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 2017  novembre 15 Mercoledì calendario

Riscaldamento globale. Umani e ruminanti: «Fermiamo la strana coppia che scioglie i ghiacci». Intervista all’espertto Peter Wadhams

 
Il britannico Peter Wadhams è un super-esperto di calotte polari e del danno che subiscono dal riscaldamento globale, ma non è uno scienziato da scrivania. Ha cominciato a studiare i grandi ghiacci a bordo di aerei militari DC-4 e poi di sottomarini nucleari lanciamissili, in un’epoca in cui i Poli interessavano solo ai generali e agli ammiragli che volevano farne un teatro di scontro con i sovietici.
La competenza di Wadhams si è sviluppata così, quasi per caso, al servizio di persone per le quali la meteorologia e la glaciologia dell’Artico erano questioni di guerra. Durante una missione Wadhams ha anche subìto un incidente e due suoi compagni sono morti. Adesso analizza il ghiaccio marino da tutt’altro punto di vista, come problema ambientale e indicatore delle malattie di cui soffre la Terra. Ha sintetizzato i risultati delle sue ricerche nel libro «Addio ai ghiacci» appena pubblicato da Bollati Boringhieri.
Professore, con le sue ricerche di quanto ha visto ridursi la coltre del ghiaccio marino nel corso dei decenni?
«Dal 1971 a oggi ho potuto fare misure precise dello spessore del ghiaccio artico durante sei missioni bordo di sottomarini. È necessario fare viaggi così, perché i satelliti non sono in grado di misurare lo spessore del ghiaccio. E mi sono meravigliato di scoprire non solo che le calotte si stanno sciogliendo a ritmo veloce, ma che il ritmo diventa sempre più rapido. Nel 1987 la riduzione dello spessore medio era già del 15% e adesso sfiora il 50%».
Per il ghiaccio artico lei parla addirittura di «spirale della morte». Ci può spiegare?
«Non è una metafora, è una descrizione fisica. A causa del riscaldamento globale l’estensione dei ghiacci polari si riduce partendo dai bordi, ma non lo fa seguendo cerchi concentrici. A seconda delle stagioni l’oscillazione della Terra porta le calotte a sciogliersi lungo una linea che gira attorno ai Poli, avvicinandosi sempre di più al centro. Così per i ghiacci si disegna una vera spirale della morte».
Il punto di non ritorno è vicino? O l’abbiamo già superato?
«Non ancora, ma ci stiamo arrivando velocemente, perché l’aumento di temperatura provoca altro aumento di temperatura, in una reazione sempre meno reversibile. In concreto, il riscaldamento causa il ritiro del ghiaccio e questo provoca una diminuzione dell’albedo (cioè della quantità media di radiazioni riflesse dalla Terra nello spazio) e questo, a sua volta, provoca un ulteriore aumento della temperatura. Faremmo ancora in tempo a fermare il riscaldamento globale riducendo il consumo di combustibili fossili, ma dovremmo prendere misure energiche e immediate».
Di solito si attribuisce tutto l’effetto serra all’anidride carbonica, ma lei scrive che le molecole di metano sono 23 volte più potenti da questo punto di vista e che sono responsabili del 45% dell’effetto serra totale. Da dove arriva la minaccia del metano? È in aumento? E la colpa è dell’uomo?
«Purtroppo sì, la responsabilità di quasi tutte le emissioni di metano risale all’uomo. Una fonte di metano sono i processi digestivi dei ruminanti, ma questi vengono allevati in numero crescente per soddisfare l’incremento dei consumi di carne. In altri casi la responsabilità umana è ancora più diretta, per esempio le perdite dei gasdotti. Ma la fonte più grave di preoccupazione viene dai sedimenti della Russia, il permafrost: lì sono imprigionate quantità colossali di metano e a causa del riscaldamento globale quel misto di terra e ghiaccio si scioglie, liberando altro metano, che aumenta l’effetto serra».
Lei scrive (con cautela) una cosa sorprendente, cioè che il riscaldamento globale può portare qualche vantaggio: se fosse moderato, e controllato, potrebbe contrastare la tendenza della Terra a scivolare verso una nuova glaciazione. Conferma?
«Sì, ma attenzione: lei fa bene a sottolineare la cautela, perché non c’è paragone nell’entità e nella scala temporale dei due fenomeni. Un conto è lasciare riscaldare un po’ la Terra per evitare che tra 20 mila anni torni una glaciazione, e tutt’altro è permettere che la temperatura aumenti in fretta di diversi gradi. Questa è la minaccia più grave che il Pianeta si trova ad affrontare».