la Repubblica, 12 novembre 2017
Di cosa si parla a Vientiane. Braccialetti e collane per bonificare il Laos
Dieci anni fa l’americana Elizabeth Suda capitò in Laos da turista senza sapere molto della “guerra segreta” che mezzo secolo fa il suo Paese aveva combattuto qui per eliminare il comunismo, senza riuscirci. Un giorno vide alcuni artigiani costruire solidi cucchiai con residui di alluminio e ferro, e quando le spiegarono che venivano dallo stock di 250 milioni di tonnellate di bombe sganciate sul Laos dai B52, Elizabeth fece presto ad associare il senso di colpa dell’impotente America pacifista col suo spirito degli affari.
L’idea di partorire dai simboli di morte ornamenti artistici costruiti in loco, è presto diventata non solo un marchio piuttosto celebre, Letter 22, ma anche un movimento che continua a sostenere da 9 anni l’economia locale e a finanziare gli sminamenti. Ogni braccialetto, collana e orecchino venduti paga il costo della bonifica di 3 metri quadri di terreno, impresa immane per i milioni di residui bellici ancora lì a minacciare generazioni di abitanti e a impedire di coltivare i campi.
Purtroppo il tour asiatico di Donald Trump è scadenzato da meeting per vendere armi e non potrà visitare gli “alchemisti” che traggono oro dal tanto ferro inutilmente sprecato dai suoi predecessori. E poi chissà se Melania e Ivanka avrebbero mai acquistato un pezzo di una collezione chiamata “Peace-Bomb”, bomba di pace.