Il Messaggero, 15 novembre 2017
Pillole di solitudine per trovare la pace
Pace e calma si conquistano in quindici minuti. Ogni giorno, seppur per un tempo così breve, dovremmo riuscire a metterci da una parte, lasciar fluire i pensieri e restare così. In totale solitudine. Possiamo chiedere aiuto ad un libro per allontanarci dai rumori del mondo ma possiamo anche stare fermi con gli occhi chiusi tentando di sgombrare la mente.
Sono dettagliati, nei loro consigli, i ricercatori dell’università americana di Rochester che, per anni, hanno studiato gli effetti benefici di questa mini pausa quotidiana in totale solitudine. Il lavoro, che è stato pubblicato su Personality and Social Psychology Bullettin ha preso in esame oltre cento persone alle quali è stato chiesto di sedere da sole per un quarto d’ora nell’arco della giornata. Riducendo, così, il carico di emozioni accumulate nelle ore precedenti. In particolare, il campione era stato sottoposto a quindici minuti di conversazione con i professori.
IL TESTAi partecipanti allo studio (ovviamente vietato l’uso del cellulare durante il break) è stato chiesto di rispondere ad un questionario. Venivano poste domande sullo stato d’animo dopo lo stop, sui pensieri legati a quel momento, sulle suggestione mentali e fisiche provate. Risultato: donne e uomini hanno rivelato di sentirsi, post stop, in una condizione estremamente rilassata. Capace, con le energie recuperate in quei pochi minuti, di allontanare suggestioni ansiose e cupe.
Un’altra prova, prevista dallo studio, ha coinvolto 108 persone. Che, senza rispondere al test, dovevano spiegare ai ricercatori quale fosse il dettaglio che riusciva, in quel quarto d’ora, a cambiare il loro equilibrio. In testa alla classifica: il libro o i propri pensieri. Proprio la possibilità di spiegarsi e raccontare quel momento ha fatto emergere che la pausa, oltre alla calma, aveva portato con sé anche una immediata e profonda tristezza. Una vaga paura di perdersi. Da qui, l’indicazione di restare completamente soli, lontani dal mondo, solo per un quarto d’ora. Più tempo, per molti, non potrebbe essere sostenibile, spiegano i ricercatori.
I VOLONTARI
Ad un ennesimo gruppo di volontari è stato chiesto di trascorrere quindici minuti al giorno di fermo per sette giorni consecutivi. Fermandosi poi per altri sette. Ne è uscito un altro quadro ancora: stare soli per un periodo limitato, in particolare se si sceglie di aver questo appuntamento quotidiano, aumenta le sensazioni generali di pace e serenità. Li chiamano momenti di decompressione all’università di Rochester. Momenti che, come indica il lavoro, dovrebbero essere organizzati con estrema attenzione. Proprio per evitare che un latente stato depressivo esca prepotentemente allo scoperto.
LE CHAT
La separazione dallo smartphone durante la pausa è essenziale perché si riesca a raggiunge l’obiettivo. Perché si provi, toccando la realtà, che cosa vuol dire restare soli. Ma non isolati. Condizione molto più vicina alla quotidiana frequentazione con le diverse chat. Da una ricerca pubblicata sull’ American Journal of Preventive Medicine sull’uso dei social e l’isolamento sociale percepito tra gli young adults, è emerso che all’aumentare del tempo trascorso sulle piattaforme, corrisponde la crescita del il rischio di sentirsi isolati. Lo studio è stato condotto su un campione di 1800 giovani americani. I fattori presi in considerazione sono stati il tempo di permanenza quotidiano sui social e la frequenza di collegamento. La sentenza: coloro che passano circa due ore al giorno sui social network corrono tre volte il rischio di sviluppare una spiacevole sensazione di emarginazione dal mondo rispetto a chi ne fa un uso più moderato.