presupposto che vi sia un interesse preminente (in tal caso l’interesse all’integrità delle amministrazioni) che impone o consente tale rivelazione.
Costituisce invece violazione dell’obbligo di segreto la rivelazione con modalità eccedenti rispetto alle finalità dell’eliminazione dell’illecito. In questi casi non trova dunque più applicazione la giusta causa e sussiste la fattispecie di reato a tutela del segreto.
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CORRUZIONE: CON WHISTLEBLOWING PIU’ TUTELE PER CHI DENUNCIA ILLECITI =
Roma, 15 nov. (AdnKronos) - Via libera definitivo della Camera - con 357 voti a favore, 46 no, 15 astenuti - al testo che rafforza in chiave anticorruzione la tutela del segnalante di illeciti. La nuova legge integra e amplia l’attuale disciplina prevista dalla legge Severino: da un lato implementa la norma già vigente per gli impiegati pubblici includendo gli enti pubblici economici e gli enti di diritto privato sotto controllo pubblico, dall’altro allarga la tutela al settore privato inserendo specifici obblighi a carico delle società nei modelli organizzativi previsti dalla 231. Ecco, in sintesi, le principali novità. Whistleblower più garantito. Il dipendente pubblico che segnala ai responsabili anticorruzione, all’Anac o ai magistrati ordinari e contabili illeciti che abbia conosciuto in ragione del rapporto di lavoro non potrà essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altre misure ritorsive. (segue) (Pol-Ruf/AdnKronos) ISSN 2465 - 1222 15-NOV-17 13:34 NNNN
CORRUZIONE: CON WHISTLEBLOWING PIU’ TUTELE PER CHI DENUNCIA ILLECITI (2) =
(AdnKronos) - Atti discriminatori nulli. Si prevede il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento e la nullità di ogni atto discriminatorio o ritorsivo. L’onere della prova è invertito, nel senso che spetta all’ente dimostrare l’estraneità della misura adottata rispetto alla segnalazione. Segretezza identità. E’ vietato rivelare l’identità del whistleblower, ma non sono ammesse segnalazioni anonime. Il segreto sul nome, in caso di processo penale, non può comunque protrarsi oltre la chiusura delle indagini preliminari. L’Anac predisporrà linee guida sulle procedure di presentazione e gestione delle segnalazioni promuovendo anche strumenti di crittografia quanto al contenuto della denuncia e alla relativa documentazione per garantire la riservatezza dell’identità del segnalante. Sanzioni a carico dell’ente. L’Anac, a cui l’interessato o i sindacati comunicano eventuali atti discriminatori, applicherà all’ente (se responsabile) una sanzione pecuniaria amministrativa fino a 30mila euro. La mancata verifica della segnalazione e l’assenza o l’adozione di procedure discordanti dalle linee guida comportano invece una sanzione fino a 50.000 euro. (segue) (Pol-Ruf/AdnKronos) ISSN 2465 - 1222 15-NOV-17 13:34 NNNN
CORRUZIONE: CON WHISTLEBLOWING PIU’ TUTELE PER CHI DENUNCIA ILLECITI (3) =
(AdnKronos) - Clausola anti-calunnie. Ogni tutela salta nel caso di condanna del segnalante in sede penale (anche in primo grado) per calunnia, diffamazione o altri reati commessi con la denuncia o quando sia accertata la sua responsabilità civile per dolo o colpa grave. Tutela allargata al settore privato. La tutela del whistleblower vale per tutte le amministrazioni pubbliche, inclusi gli enti pubblici economici e quelli di diritto privato sotto controllo pubblico, e si applica pure a chi lavora in imprese che forniscono beni e servizi alla Pa. Ma si estende anche al settore privato stabilendo che nei modelli organizzativi e di gestione, predisposti dalle società ai sensi del decreto 231/2001 per prevenire la commissione di reati, siano previsti il divieto di atti di ritorsione o discriminatori e specifici canali di segnalazione (di cui almeno uno con modalità informatiche) che garantiscano la riservatezza dell’identità. (segue) (Pol-Ruf/AdnKronos) ISSN 2465 - 1222 15-NOV-17 13:34 NNNN
CORRUZIONE: CON WHISTLEBLOWING PIU’ TUTELE PER CHI DENUNCIA ILLECITI (4) =
(AdnKronos) - I modelli dovranno anche adottare sanzioni nei confronti di chi viola la tutela del segnalante e di chi (con dolo o colpa grave) effettua segnalazioni infondate. Vale anche per il settore privato la nullità del licenziamento ritorsivo e di ogni altra misura discriminatoria. Scriminante rivelazione segreto. La segnalazione nell’interesse all’integrità delle amministrazioni (pubbliche o private) e alla prevenzione e repressione di illeciti costituisce giusta causa di rivelazione del segreto d’ufficio, professionale, scientifico e di violazione dell’obbligo di fedeltà all’imprenditore. La scriminante non si applica però nei rapporti di consulenza o di assistenza o nel caso in cui il segreto sia rivelato al di fuori degli specifici canali di comunicazione. (Pol-Ruf/AdnKronos) ISSN 2465 - 1222 15-NOV-17 13:34 NNNN
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Whistleblowing: Davigo, fatta così legge non serve
’Non è tecnicamente possibile mantenere anonimato’ (ANSA) - MILANO, 15 NOV - Secondo l’ex pm di Mani pulite e presidente di sezione della Corte suprema di Cassazione, Piercamillo Davigo, la legge sul whistleblowing approvata oggi in Parlamento "non servirà" a stanare i corrotti. La legge "fatta così non ha senso perché se uno è obbligato a fare denuncia, e se non la fa commette un reato, - ha spiegato Davigo a margine di un convegno a Palazzo Marino -, non si può mantenere l’anonimato, non è tecnicamente possibile". Infatti i dipendenti pubblici, "salvo gradi molto bassi, sono pubblici ufficiali incaricati di pubblico servizio e hanno l’obbligo di denuncia - ha chiarito - come si fa a mantenere l’anonimato? Quelli che copiano dall’estero non sanno che lì il sistema è diverso. Ad esempio in Gran Bretagna, dove questo istituto è nato, esistono i testi occulti la cui identità non viene rivelata agli imputati e ai difensori. Se facciamo una cosa così anche in Italia ha senso, altrimenti il provvedimento non ha senso". A chi gli ha chiesto se questa legge è comunque un segnale da parte della politica, Davigo ha risposto che "se una cosa non serve, è un segnale inutile, cioè si fa credere che serva una cosa che non serve", ha concluso. (ANSA). Y59-EM 15-NOV-17 18:37 NNNN
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Whistleblowing: Grillo, abbiamo vinto!
I 5 Stelle sul blog, pietra miliare nella lotta alla corruzione (ANSA) - ROMA, 15 NOV - "Abbiamo vinto!". Così Beppe Grillo dal suo profilo Fb commenta l’ok alla legge sul whistleblowing. Grillo rilancia la notizia anche sul blog dove pubblica un post del M5s: "Ci abbiamo creduto dal 2013, quando appena entrati in Parlamento, abbiamo presentato la nostra proposta di legge a prima firma e promossa da Francesca Businarolo. Non ci siamo mai arresi nonostante le difficoltà e alla fine, insieme, abbiamo vinto. Non senza qualche difficoltà, alla fine ce l’abbiamo fatta. Questa legge è una pietra miliare in Italia nella lotta alla corruzione" dicono i 5 Stelle secondo i quali la normativa "mette l’Italia al passo con i Paesi più civili" adempiendo alla convenzione Onu del 2003 contro la corruzione e che "finalmente dà un’arma ai comuni cittadini contro quella che è una pratica tanto silenziosa quanto diffusa nella nostra società: la corruzione".(ANSA). CHI 15-NOV-17 16:50 NNNN
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REPUBBLICA.IT
Francesca Businarolo esulta e fissa i numeri sul display, per lei sono le cifre di un piccolo trionfo: presenti a Montecitorio 418, favorevoli 357, "contraria Forza Italia" spiega lei (mentre i numeri sobriamente recitano: "46 contrari e 15 astenuti"). Ampia maggioranza: poco prima di mezzogiorno del 15 novembre, l’Italia mette a segno la sua "legge sul whistleblowing". Ci sono voluti quattro anni di lavoro: nel 2013 Businarolo, parlamentare 5 stelle e prima firmataria, avanzò la proposta. Ora, dopo ben un anno e mezzo di stallo al Senato, "il testo è approvato alla Camera, migliorato".
Perché festeggiare? "Ha presente l’indice che misura la corruzione percepita nei vari Paesi? Bene, le dico solo questo: prima, l’Italia era messa male, agli ultimi posti, ma eravamo pur sempre messi meglio della Romania. Poi è successo che Bucarest si è dotata di una legge per proteggere i whistleblower, mentre noi eravamo fermi a discuterne in aula. Risultato? L’indice 2017 dice che ora noi siamo più ’corrotti’ di loro. Ora possiamo finalmente ribaltare quei numeri", conclude Businarolo mentre la legge viene sdoganata. Gli Edward Snowden d’Italia potranno denunciare abusi e corruzione con le spalle (più) coperte.
La novità. Sotto il cappello di "whistleblower", cioè tutti coloro che da insider scoprono una magagna (un abuso, un illecito, molto spesso un episodio di corruzione) e la rivelano, si nascondono le storie più diverse: negli Stati Uniti, c’è chi ha svelato storie sporche sul nucleare, sull’Fbi, sull’ambiente, o il Datagate come nel caso di Snowden. Lì però, nella maggior parte dei casi, lo Stato tutela e "paga" chi denuncia. Lo fa per interesse: "Una volta scovato l’episodio di corruzione, di evasione fiscale e così via, le casse pubbliche recuperano miliardi di dollari", come spiega l’avvocato Stephen Kohn che in Usa difende sentinelle celebri dagli anni ’80. In Europa non esistono premi in denaro, anzi: molto spesso chi si espone, e denuncia, è lui a pagare; viene mobbizzato, licenziato, spende migliaia di euro per avvocati o psicologi. O finisce in tribunale, come Antoine Deltour, la sentinella dello scandalo LuxLeaks. Eppure anche in Europa, col fioccare delle denunce, si potrebbero rimpinguare le casse pubbliche: la Commissione europea ha stimato che il whistleblowing può valere qualcosa come 50 miliardi di euro. Pure per questo, il Parlamento italiano ha deciso di integrare le blande protezioni già contenute nella legge Severino. Con le nuove regole, l’aula stabilisce tutele più forti per i dipendenti pubblici e introduce le prime garanzie per chi lavora in aziende private e partecipate.
Andrea, Giulia, Stéphanie. Nel settore pubblico, chi denuncia con fondatezza non potrà essere demansionato, licenziato, trasferito, insomma "punito" per aver agito nell’interesse pubblico. Anzi: dovrà essere messo in condizione di fare la sua denuncia in condizioni di segretezza e attraverso precisi canali di segnalazione. La legge dice pure che se il datore di lavoro ti licenzia perché hai "spifferato", dovrà dimostrare - lui, non tu - che il motivo non è la tua soffiata (tecnicamente si chiama: "inversione dell’onere della prova"). Se viene fuori che il capo ti licenzia o mobbizza, dovrà pagare una sanzione (fino a 50mila euro); una sanzione spetterà pure al responsabile anticorruzione che non avesse dato il giusto seguito alla tua segnalazione. Le nuove regole, se fossero arrivate prima, avrebbero potuto cambiare le sorti di un po’ di storie. Per esempio quella di Andrea Franzoso, il whistleblower nostrano più noto, che ha da poco pubblicato un libro-testimonianza ("Il disobbediente") e che rivelò le "spese pazze" di Ferrovie Nord: quella era appunto una partecipata, settore che, senza la nuova legge, rimane totalmente scoperto da protezioni ad hoc. E lui non esita ad ammettere che "questa legge è un buon punto di partenza". Gioisce anche Giulia Romano, ricercatrice pisana che ha denunciato irregolarità nei concorsi universitari e ha vinto il ricorso al Tar. Pure da oltralpe c’è chi esulta: "Meno male che le cose da voi migliorano un po’", commenta Stéphanie Gibaud, che portò a galla in Francia lo scandalo Ubs - un pasticcio di banche e evasione fiscale.
Tallone d’Achille. Ma attenzione: per molti pasionari della soffiata, questa legge è solo un inizio. Lo stesso Franzoso nota molti punti deboli: "Gioisco che le nuove regole vadao in porto - dice - ma soprattutto per il settore privato, le protezioni rimangono deboli, e ancor più incerte per le aziende piccole e medie: non è detto che abbiano modelli organizzativi adeguati per garantire un sistema di segnalazione dell’abuso". L’associazione Transparency, che assieme a "Riparte il futuro" è tra le più attive nel pressing per l’approvazione delle tutele, sintetizza così - per voce di Giorgio Fraschini - punti forti e deboli: buona la protezione dell’identità di chi segnala, la possibilità per l’autorità anticorruzione (Anac) di imporre sanzioni, l’introduzione di tutele anche per il settore privato. Ma rimangono alcune debolezze: "Manca una protezione completa nel settore privato, nel senso che il modello non è obbligatorio, non sono previste misure di protezione per le segnalazioni a regolatori esterni o all’autorità giudiziaria. Nei procedimenti giudiziari, a un certo punto l’identità del segnalante potrebbe essere rivelata. Manca poi un fondo economico di ristoro per chi segnala". Insomma si può sempre migliorare: c’è chi sogna l’Irlanda, che ha da poco approvato una legge per "blindare" chi denuncia, o l’Olanda, che ha addirittura pensato a una "Casa per la tutela del whistleblower", con tanto di consulenze per far sentire la sentinella "accolta". Intanto però, c’è pure chi, come Businarolo, pregusta i primi successi: "Magari sorpassiamo la Romania...".
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CORRIERE.IT
Il via libera definitivo
L’Aula della Camera ha dato il via libera, nella seduta del 13 novembre 2017, alla legge sul cosiddetto «whistleblowing», ovvero sulla «soffiata», intesa come segnalazione su attività o fatti illeciti nell’amministrazione pubblica o in aziende private da parte del dipendente che ne venga a conoscenza. La nuova legge di fatto integra la normativa già in vigore per i lavoratori del settore pubblico. I voti a favore sono stati 357 (Pd, M5S, FdI, Lega), 46 i contrari (Forza Italia e Direzione Italia), 15 gli astenuti. La legge era stata approvata in prima lettura a Montecitorio il 21 gennaio 2016 e al Senato, con modifiche, ad ottobre. Nel secondo passaggio alla Camera l’approvazione definitiva.
Pubblico e privato
Il testo prevede all’articolo 1 la tutela del dipendente pubblico che «nell’interesse dell’integrità della pubblica amministrazione» segnala ai propri responsabili, all’Autorità nazionale anticorruzione o all’autorità giudiziaria condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza durante il proprio lavoro. L’articolo 2 estende la norma anche al settore privato .
Segnalazioni riservate
Le procedure per effettuare le segnalazioni dovranno essere predisposte dall’Autorità nazionale anti-corruzione sentito il Garante per la privacy. Il lavoratore dovrà essere messo nella condizione di effettuare le segnalazioni in forma non anonima ma comunque riservata. Saranno previste anche modalità si segnalazione per via informatica. L’articolo prevede poi che non venga rivelata l’identità di chi effettua segnalazioni e che ad esso siano riservate le tutele di riservatezza già previste dall’articolo 329 del codice penale e quelle previste dalle rispettive procedure nel caso di procedimenti dinnanzi alla Corte dei Conti o di procedure disciplinari .
Nessuna ritorsione
La legge prevede che chi effettua la segnalazione in buona fede, ovvero senza dolo o colpa grave, non possa essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altre misure penalizzanti. Le norme si applicano anche a chi lavora per le imprese fornitrici di beni e servizi per la pubblica amministrazione. In caso di licenziamento a seguito delle segnalazioni effettuate, il lavoratore ha diritto al reintegro nel posto di lavoro.
Le sanzioni previste
La legge stabilisce sanzioni pecuniarie da 5 a 30 mila euro per i funzionari che si rendessero responsabili di forme di ritorsione nei confronti di chi effettua le segnalazioni. Sanzioni da 10 a 50 mila euro sono previste anche per i funzionari o i responsabili che non effettuano accertamenti per verificare le segnalazioni ricevute. E’ poi previsto il reintegro del «segnalante licenziato a motivo della segnalazione». Le segnalazioni devono però essere fondate, altrimenti le sanzioni saranno neliconfronti di chi le ha effettuate «con dolo o colpa grave».
Cantone: «Norma di civiltà»
Per il presidente dell’Autorità nazionale anti-corruzione, Raffaele Cantone, a legge sul Whistleblowing è «una norma di civiltà», perché «chi segnala illeciti di cui è venuto a conoscenza sul luogo di lavoro non può essere lasciato solo esposto al rischio di minacce, ritorsioni e perfino di perdere il posto, come a volte è tristemente accaduto. L’Autorità anticorruzione, alla quale la legge demanda gli accertamenti, si attrezzerà per far fronte a questo ulteriore compito». E ancora: «Malgrado le condizioni per giungere a questo risultato sembrassero inizialmente molto difficili il Parlamento ha dimostrato che quando in ballo ci sono valori irrinunciabili è possibile trovare una ampia e significativa convergenza fra le varie forze politiche, come conferma la larghissima maggioranza con cui è stato approvato il disegno di legge».
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GIAN ANTONIO STELLA, CORRIERE DELLA SERA 12/10 –
«Veni, vidi, tacui». Il columnist americano Donald Herron, il giorno in cui stravolse la celeberrima frase pronunciata da Giulio Cesare al ritorno dalla vittoria contro Farnace II del Ponto, trovò la sintesi perfetta per descrivere un certo modo di vivere la vita. (…) E furono davvero in tanti, tra i compagni di lavoro di Andrea Franzoso, il funzionario delle Ferrovie Nord Milano che con l’aiuto del collega Luigi Nocerino denunciò per le sue spese pazze l’allora presidente Norberto Achille, quelli che vennero, videro, tacquero.
Usi personali
Cadendo dalle nuvole quando Luigi Ferrarella scrisse sul Corriere che Achille era accusato «di aver destinato a uso pressoché esclusivo della moglie e di un figlio due telefoni cellulari, mentre sull’utenza aziendale del padre l’altro figlio avrebbe avuto facoltà di addebitare le proprie chiamate, con il risultato che in questo modo l’azienda sarebbe stata onerata di circa 124.000 euro»… Per non dire del «corposo capitolo delle carte di credito aziendali utilizzate dai familiari - secondo il pm - per pagare spese personali di vario genere: 14.000 euro di abbigliamento, 30.000 di arredi ed elettronica, (…) 3.700 di scommesse sportive e 17.000 di alberghi e ristoranti». E poi la «toelettatura per il cane», gli oltre 180mila euro di multe stradali e così via, per un totale di almeno mezzo milione di euro.
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Delega al nulla
Molti potranno dire che no, erano tagliati fuori da certe responsabilità e non potevano aprire certi cassetti e sapere quindi delle ruberie sui rimborsi. Tutti o quasi tutti, però, hanno saputo dell’inchiesta. Si son dati di gomito per la caduta degli dei aziendali. Tutti o quasi tutti hanno letto avidamente le cronache dove si raccontava, per dirne una, dei 7.634 euro spesi «in abbonamento alla pay tv, compresi i costi per la visione di una serie di film pornografici». Tutti o quasi tutti hanno saputo infine della successiva decisione della società. Cioè quella di isolare progressivamente l’autore della denuncia (che in un Paese serio avrebbe dovuto essere premiato per aver messo fine alla carriera di chi sui rimborsi rubava soldi ai cittadini) per poi scipparlo delle competenze sui controlli, piazzarlo in un ufficio con una delega al nulla fino a spingerlo, con educatissimo cinismo, ad andarsene. Una vergogna.
«Dov’era, lei, in tutti questi anni?»
Eppure, salvo eccezioni, tutti videro, tutti tacquero. Scrive Andrea Franzoso nel libro «Il disobbediente» (PaperFirst editore) che il giorno in cui si scoprì che era stato lui a far scoppiare il bubbone, fu circondato da colleghi in festa, compresa una segretaria dell’ormai ex presidente Achille: «È una bella donna sui quarant’anni. Alta, bionda, sempre in grande spolvero e con indosso abiti griffati. Scuotendo i pugni in avanti, esulta: “Evvai, ragazziii!”. Ride nervosamente e domanda: “Posso abbracciarvi?”. Mi faccio avanti, lei si avvicina a braccia aperte. Mi stringe forte a sé e mi stampa due grossi baci sulle guance: “Grazie, Andrea”. (…) La osservo con una punta di amarezza. Dov’era, lei, in tutti questi anni?».
Emarginazione
Ricorderà più avanti, dopo la cronistoria della lenta emarginazione: «I più coraggiosi, quelli che per primi si erano affrettati a manifestare platealmente, a me e a Luigi Nocerino il proprio sostegno, sono i primi anche a voltarci le spalle e a salire sul nuovo carro – o meglio: Carroccio – del vincitore». Carroccio ferroviario affidato dal governatore leghista Roberto Maroni al nuovo presidente delle Fnm, il non meno leghista Andrea Gibelli. Piazzato lì «per garantire», diceva, «maggiore semplificazione e trasparenza». Prima mossa: la rimozione non dei tanti che «non avevano visto» ma di chi aveva denunciato l’andazzo. Un segnale al «sistema» molto esplicito.
Il paragone con Auschwitz
Più esplicita ancora è la conversazione tra Andrea Franzoso e l’ex presidente del collegio sindacale Carlo Alberto Belloni, conversazione registrata, trascritta, allegata agli atti del ricorso al giudice del lavoro e pubblicata successivamente da Marco Lillo su Il Fatto. Belloni proprio non capisce perché mai Franzoso abbia tirato fuori quelle magagne: «Io vi avevo spiegato, sia a te che a Nocerino, di non insistere sulla strada su cui stavate insistendo». Si avventura quindi in un ragionamento allucinato: «Il comandante di Auschwitz, che di certo non era uno stinco di santo (…) l’unica cosa che non ha mai fatto è indagare sui revisori dei conti che gli mandava Berlino. Mai. Mai fatto. Aveva il Comitato di controllo interno, aveva l’Odv interno del campo, fatto da Ss». E va a planare su un paragone surreale tirando in ballo la leghista Laura Quaini, presidente del Comitato controllo e rischi. Una protagonista «decisiva», secondo Lillo, «nell’aiutare i controllori onesti come Franzoso» e poi (ovvio) non più riconfermata nella carica di consigliere. Ecco cosa dice l’ex presidente del collegio sindacale: «Quando una Ss si svegliava, in questo caso l’Ss Quaini, si svegliava e diceva: bisogna indagare sul comandante, su su… sul presidente dei revisori dei conti che arriva da Berlino, gli diceva: “Guarda, tu non sei ariano perfetto, comincia ad accomodarti dentro al forno crematorio”». Sic…
Trasparenza
Certo, Andrea Franzoso non è stato il primo, nella storia italiana, a pagar cara la scelta della trasparenza e a sbattere contro i «padreterni», come li chiamava Luigi Einaudi. Basti ricordare il patriota garibaldino Cristiano Lobbia che, eletto deputato, denunciò al Parlamento di Firenze, il 5 giugno 1869, la cessione per quindici anni a faccendieri anonimi raccolti intorno al Credito Mobiliare, della Regia Tabacchi, cioè il monopolio che secondo il banchiere Rothschild era «l’unica entrata sicura dello Stato», in cambio di un anticipo di 180 milioni. Meno della metà di quelli offerti a condizioni migliori (…) da certi finanzieri parigini e londinesi. Fu esaltato come un eroe, sulle prime, il parlamentare garibaldino. Ma poi venne annientato da una macchina del fango mai vista prima…
Gli esempi
Un destino di emarginazione e isolamento che dopo di lui toccò a tanti altri. (…) Come Luca Magni, l’imprenditore che aveva una ditta di pulizie e che aveva deciso di ribellarsi alle continue richieste del presidente del Pio Albergo Trivulzio, Mario Chiesa. Finì sulle prime pagine come un eroe. Ma vent’anni dopo avrebbe raccontato: «Rifarei tutto. Ma cercherei di tutelarmi di più. Ho denunciato il sistema delle tangenti che strozzava la mia azienda ma non potevo prevedere che in poco tempo avrei perso tutti gli appalti».
Ne vale la pena?
E potremmo andare avanti, di nome in nome, di scandalo in scandalo, per giorni… E allora ti chiedi: vale la pena di fare queste denunce? (…) Se lo chiedono quanti aspettano da anni che sia varata finalmente anche in Italia una legge che tuteli il whistleblower. Cioè «il soffiatore di fischietto» che, come l’arbitro di calcio, di rugby o di basket fischia davanti a un fallo per «fermare il gioco sporco». (…) Sì, risponde col suo libro Andrea Franzoso: valeva la pena. Nonostante tutto: sì. Perché, come spiegò Martin Luther King, saremo chiamati un giorno a render conto delle nostre scelte. E «ci pentiremo non solo per le parole e le azioni odiose delle persone cattive ma per lo spaventoso silenzio delle persone buone».
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LA REPUBBLICA, 27/4/2016
«Non è una punizione, è una riorganizzazione aziendale», gli hanno detto. Ma Andrea Franzoso non se l’è bevuta. Nel febbraio 2015 aveva denunciato le spese pazze dei manager di Ferrovie Nord Milano, riscontrate e diventate oggetto di un’indagine della magistratura. Otto mesi dopo, nonostante i vecchi dirigenti siano stati rimossi, la sua azienda gli ha spiegato che doveva lasciare l’ufficio della vigilanza interna e accomodarsi non si sa bene dove. «Adesso sono nella sezione “normativa e lavoro”, un ruolo da impiegato nonostante io sia un quadro. Non faccio praticamente niente, gli ho fatto causa per discriminazione», racconta. Franzoso è un whistleblower nel Paese che non tutela i whistleblower.
I dipendenti che scoprono un illecito e hanno il coraggio di denunciarlo vengono chiamati in tutti i modi: gole profonde, corvi, spie, talpe, anche “soffiatori nel fischietto” (la traduzione del termine inglese). C’è chi li definisce eroi, e chi infami. A Bologna, per dire, l’ex rappresentante sindacale Ciro Rinaldi dal 2009 subisce costantemente angherie e minacce perché ha avuto il coraggio di sollevare il caso dei fannulloni nell’Ispettorato territoriale dell’Emilia Romagna che durante l’orario di lavoro andavano in palestra e a fare shopping. Pure il processo che si è appena aperto in Lussemburgo contro le talpe dello scandalo LuxLeaks dimostra, una volta di più, che la materia è scivolosa.
Di sicuro i whistleblower sono uno degli strumenti più efficaci per stroncare la corruzione. Negli Stati Uniti hanno un programma governativo specifico dal 1986: grazie alle soffiate hanno recuperato in trent’anni 60 miliardi di dollari dalle aziende truffatrici. E l’80 per cento delle inchieste per frode fiscale e corruzione parte perché un dipendente “soffia nel fischietto”. Lo stesso accade in Gran Bretagna, dove garantiscono l’anonimato ed è previsto un premio come incentivo. Normative simili, anche se meno articolate, sono in vigore in Francia e Germania. Ma in Italia no, ancora manca una normativa solida e chiara che protegga le gole profonde dalle ritorsioni dei datori di lavoro.
Siamo fermi alla legge Severino del 2012, che ha introdotto l’obbligo per i dipendenti pubblici di denunciare gli illeciti al “responsabile prevenzione corruzione”, oppure all’Anac (che dal 2015 ha una modulistica ad hoc, con cui ha raccolto 158 segnalazioni) o alla Corte dei Conti. Non sono accettati gli anonimi, né sono stati emanati decreti attuativi con tutele specifiche per i lavoratori. «Infatti i risultati sono stati scarsissimi», sostiene Francesca Businarolo, la deputata grillina che ha proposto una legge sul whistleblowing sostenuta da Pd, Ncd e Area Popolare.
A gennaio è stata approvata in prima battuta alla Camera, e ora galleggia in commissione al Senato. Estende i doveri della Severino alle aziende private e alle municipalizzate. Non solo. Il dipendente che denuncia non può essere sanzionato, demansionato, licenziato o trasferito. La sua identità rimane anonima per tutta la durata degli eventuali procedimenti disciplinari e civili e, in quelli penali, fino al termine delle indagini preliminari. Vengono introdotte le segnalazioni anonime, ma solo se circostanziate e inviate in via digitale, con un codice di criptazione, ed ogni tutela cade nel caso di condanna per calunnia o diffamazione del segnalante. Nel testo originario era previsto un premio al dipendente fino al 30 per cento della somma recuperata con la soffiata. Ma durante la discussione alla Camera l’articolo è saltato.