La Stampa, 13 novembre 2017
Il Paese dei Cedri palcoscenico di un conflitto per procura
Come siamo arrivati alla crisi di queste ore in Libano?
Il 4 novembre, durante un viaggio di routine in Arabia Saudita, il premier libanese Saad Hariri ha dato le dimissioni in diretta video da Riad. Hariri ha detto di temere per la propria vita e ha accusato le milizie sciite libanesi Hezbollah – e l’Iran che le sostiene – di destabilizzare la regione. Accadeva poche ore prima che a Riad prendesse il via una serie di arresti di principi, funzionari, uomini di affari sauditi. All’origine delle detenzioni ci sarebbe il giovane principe ereditario Mohammed bin Salman. Le autorità libanesi accusano Riad – e indirettamente l’erede al trono – di aver forzato allo stesso modo l’uscita di scena di Hariri. La sua colpa: essere alla testa di un governo in cui siede Hezbollah – assieme all’Iran sciita rivale dell’Arabia Saudita sunnita – senza contrastarlo abbastanza. I vertici sauditi negano pressioni sul premier libanese. Hariri è ancora a Riad e ha detto ieri che tornerà a Beirut a breve.
Che ruolo gioca l’Arabia Saudita in Libano?
La crisi attorno al premier Hariri rientra nella più vasta e antica faida per l’egemonia regionale tra l’Arabia Saudita sunnita e Iran sciita. La rimozione del premier sarebbe l’ennesimo tentativo di Riad di contrastare Teheran. Il Libano è uno dei teatri di scontro per procura di questa rivalità. Altrove, in Yemen, Siria, Iraq, il confronto è – attraverso milizie e gruppi paramilitari – anche apertamente armato. La sfida tra Riad e Teheran compromette ciclicamente gli equilibri del piccolo Paese levantino, già fragili a causa della variegata composizione religiosa del Libano, uscito da 15 anni di guerra civile nel 1990, e in cui convivono musulmani sunniti, sciiti e diverse confessioni cristiane. L’Iran appoggia il movimento sciita Hezbollah, che oltre a sedere nel governo e nel Parlamento libanesi è dotato di armi tanto da essere più forte dell’esercito nazionale. Ed è impegnato in Siria a fianco di milizie iraniane nel sostegno del regime di Bashar al-Assad. L’Arabia Saudita è alleata invece del campo sunnita alla testa del quale si trova la famiglia Hariri.
Chi è la famiglia Haririe perché è al centro della recente storia del Paese?
Saad Hariri è il figlio dell’ex primo ministro Rafik Hariri, ucciso il 14 febbraio 2005 da un’esplosione a Beirut. Un tribunale dell’Onu ha accusato dell’attentato cinque membri del movimento Hezbollah, alleato dell’Iran e della Siria degli Assad. Rafik Hariri, uomo d’affari con interessi economici vasti a Riad, ha costruito un’alleanza con l’Arabia Saudita. La sua morte ha portato a una serie di manifestazioni contro la presenza militare nel Paese dei siriani, obbligati quell’anno a lasciare il Libano dove erano presenti dal conflitto civile. Da allora, le tensioni tra Hezbollah e gli Hariri – Saad è diventato allora erede politico del padre – non si sono mai sedate. Nonostante ciò, Hariri guidava fino a pochi giorni fa un governo dove siede anche Hezbollah, e alle critiche saudite che sostengono che il politico non contrasti abbastanza il movimento sciita, i suoi sostenitori replicano che l’obiettivo sono l’unità nazionale e la stabilità del Paese.
Come ha reagitola popolazionealla nuova instabilità?
L’annuncio delle dimissioni del premier Hariri – una figura che non trova un sostegno unanime in patria – ha creato una rara atmosfera di unità nel Paese. Per diversi motivi, i campi politici opposti chiedono il ritorno del primo ministro. Le ingerenze straniere che da sempre investono il Paese compromettendone la stabilità sono sempre più mal tollerate dalla popolazione. Nelle ultime ore, nella capitale Beirut sono apparsi cartelloni in sostegno di Saad Hariri: «Vogliamo indietro il nostro primo ministro», «Aspettiamo tutti il tuo ritorno», è scritto accanto a fotografie di Hariri, in alcuni casi ritratto in abiti sportivi mentre corre. Proprio ieri, l’annuale maratona di Beirut è stata trasformata in un evento in sostegno del premier, e sono stati distribuiti cappellini rossi con la scritta: «Corriamo per te».