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 2017  novembre 12 Domenica calendario

Crepe nel regno Murdoch scosso dalle liti familiari e dall’addio di Al Waleed

ROMA È iniziata la caccia alla volpe. La “volpe” è la 20th Century Fox, il colosso cinematografico oggi di proprietà di Rupert Murdoch. Le insistenti voci di questi giorni sulla vendita dei suoi studios hollywoodiani e di tutto il comparto intrattenimento hanno fatto venire alla luce le gigantesche crepe che si stanno aprendo nell’impero mediatico del magnate australiano. Una battaglia dietro le quinte in cui hanno un ruolo cruciale i figli Lachlan e James, nonché un principe saudita finito pochi giorni fa agli arresti. Ma lo scenario finale, impensabile poco tempo fa, potrebbe essere un drastico ridimensionamento del gruppo, che ancora nel 2014 fa era sul punto di acquisire Time Warner sborsando 80 miliardi di dollari. “L’impero si sta spezzando”, grida il britannico The Independent. “Murdoch perderà la sua corona?”, si chiede il Sydney Morning Herald. In ballo ci sono non solo la Fox, ma anche Sky, di cui oggi il gruppo dell’ottantaseienne mogul di Melbourne detiene il 39% e su cui in teoria è ancora in corso l’operazione “controllo totale” da parte dello “Squalo”, come lo chiamano gli avversari, che con un patrimonio stimato intorno ai 13 miliardi di dollari è oggi a capo di una galassia mediatica che va dai giornali di News Corp(compresi il Times, il Sun e il Wall Street Journal) fino alle tv di Fox, passando dal cinema con il marchio 20th Century Fox.
Ma oggi qualcosa sembra essersi guastato, nel “mondo Murdoch”. Secondo il Guardian, al centro della tempesta ci sono i figli Lachlan e James e, ovviamente, la mai risolta questione della successione alla guida del gruppo. Una specie di “Dynasty” di cui l’idea della vendita della Fox è la chiave di volta: secondo gli analisti, da una parte la trattativa con la rivale Disney è la dimostrazione che l’impero Murdoch ormai non è più in grado di sostenere la concorrenza dei giganti digitali nell’era dello streaming (vedi Netflix e affini), tant’è vero che se alla fine l’affare con Disney dovesse saltare sarebbero già pronte Google, Apple & co. D’altra parte, dicono le gole profonde, il vecchio Rupert sarebbe scontento della strategia del figlio James, che è il numero uno della 20th Century Fox e presidente di Sky. Con malizia, è Hollywood Reporter a rivelare che a detta dell’anziano patriarca la trattativa per il controllo totale della tv a pagamento «è il bambino di James», mostrando di non esserne affatto convinto, e puntando sul «maggiore equilibrio» di Lachlan. Finora si è sempre ritenuto che James e Lachlan, vicepresidente di News Corp, avessero un ruolo paritario. Oggi c’è qualche dubbio in più, se è vero che Rupert intende disfarsi di Fox cinema e di tutto il comparto intrattenimento, concentrandosi invece sulle news. Notizia assai coerente con un altro rumour di queste ore: quello di due telefonate fatte nel corso degli ultimi sei mesi dal vecchio Murdoch al numero uno della At&t, Randall Stephenson, offrendosi di acquistare la Cnn. Ma qui entra in scena il principe saudita Al Waleed bin Talal. Ed è un giallo nel giallo. Già definito “l’alleato chiave” di Rupert, con una quota del 6% ha finora sostenuto tutte le scelte strategiche del grande vecchio. Ebbene, il principe ha ridotto in gran segreto la sua quota a zero alla fine di settembre. Per Murdoch è una perdita non da poco. «Non si sa perché Al Waleed ha venduto la sua partecipazione azionaria né a chi», scrive sempre il Guardian. Ovviamente non aiuta il fatto che Al Waleed sia uno degli undici principi sauditi mandati agli arresti domiciliari a Riad la settimana scorsa, ma il punto vero è un altro. E ha a che vedere con la tradizionale strategia dello Squalo. Così la spiega Hamish McRea dell’Independent: «Murdoch ha messo in piedi il suo impero usando i soldi degli altri, con il risultato che un sacco di altri azionisti detengono grossi pezzi della società. Lui è capace di mandare avanti la baracca così, ma lo saranno anche i suoi figli?». Un sistema a cerchi concentrici che in presenza di difficoltà rende l’azienda estremamente vulnerabile alla ribellione di altri azionisti, «non contenti del dominio della famiglia». Altro che topi e volpi: sono le mutazioni a ritmo forsennato del mercato mediatico, capaci di far vacillare anche un impero.