il Fatto Quotidiano, 10 novembre 2017
Il dipinto, la rivalsa delle vittime e la sconfitta di Cosa Nostra
Cosa ha spinto Daniela Lippi, restauratrice fiorentina, a riesumare dall’oblio i frammenti di un dipinto seicentesco semidistrutto da una bomba e per questo considerato quasi irrecuperabile? La scintilla che tre anni fa accese il suo interesse fu una carta da gioco: un sei di fiori in vista sopra una busta, ai piedi di un quadro conservato nei depositi degli Uffizi e nascosto da carta velina. All’interno, i resti della tela. Quali tasselli circondassero quel brandello, quali soggetti, paesaggi o mitologie ne componessero l’originaria figurazione, quale sfida tecnica si accompagnasse a una possibile ricomposizione furono questioni solo successive: il lampo fu il sei di fiori.
“Fu il bagliore di un ricordo: da piccola assistevo alle partite di carte di mio padre, amante di briscola e tressette. Scoprii che il quadro era I giocatori di carte di Bartolomeo Manfredi, artista di scuola caravaggesca. Scoprii che era una tela ferita nell’attentato dei Georgofili del ’93. Pensai al ’92, alla morte di Falcone e Borsellino. Dentro di me qualcosa era andato in pezzi. Cosa avrei potuto fare?”. La passione civile ha portato Daniela a presentare un’ipotesi di recupero a Friends of Florence, organizzazione che ogni due anni premia un progetto di restauro. Il valore anche simbolico del progetto ha suscitato un tale interesse che un comitato composto da Uffizi, Corriere Fiorentino e Banca Del Vecchio – e coordinato dall’agenzia di comunicazione Once Events – ha recentemente deciso di sostenerne il restauro con un crowdfunding.
Da allora, Daniela lavora su una vecchia foto dell’Archivio Scala resa in semitrasparenza. Le parti corrispondenti a quelle rimaste sulla tela sono state evidenziate. Laddove brani di volti, occhi, mani sono rimasti è più agevole trovare corrispondenze. Altrimenti si va per indizi, disponendo i frammenti sulla semitrasparenza in base al colore, all’andamento delle pennellate, alla crettatura (le minuscole crepe della pittura), all’ortogonalità della trama. Analisi a infrarossi eseguite al Cnr di Firenze permettono inoltre di scoprire riferimenti al di sotto dello strato di pittura: il disegno preparatorio, una lacuna, un pentimento dell’artista. La complessità tecnica non è tuttavia il solo elemento di interesse del restauro.
Attorno alla trama sfibrata della tela sono fiorite narrazioni umane, sociali e storiche di forza morale e coraggio. Quella di Emiliano Vatteroni, grafico, che collabora con Daniela nell’impresa di acquisizione digitale, mappatura e ricomposizione degli oltre 400 frammenti. Emiliano era compagno di studi di Dario Capolicchio, ventenne perito nell’attentato. Quella della fidanzata di Dario, Francesca Chelli, gravemente ferita, ma che 13 anni dopo vinse la sua battaglia personale laureandosi in Architettura con il massimo dei voti, e quella di sua madre, Giovanna Maggiani Chelli, divenuta portavoce infaticabile e battagliera dell’Associazione vittime dei Georgofili. Quella dei responsabili dei depositi degli Uffizi, accorsi in lacrime a raccogliere i pezzi del dipinto la notte dell’esplosione. È anche grazie alla devozione per il loro lavoro, alla religiosa cura impiegata nella conservazione di ciò che restava del quadro che Daniela, con visionaria determinazione, ne ha potuto immaginare un percorso di ricomposizione. C’è poi il salto di qualità dello stragismo mafioso, che con gli attentati al patrimonio artistico-culturale intese esercitare pressioni sulla politica al fine di attenuare il regime del 41bis. Della strage dei Georgofili sono stati individuati solo gli esecutori materiali.
Infine, c’è la storia degli Uffizi, di un’istituzione che si è stretta compatta attorno al suo bene più prezioso. Il giorno dopo l’attentato funzionari e dipendenti aderirono di buon grado alla proposta della direttrice di allora, Anna Maria Petrioli Tòfani, di cancellare orari e mansioni. Le Gallerie poterono riaprire 23 giorni dopo la distruzione. All’impulso delle Direttrici del dipartimento di pittura del ’600, Francesca De Luca e Matilde Simari, si è accompagnato l’impegno del direttore Eike Schmidt, che ha incoraggiato con passione il progetto. Il 27 maggio 2018, nel venticinquennale della strage, l’opera tornerà agli Uffizi e sarà fruibile al pubblico. Verrà recuperata per metà, ma sarà messaggio indelebile di rinascita dalle ceneri di una strage.