La Gazzetta dello Sport, 12 novembre 2017
Nani, un portoghese a Roma: «La Lazio lassù non per caso»
Quattro «scudetti» inglesi, una Champions, un Mondiale per club, un Europeo per nazioni. Solo per citare quelli più importanti. Perché poi ci sarebbero anche 5 Community Shield, 2 coppe di Portogallo, 2 coppe di Lega inglese e vari trofei minori. Se è vero come è vero che il valore di un campione si misura soprattutto da quello che ha vinto, beh allora Luis Nani non ha bisogno di presentazioni. Ha vinto tanto, ma non è stanco di farlo il portoghese. La sua nuova sfida è riuscirci con la Lazio. «Sono arrivato in un grande club, che ha una storia gloriosa e che sta tornando ai livelli che aveva una quindicina di anni fa, quando era tra i migliori d’Europa. Ci sono tutti i presupposti per far bene».
Il suo arrivo è stato una favola. E non è un modo di dire...
«Ah, la storia di Biancaneve e i 7 Nani? (ride, ndr). Quando ho scelto la maglia non sapevo di questo collegamento, non parlavo ancora italiano e in portoghese il titolo di quella fiaba è diverso. Ma quando l’ho scoperto la cosa mi ha divertito tanto. Se tornassi indietro rifarei la stessa scelta».
Da favola è anche l’avvio di stagione della Lazio. Pensa che possiate continuare a viaggiare così forte?
«Lavoriamo per questo. Non siamo in alto per caso. Però dobbiamo restarci e non sarà per niente facile».
E se dovesse accadere?
«Beh, allora ogni traguardo sarebbe possibile, sì anche lo scudetto. Ma adesso non ha senso parlarne. Se però a cinque giornate dalla fine ci trovassimo ancora lì...».
E non si è ancora visto il miglior Nani.
«È vero. Quando sono arrivato ero reduce da un infortunio e ci ho messo un po’ per recuperare la condizione. Ora però mi sento bene (ieri ha segnato 5 gol nel test col Divino Amore vinto dai biancocelesti per 11-0, ndr) e cercherò di dare alla squadra tutto quello che posso. Sono stato accolto benissimo, non vedo l’ora di ricambiare».
Il gol, molto bello, segnato a Benevento è stato un primo assaggio.
«Per me è stato molto importante. Ci tenevo a rompere il ghiaccio».
Nella sua carriera ha giocato in diversi ruoli offensivi. Inzaghi la utilizza da trequartista. È contento?
«Premesso che gioco dove mi dice l’allenatore, sì questa posizione mi piace, perché mi consente di partecipare di più al gioco».
Nella Lazio ci sono due suoi giovani connazionali di cui si parla molto bene. Si sente di sbilanciarsi?
«Se Jordao e Neto sono qui vuol dire che le qualità le hanno. Ma dipende tutto da loro. Io cerco di aiutarli, ma è bene anche non mettergli troppa pressione».
Ha avuto tanti allenatori di prestigio, come Ferguson per esempio. Cosa pensa di Inzaghi?
«Che ha tutto per diventare pure lui un grandissimo tecnico. È completo, ma la cosa che mi colpisce di più è come riesce a motivare ogni singolo calciatore per ciascuna partita».
Sabato c’è il derby. Non ci sarà bisogno di motivazioni particolari.
«Sì, sì (ride, ndr). È da quando sono arrivato che non mi parlano d’altro. Ho vissuto i derby a Manchester, Lisbona e Istanbul. Dappertutto è così, ma quello di Roma mette i brividi».
Cosa pensa della Roma?
«Che è molto forte. Una delle cinque candidate a vincere lo scudetto. Temo Dzeko, in particolare, ma anche gli altri non sono da meno».
Sa che di questa sfida, comunque vada, si continuerà a parlare per settimane?
«Sì, me lo diceva già Macheda ai tempi di Manchester (l’attaccante cresciuto nel vivaio della Lazio, poi passato allo United e ora al Novara, ndr). Eravamo molto amici all’epoca e lui parlava sempre e solo della Lazio... E poi, avendo preso casa in centro, respiro l’atmosfera della città. So tutto...»
Come mai ha deciso di stare in centro?
«Mi piace talmente Roma che volevo viverla da dentro. Ho già visitato Colosseo e San Pietro. Ma voglio vedere tutti i monumenti. Sergio Conceicao (l’ex campione di Lazio e Inter, ndr) mi aveva consigliato di prendere casa all’Olgiata. Ma ho preferito andare in centro. Sono felice della scelta, come mia moglie e il nostro bimbo».
Roma, che un tempo era definita caput mundi, è il posto ideale da cui partire alla conquista di un Mondiale.
«Non lo nego, è un mio grande obiettivo. Ne ho giocato uno solo, nel 2014, perché nel 2010 ero infortunato. Quello della prossima estate in Russia non voglio perderlo».
Il Portogallo le ha già regalato la gioia più grande della sua carriera, giusto?
«Sì. Col Manchester ho vinto Premier, Champions e Mondiale per club. Ma l’Europeo con la mia nazionale è stato una cosa indescrivibile. Non dimenticherò mai la gioia dell’intero Paese dopo la vittoria».
Potete concedere il bis al Mondiale?
«Sarà molto difficile. Ci sono squadre come Germania, Spagna, Brasile e Argentina che mettono o paura. Ma noi vogliamo dire la nostra».
E la vorrà dire soprattutto il suo amico Cristiano Ronaldo.
«Sì, ci tiene da matti. Ma anche tutti gli altri se per questo».
L’Italia ci sarà?
«Le cose si sono messe un po’ male, ma credo di sì. E lo spero anche perché un Mondiale senza l’Italia non sarebbe lo stesso». Già.