La Stampa, 13 novembre 2017
Medici a ogni costo, il business delle iscrizioni all’estero
Bocciato in Italia, ma promosso all’estero. Basta staccare un assegno e il gioco è fatto.
Per aggirare l’ambitissimo test di medicina che seleziona gli studenti più preparati è nato un mercato parallelo di agenzie specializzate che offrono costosi trasferimenti in molti Paesi dell’Est Europa.
Per l’anno accademico appena iniziato solo 9.100 matricole (su 66.907) hanno avuto accesso all’università pubblica per diventare dottore, in pratica solo un neodiplomato su sette. Per tutti gli altri, che non si arrendono alla selezione nazionale che premia i migliori, la seconda chance arriva dagli annunci via Web: «Nessun test d’ingresso, assistenza completa, frequenza flessibile», pubblicizza “laurearsiallestero.com”, mentre “studiaremedicinaestero.com” offre «orientamento e assistenza agli studenti per i corsi in medicina e odontoiatria che in Italia sono diventati un obiettivo difficile da raggiungere».
Una selva di corsi e titoli rilasciati da atenei dai nomi sconosciuti in Romania o Bulgaria sotto la forma di mirabolanti offerte da parte di società che offrono pacchetti “all inclusive” per “il successo del tuo futuro”. Quando il marketing prende il sopravvento sulla didattica, la paura è che la truffa si possa fare strada. Tanta ambizione, infatti, ha un costo: fino a 25mila euro per i test, traduzioni, legalizzazioni documenti, trasferimento ed iscrizione. Basta una ricerca a colpi di click. I siti creati su misura danno tutte le informazioni necessarie: alloggio, tempo libero, viaggi e perfino la possibilità di accedere ad un mutuo. E se qualcosa va storto, c’è un tutor che risolve ogni problema. Usando messaggi suadenti e pieni di radiose promesse si attirano giovani e famiglie disposte ad investire una piccola fortuna. Un suk che fa leva sul sogno di indossare il camice bianco ma non privo di insidie: scarsa formazione, esami farlocchi e nessuna autorizzazione del ministero dell’Istruzione. Un sogno che si realizza attraverso scorciatoie discutibili che non sempre consentono, però, di tornare a esercitare in Italia. Il ministero interpellato dichiara: «Non esiste alcuna tipologia di riconoscimento, supporto o incentivo verso tali sedicenti istituzioni universitarie, né tantomeno verso pratiche che si rivelano non in linea con le regole di riconoscimento nazionali e internazionali, visto che non è assicurata una verifica reale della qualità degli studi». Peccato che tutto ciò non venga raccontato a chi vorrebbe iscriversi.
Le finte selezioni
Per capire come si diventa “medico ad ogni costo” è stato sufficiente fingersi genitore ansioso, mandare una mail, per esempio alla “Tutor University”, parlare con i responsabili e ricevere il contratto per andare a frequentare un corso di medicina all’estero. Quindi ci siamo presentati a Napoli «per entrare in medicina nella università pubblica in Bulgaria», come campeggia sulla home page di questa srl con sedi a Roma, Napoli e Matera. Partita sei anni fa con i primi due iscritti, ora la società organizza un business da centinaia migliaia di euro. Per soddisfare le richieste ecco pronte quattro selezioni all’anno per aprire le porte girevoli dell’istruzione europea e cercare nuove corsie preferenziali per farmacia, odontoiatria, fisioterapia e medicina in Albania, Bulgaria, Croazia, Polonia, Romania e Spagna. Ecco le spese da sostenere: 7.500 euro all’anno per le tasse (escluso vitto e alloggio), 200 euro per il test di selezione, mentre per la parte burocratica (traduzioni e legalizzazioni) e sistemazione dello studente occorre sborsare 6.100 euro. Anche l’eventuale rientro in una facoltà made in Italy ha un costo: altri duemila euro. C’è poi un’ultima voce: le lezioni iniziano a febbraio 2018, nel frattempo – consigliano caldamente gli organizzatori – «c’è la possibilità di un corso molto importante in biologia-chimica-fisica-lingua inglese che costa 1750». In pratica per 2 anni fuori sede si arriva a 25mila euro, con 10mila che finiscono nelle tasche di questa agenzia, mentre il costo medio dentro i nostri confini oscilla tra 775 euro a 1.249 euro all’anno.
Con un pericolo nascosto tra le pieghe di un contratto scritto con caratteri millimetrici: è vero che tra i servizi proposti c’è il trasferimento in altre università italiane ed estere, ma senza “poter garantire in alcun modo il sicuro ottenimento degli stessi”. È venerdì 3 novembre. I risultati sono pubblici da un mese e chi non ha superato lo scoglio della selezione nazionale si prepara a fare la valigia. In attesa già alle 9.30 del mattino in questo hotel con sala congressi a due passi dalla stazione di Napoli, troviamo genitori e figli reduci dai gironi infernali del numero chiuso. Oggi sono 40 e arrivano da Avellino, Salerno, Caserta, Campobasso, Messina, Catanzaro, Cosenza e Roma. Da Milano solo il cronista camuffato da genitore. In ballo 40 posti per la facoltà di medicina di Pleven, 100mila abitanti nel Nord della Bulgaria a tre ore dalla capitale Sofia. La folla è composta da “giovani, carini e disoccupati” che sognano un “bel lavoro sicuro e ben retribuito”. Mario, 21 anni calabrese di Catanzaro, è uno di loro: «Ho provato il test due volte e non l’ho passato, nel frattempo seguo odontoiatria, ma voglio fare il medico come i miei. Per questo sono qui. L’importante è entrare, poi dove andrò in Italia non è importante».Chiara, 20 anni di Messina, racconta la sua tragicomica avventura per provare ad iscriversi all’università Nostra Signora del Buon Consiglio di Tirana dove, grazie alla collaborazione con l’ateneo di Roma Tor Vergata, si studia in italiano e si ottiene un diploma di laurea valido in entrambi i paesi. «Entrare a Tirana è fare bingo e non mi sono meravigliata che quando ero in coda per il test un addetto mi ha chiesto senza problemi “Avete pagato i 20mila euro?”. Naturalmente non ho pagato la tangente e non l’ho passato ed ora ci riprovo qui».
Ci guadagnano tutti
Ad accompagnare gli studenti ci sono genitori pronti a tutto. Giuseppe e Laura sono entrambi medici molisani e non nascondono il loro punto di vista: «È uno schifo dove ci guadagnano tutti: queste agenzie, gli avvocati che fanno ricorso, i faccendieri vari per entrare nei corsi. A noi hanno chiesto 40mila euro in contanti per frequentare un prestigioso ospedale milanese con annessa università. Non ci siamo stati e abbiamo optato per la Bulgaria che costa meno». Un’altra coppia dice candidamente: «Abbiamo un solo figlio e per lui faremmo qualsiasi cosa. Probabilmente entrerà nell’università pubblica con lo scorrimento della graduatoria perché è rimasto fuori per mezzo punto, ma siamo qui perché vogliamo la certezza assoluta». Giorgio viene da Roma e accompagna Federica: «Questo escamotage per aggirare un diritto allo studio negato mi è stato consigliato da un amico. Ho provato ad iscrivere mia figlia direttamente senza intermediari ma dalla Bulgaria ci hanno detto che è impossibile. Così ora proviamo due strade: ritorno in Italia dopo un anno riprovando il test di settembre, oppure dopo i due anni dalla Sapienza mi hanno assicurato che è praticamente automatico. E le tengono validi pure gli esami sostenuti a Pleven». I genitori si autoconvincono che sia la scelta migliore. Non c’è nessuno che solleva un dubbio sul prezzo o la validità del titolo. Dopo un’ora e mezza di attesa e presentazione della facoltà, finalmente i ragazzi si cimentano nel test in lingua inglese.
Un’ora e mezza per rispondere a 20 domande di chimica e 20 biologia. Niente logica, matematica e cultura generale. A differenza del test nazionale che prevede 60 quesiti (in 100 minuti) anche su questi argomenti. Sufficienti appena 20 risposte corrette per entrare. Ed è arrivato anche un aiutino: qualche giorno prima hanno ricevuto le domande, come confermano gli organizzatori: «Tranquilli passano tutti, è solo per far vedere che facciamo le cose fatte bene».
Basta pagare
Per avere informazioni inventiamo la storia che un figlio vorrebbe emulare il Dr House, ma si è spaventato dall’idea del test e siamo qui per capire come funziona. Il responsabile dell’agenzia, Nino Del Pozzo, rassicura: «Stai sereno su tutto. Questa è la strada più facile: se non entra qui sarà un calvario. Se il ragazzo non è venuto si può rimediare: andiamo il 18 novembre insieme in Bulgaria, parlo con la preside e gli faccio tenere un posto. È una preparazione di serie A».
Tanto è difficile la selezione ufficiale, quanto semplice appare questa. Del Pozzo spiega il pacchetto “all inclusive”: «Ti organizzo il test a Pleven, viene a prenderti una macchina in aeroporto, c’è la mia segreteria che vi accompagna. Fa il test, lo passa e andate a vedere gli appartamenti. Se poi 13mila euro all’anno tra vitto, alloggio e tasse universitarie è troppo lo facciamo tornare: Milano, Ferrara, Siena, Roma, non c’è problema. Sono tornati in 20 a Caserta l’anno scorso e non avevano neppure un credito. Non avevano fatto niente». In effetti dall’Università degli studi della Campania confermano: «Alcuni sappiamo che sono tornati ma ogni anno cambia il numero di posti disponibili».
L’ultima frontiera di questo business è promettere che dopo l’esilio volontario c’è la certezza che le facoltà di casa nostra mettono a disposizione dei posti per continuare a studiare tra i rassicuranti confini nazionali. Per farlo si infilano nelle maglie dei regolamenti di ogni singola sede che prevede posti liberi per chi decide di trasferirsi dallo stesso corso di laurea di altro ateneo italiano o estero. Una possibilità per tutti cittadini europei e non, usata come grimaldello dai professionisti dell’assistenza didattica. Alcune facoltà di medicina come Bologna si sono attrezzate (vedi intervista a lato) e fanno una rigida selezione, altre invece continuano ad accogliere studenti italiani con preparazioni alla bulgara o alla romena. In fondo, per appendere il titolo di dottore al muro basta pagare.