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 2017  novembre 13 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA DIREZIONE PD DOPO LE AMMINISTRATIVEREPUBBLICA.ITROMA - Apertura senza abiure

APPUNTI PER GAZZETTA - LA DIREZIONE PD DOPO LE AMMINISTRATIVE

REPUBBLICA.IT
ROMA - Apertura senza abiure. Questo il perno del discorso del segretario del partito democratico Matteo Renzi. "C’è una pagina bianca da scrivere insieme del programma sul futuro", ha detto rivolto ad Articolo1-MdP e al centro dello schieramento. "Su tutto si può discutere - ha puntualizzato - ma non abiurare le cose già fatte". "Migliorarle, però, si può", ha precisato. La direzione del pd ha approvato il documento unitario presentato dalla segreteria con 164 voti a favore, nessun contrario, 14 astenuti.

"Non c’è una leadership solitaria - ha detto poi nell’intervento di replica - anche su questo vale il principio della pagina bianca. Chi vuole dare una mano è benvenuto, se qualcuno si tira indietro ora da questo invito unitario se ne assume la responsabilità".

Renzi ha lanciato un appello di unità al centro, a Emma Bonino, ai Radicali, e all’area dei Verdi, degli alfaniani, dell’Idv. Ma anche, senza citarli, ai voti liberal democratici che si erano ritrovati in Scelta civica con Mario Monti e ora non vogliono passare a Forza Italia. Il dialogo, ha chiarito Renzi, va avviato "naturalmente con l’area che a sinistra in primis fa riferimento al mondo di ’campo progressista’ a cui lanciamo parole di dialogo e di disponibilità, come quelle che in larga parte degli interventi di ieri abbiamo sentito".

"Non abbiamo nessun veto - ha poi ribadito - né con Si, né con Possibile, né con Mdp". Un appello non raccolto da Nicola Fratoianni. "Noi - risponde il segretario nazionale di Sinistra Italiana - continuiamo e continueremo a lavorare con decisione alla costruzione di un altro polo, alternativo e coraggioso".

Positivi al momento i riscontri da parte di varie anime interne del Partito anche se Piero Fassino ha osservato che "se si chiede unità al di fuoiri del Pd al centrosinistra, nn possiamo non presentarci uniti al nostri interno". Sandra Zampa, portavoce dell’area di Andrea Orlando, ha giudicato favorevolmente la relazione del segretario. Apprezzamento e attesa da parte di Barbara Pollastrini (’corrente’ Cuperlo. Emanuele Fiano ha ammonito Bersani ricordandogli che, al di là degli accordi, se non si lavora insieme dientro l’angolo non c’è solo una sconfitta elettorale.

Ma il rischio dell’ascesa delle nuove destre dei nazionalismi e dei fascismi. Michele Emiliano, esponente della minoranza dem, s’è detto "convinto" della relazione di Renzi: "Ok a documento, da Renzi apertura". "La nostra battaglia sulla diseguaglianza - ha ricordato Graziano Del Rio - a volte la fa la destra. Bisognerà dire sempre che ciò che abbiamo fatto che rivendichiamo. Ma lo si può sempre far meglio. Noi siamo il partito del lavoro che ha a cuore gli ultimi".

• BERSANI: "NON C’È TEMPO PER PETTINARE LE BAMBOLE"
Il leader di Art 1-Mdp, Pier Luigi Bersani, da Catanzaro, gela il segretario dem. "Basta che si sappia - ammonisce - che le chiacchiere stanno a zero, ci vogliono dei fatti". "Non c’è tempo per pettinare le bambole", chiosa. "Renzi si preoccupa sempre di rivendicare quello che s’è fatto - aggiunge l’ex segretario - purtroppo c’è qualche milione di elettori che non è d’accordo, che ha un giudizio critico su tante cose che si sono fatte e che vedono che a dispetto delle affermazioni che siamo usciti dalla crisi, abbiamo dei problemi, a cominciare da quello del lavoro. E quindi staremo a vedere, seguiamo il resto della discussione".

"Se solo si fanno promesse - ha aggiunto Bersani - la gente non crede. Negli ultimi tre anni siamo stati insieme, anche Mdp, ma l’Italia non la pensa così. Benissimo quelli che fanno appelli, siamo anche noi per l’unità, però ci dicano cosa intendono fare per cambiare. C’è un pezzo di elettorato che del centrosinistra a traino Pd e del Pd a traino renziano non ne vuol sapere. Come si fa a farli tornare? Cambiando radicalmente proposte, smettendo l’arroganza del governo, dando un messaggio in sintonia con la vita dei cittadini".

• CUPERLO: "BERLUSCONI VINSE PERCHÈ PDS E POPOLARI DIVISI"
Gianni Cuperlo nel suo inetervento ha ricordato che 23 anni fa Berlusconi vinse perché allora Pds e Popolari andarono divisi. Ma due anni dopo, quando si presentarono uniti, vinse Prodi". "Oggi - ha ammonito Cuperlo - può succedere la stessa cosa se staremo divisi". "La nuova ’cortina di ferro’ in Europa - ha sottolienato - è tra i nuovi nazionalismi di estrema destra e la democrazia". "Non fatico affatto a scorgere i meriti dell’azione del governo - ha ameeso Cuperlo - adesso, però, se è giusto opporsi ad abiure, occorrono gesti che diano il segno di una volontà reale, oggettiva, di dialogo".

Oggi, ha continuato, "il primo nemico di questo partito è l’isolamento". Quindi, rivolgendosi al segretario, ha proseguito: "Tu Matteo hai questo enorme carico sulle spalle, ma noi siamo qui per aiutarti, se decidiamo oggi di andare fino in fondo, di ricucire, tu uscirai da questo come il leader che ha avuto il metodo storico di non affossare un pezzo della storia, Ti invito ad avere il coraggio e la determinazione dell’unità". In caso di fallimenti, Cuperlo ha fatto capire che si troverebbe in una difficile condizione per poter continuare a rimanere nel Pd.

• ORLANDO: "CREDIBILITÀ CON SEGNALI LEGGE BILANCIO"
Il ministro Andrea Olrano ha invitato a "dare credibilità alla relazione di Renzi con segnali, innanzitutto nella legge di Bilancio". Poi ha chiesto "a Renzi iniziativa politica". "Per questo - ha dichiarato il Guardasigilli - ritengo inaccettabile la preclusione di MdP su Renzi. Ma al segretario va la richiesta di chiarire il terreno su cui costruire la coalizione e i punti programmatici. È importante parlare più che agli stati maggiori di MdP ai molti elettori che sono rimasti a casa anche in Sicilia". "Non sono convinto - ha concluso - che a noi convenga dire che abbiamo l’obiettivo di essere primo gruppo nella prossima legislatura".

• RENZI: "SIAMO ALLE PORTE DELLA CAMPAGNA ELETTORALE"
"Siamo alle porte della campagna elettorale e lo sforzo unitario che si chiede all’esterno va praticato all’interno in primis da chi dirige". Con queste parole il segretario del Pd Matteo Renzi apre la Direzione del partito, a porte chiuse e senza streaming, con l’obiettivo di dettare la linea che porterà il Nazareno verso le elezioni del 2018. E dopo aver aver cambiato registro negli ultimi giorni,  aprendo il dialogo anche con gli ex dem. "Dobbiamo parlare al Paese - continua l’ex premier - ma senza abiure, rivendicando con forza e con orgoglio ciò che abbiamo fatto". Ma ora, continua, "la sfida del futuro è una pagina bianca. O la scrive il Pd o il centrodestra. Il nostro obiettivo è essere il gruppo più numeroso in Parlamento". E, assicura, "con la coalizione che faremo siamo già oggi avanti agli altri. E non porremo nessun veto né paletti per averla più larga possibile".

Il segretario conferma poi di voler dialogare anche con i centristi di Alfano: "Non devono essere risucchiati da Berlusconi". Si impegna a far approvare lo Ius soli, a prescindere da un accordo con Mdp, ma "senza creare difficoltà alla chiusura ordinata della legislatura". E invita alla chiarezza i potenziali alleati: "Chi vorrà rompere lo dovrà fare in modo trasparente e chiaro perché da noi non troverà alcuna sponda".

Sul tema del lavoro Renzi ribadisce la disponibilità ad aprire: "Siamo pronti a ragionare per avere meno precariato e più tempo indeterminato", afferma. Ma, precisa, "il Jobs Act resta, ha creato 986mila posti di lavoro in più". Il segretario invita perciò a "discutere seriamente, guardando oltre agli insulti ricevuti". Perché con i bersaniani il Pd ha sicuramente più punti in comune che con gli avversari storici: "Non solo perché con Mdp governiamo insieme in 14 regioni, ma perché molte cose fatte le abbiamo fatte insieme".

In mattinata Renzi ha incontrato anche i Radicali italiani di Emma Bonino e Riccardo Magi e il promotore di Forza Europa Benedetto Della Vedova, che in questi mesi hanno aperto uno spiraglio per una alleanza con i democratici. Un incontro definito "utile e proficuo" dal coordinatore dem Lorenzo Guerini.

DAL CORRIERE DI STAMATTINA
L’ASSEMBLEA DEI PISAPIANI

ROMA Doveva essere il giorno della verità, per Campo progressista. Ma ieri, dopo mesi di riflessione per «tradurre l’utopia in progetto», Giuliano Pisapia si è limitato a ribadire le sue parole d’ordine. La novità è che la formula di un «nuovo centrosinistra per battere le destre populiste» comincia a stare stretta al popolo di Pisapia, che guarda al cantiere di una lista unitaria guidata da Pietro Grasso.

L’auditorium Antoniano è pieno per metà, 300 persone e, in prima fila, Laura Boldrini. Il saluto con il padrone di casa è affettuoso, assai più del congedo. Parte Pisapia e ancora una volta si appella al Pd: «L’idea di una autosufficienza rischia di essere un suicidio. Non possiamo regalare il Paese alle destre e ai populisti». L’avvocato si dipinge come «l’ultimo giapponese» e promette una strenua «resistenza» in nome dell’«unità e della discontinuità». Rilancia il suo mantra contro «la ridotta minoritaria» di Bersani e avverte Renzi: «Noi non vogliamo un’altra Sicilia». Quel che Pisapia non dice, lo afferma dal palco la presidente della Camera, che trascina l’assemblea di «Diversa» con un discorso da leader. Alla fine scattano tutti in piedi e i giornalisti registrano qualche attimo di gelo con Pisapia, spiazzato per l’accoglienza che la sua gente ha riservato alla terza carica dello Stato. L’obiettivo di un nuovo centrosinistra è lo stesso, ma l’inquilina di Montecitorio mette subito in chiaro il suo «no a un’alleanza purchessia», no a un accordo con il Pd nei collegi che non corrisponda a un patto sul programma, in netta discontinuità con il renzismo: «Dobbiamo cambiare radicalmente le politiche che hanno peggiorato la vita delle persone».

La critica al Jobs act è severa, Boldrini boccia i «nuovi lavoretti con cui non si organizza una vita» e invita a voltare pagina. «Basta con i bonus, basta con gli sgravi a tempo», no alla flat tax e sì allo ius soli. Ovazione. Tocca al giovane Marco Furfaro scandire il motto che molti si aspettavano da Pisapia: «Non ci sono le condizioni per un’alleanza col Pd. Non siamo la stampella di un leader ammaccato». Parlano Cuperlo e Damiano per la minoranza del Pd, Zedda per i pisapiani-renziani, Santagata per il mondo prodiano. Tabacci incassa le lodi di Pisapia a quel «centro più a sinistra della sinistra». Ecco Lerner, Monaco, Ferrara... Roberto Speranza sottoscrive «l’agenda straordinaria di Laura Boldrini» e contesta che l’unità sia la formula magica per vincere: «Unire senza cambiare politiche è una presa in giro». Le divergenze sono evidenti, eppure negli accenti di Boldrini, Pisapia e Speranza, Franceschini ha colto «segnali positivi di una volontà di ricomporre il centrosinistra».

CAZZULLO

C’ è un solo problema che la forza nascente alla sinistra del Pd non ha: la mancanza di leader. Le truppe scarseggiano; i generali abbondano. E non uno la pensa come l’altro.

A fronte di infinite difficoltà, l’esercito della nuova sinistra ha due certezze: un’ampia pluralità di posizioni; e una vasta schiera di condottieri. Ognuno si considera il comandante in capo, nonché l’ideologo. Peccato che nessuno abbia le stesse idee degli altri.

Ieri, ad esempio, Pisapia ha detto che bisogna fare l’alleanza con il Pd, e la Boldrini ha risposto che al momento non si può fare l’alleanza con il Pd. In platea non c’era un delegato che concordasse con il vicino: chi proponeva l’accordo tecnico, chi l’accordo politico; chi la desistenza nel Centro Italia, chi l’arrocco al Nord; chi il patto di ferro, chi la rottura.

Non è in discussione la qualità delle persone: Pisapia ad esempio è stato un buon sindaco di Milano; la Boldrini è stata molto attaccata sul web ma è molto amata dal suo popolo, perché spesso è stata l’unica a dire cose di sinistra. Il punto è la quantità. Pisapia doveva essere il rassembleur , fino a quando non è sceso in campo il presidente del Senato Grasso. Ma Bersani non ha mai rinunciato ufficialmente a essere lui il leader ombra. D’Alema da sempre considera che il posto di capotavola sia là dove siede lui. Però, se il capo di una forza giovane dev’essere giovane, allora chi se non Speranza? Poi c’è il portavoce di Sinistra italiana, Fratoianni, che è pure bello; almeno quanto il biondo Civati, fondatore di Possibile, la risposta italiana a Podemos (che però ha il 20%, vale a dire circa 200 volte di più). Ci sarebbe anche il movimento di Anna Falcone e del professor Montanari, che — come ha annotato Roberto Bonami sulla Stampa — ha scritto un libro contro tutte le mostre, tranne le sue. Non manca ovviamente la sinistra della sinistra: i rifondatori comunisti capeggiati da Acerbo che ha appena preso il posto dell’ex ministro Ferrero, celebre per aver manifestato contro il suo governo, quindi contro se stesso. Ieri all’assemblea di «Diversa», il nuovo nome del movimento di Pisapia, è stato evocato pure il fantasma di Turigliatto, citato da Carlo Romano, uomo di Tabacci (esistono). Non possono assentarsi dalla scena, come sempre nei momenti più belli, i trotzkisti, rappresentati dal mitico Ferrando.

Disuniti su tutto, i numerosi leader sono uniti su un punto: detestano Renzi, le sue politiche, talora la sua persona. Con diverse sfumature — Pisapia ha votato sì al referendum, quasi tutti gli altri erano per il no —, ma con l’idea che il segretario stia affondando il Partito democratico, da cui è cominciata la fuga: il prossimo potrebbe essere Cuperlo, che ha un piede al Nazareno e l’altro ormai altrove.

Renzi di fatto è un centrista, almeno su temi fondamentali come economia e lavoro. Anzi, secondo i suoi odiatori è proprio di destra. È normale quindi che alla sua sinistra nasca un nuovo partito. Uno però. Non centomila.

La situazione è ulteriormente complicata dal proliferare di correnti dentro il Partito democratico. Orlando ed Emiliano sono usciti allo scoperto con le primarie. Ma il più potente tra i capi interni resta Franceschini. Una corrente non si nega a nessuno, neppure a Damiano; come la qualifica di padre nobile, in attesa nell’affollata riserva della Repubblica.

Non è mica finita qui. C’è tutta una galassia di listarelle e leaderini indecisi tra il progetto di Pisapia, l’alleanza con il Pd, la lista europeista della Bonino e la tentazione di presentarsi per proprio conto: i radicali di Magi, i socialisti di Nencini, i verdi di Bonelli e altri che certo stiamo dimenticando. Libertà e Giustizia di Sandra Bonsanti che fine ha fatto? Vogliamo proprio escludere una zampata di Vendola? Un canto del cigno di Bertinotti? Una resurrezione di Occhetto, ieri acclamato alla fiera della Microeditoria di Chiari (Brescia)?

Sarebbe anche uno spettacolo bello e variopinto. Il problema è che i mille coriandoli in cui si è frammentata la sinistra rischiano di essere dispersi dal vento. Che in tutto il mondo, Europa e Italia comprese, tira verso destra.