Corriere della Sera, 15 novembre 2017
«Canterò nella Cappella Sistina. La prima volta di una donna». Intervista a Cecilia Bartoli
Roma Quando l’arte si fa preghiera. «Sono al settimo cielo». Sembra un gioco di parole, pensando al luogo e a una musica che è a ridosso di Dio, ma la prima reazione di Cecilia Bartoli è questa. Venerdì sarà la prima donna che canta nella Cappella Sistina. «È un immenso privilegio, lì per lì mi sono detta, avendo cantato tanto repertorio dei castrati, mi hanno chiamato per quello?». Il celebre mezzosoprano affianca il Coro Pontificio della Cappella Sistina in Beata viscera del francese Pérotin. Il repertorio rinascimentale della Cappella Sistina prevede voci maschili e voci bianche, esclude quelle femminili. Così Bartoli ha recuperato una monodia medievale, dove le donne erano presenti.
La monodia ha una sola linea melodica, lei è la regina del virtuosismo e della coloratura. Un bel viaggio...
«È una musica arcaica, con una sua semplicità. Pérotin componeva per la Chiesa di Notre-Dame, è la prima volta che vado così indietro nel tempo. Cantare quella musica nel luogo in cui è stata concepita, è affascinante».
Com’è l’acustica della Cappella Sistina?
«Generosa, ideale per quel tipo di repertorio, la voce viaggia in modo naturale. Il fatto che i loro cd siano tra i più venduti fa capire il bisogno di spiritualità, e la volontà di scoprire una musica stupenda».
Per il cardinale Ravasi e Riccardo Muti in chiesa si sentono canti banali e si deve tornare all a musica sacra.
«Fosse per me, a Roma, che è la mia città, farei un grande Festival di musica sacra».
Sempre Muti dice che tante donne si affermano.
«Beh, io ho preso il suo posto come direttore artistico al Festival di Pentecoste a Salisburgo. Ha ragione, e sono d’accordo sul fatto che le donne non devono mascolinizzarsi. Una direttrice di talento va rispettato, ma nelle orchestre vedo ancora poche code di cavallo. C’è tanta strada da fare».
E cosa proporrà al prossimo Festival di Pentecoste?
«Non un tema ma una data: 1868. Fu un anno straordinario. Morì Rossini, e canterò per la prima volta L’Italiana in Algeri; Poi Saint-Saens e Max Vengerov, Grieg e Schiff; la Prima di Ciaicovsky; Villazon e Les Musiciens du Prince; Wagner de I maestri cantori con scene dirette da Barenboim e la voce di Kaufmann: è impressionante pensare che quando morì Rossini la musica fosse andata così oltre».
Lei ha cantato spesso i pezzi più celebri dei castrati. Un fenomeno crudele che però va contestualizzato storicamente?
«Crudele senza dubbio. I bambini prescelti venivano da famiglie con tanti figli, uno dei quali veniva sacrificato in nome dell’arte. Attorno al 1700 i castrati in Italia erano 4000. In pochi facevano carriera, Farinelli, Senesini erano le rockstar di oggi. Ma la stragrande maggioranza conducevano una vita miserevole».
La musica sacra che porterebbe sull’isola deserta?
«Un Requiem. Non so scegliere tra quelli di Mozart, Brahms e Verdi. Certo a Mozart sono molto legata».
Lei ha fede?
«Quando sento la musica che ho appena inciso con la violoncellista Sol Gabetta, su Haendel, Caldara, Vivaldi, penso che Dio esista. Tanta bellezza deve essere opera del Padreterno... Insieme abbiamo esplorato brani per voce e violoncello, che aveva funzioni di basso continuo ed è lo strumento più vicino al canto umano. Il cd si intitola Dolce duello : il duello rimanda alla contesa barocca. La dolcezza, unita alla sensualità, è il tratto di questi brani».
Farete una tournée...
«Purtroppo non toccherà l’Italia. Ma in Vaticano verrà il sovrintendente della Scala Pereira, con cui ho un progetto. Forse ci sarà anche Papa Francesco. Sarebbe un grande onore condividere quel momento musicale con lui».