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 2017  novembre 14 Martedì calendario

Per Buffon un addio azzurro tra le lacrime

Quella degli addii è arte dolorosa, fatta di pennellate dense come ricordi e scure come la sensazione di un tempo che non torna. Era normale, perciò, immaginare che l’ultima partita di un ciclo calcistico straordinario come quello di Gigi Buffon in azzurro sarebbe stata in ogni caso una festa agrodolce. Stavolta, però, fa male davvero, e non perché la Svezia gli cancella il sogno di partecipare al 6° Mondiale, impresa mai riuscita a nessuno. Il capitano è sempre stato troppo uomo squadra per non capire che il dramma sportivo in cui si è infilata l’Italia del pallone è infinitamente più grande di qualsiasi traguardo intermedio.

VENT’ANNI DOPO Ma la notte milanese non ha pietà, costringendoci ad associare il saluto a uno dei più grandi portieri della storia, alla certificazione della nostra improvvisa irrilevanza mondiale. Così, vent’anni dopo quel 29 ottobre 1997 in cui un ragazzo di 19 anni, nel gelo di Mosca, ci aiutò a portarci al Mondiale, salutiamo troppo in fretta l’uomo che con le sue grandi mani ci ha protetti a lungo da traiettorie e cattivi pensieri. Evidentemente stavolta traghettarci in Russia era una impresa troppo grande persino per lui, osannato senza posa dai 70 mila di San Siro al grido: «C’è solo un capitano». E Gigi risponde alla sua maniera, lanciandosi alla fine anche in attacco. Ma il tempo della favole è finito, bisogna lasciare spazio a quello delle lacrime.

«TEMPO TIRANNO» «Dispiace non per me, ma per il movimento – dice tra le lacrime –. Abbiamo fallito, e invece anche a livello sociale poteva essere importante. Questo è l’unico rammarico che ho, e non certo perché chiudo, visto che il tempo passa, è tiranno ed è giusto che sia così. Mi dispiace solo che l’ultima partita in Nazionale sia coincisa con l’eliminazione. L’obiettivo era non far piangere quei bimbi che sognano di giocare in Nazionale. Io ricordo bene che rimasi deluso ma che con dignità non piansi davanti lo schermo per il palo di Rizzitelli in Russia. Ventura? Sarà il capro espiatorio, ma lo sport insegna a perdere e a vincere in gruppo, dividendosi meriti e demeriti. Il c.t. ha le colpe che abbiamo noi e tutti quelli che hanno fatto parte di questa spedizione. Non abbiamo sottovalutato niente. Chi gioca queste partite sa cosa significa affrontare squadre del genere, e quanto sia difficile rimontare un gol. Ci è mancata l’energia e la lucidità per segnare. È stata una partita decisa dagli episodi: a loro sono andati bene e a noi male. Ma quando ti va male è perché hai delle colpe. Di sicuro non siamo riusciti a esprimere il meglio, ma c’è un futuro per il calcio italiano, perché noi siamo testardi, caparbi. Lascio ragazzi in gamba che faranno parlare di loro, da Perin a Donnarumma. Vorrei dare un grande abbraccio a chi mi ha sostenuto. I miei Barzagli, Chiello, il mio Lele e tutti quelli con cui abbiamo condiviso gli ultimi dieci anni. Abbiamo forza e orgoglio. Troveremo il modo di rialzarci». E ci lascia così, con una profezia bella come una grande parata. Allora ciao Gigi, è stato bello. Ma siamo convinti che non ci perderemo di vista.