Libero, 9 novembre 2017
Testate giornalistiche
Non fateci sprecare tempo in premesse: è chiaro che la violenza è sempre inammissibile, è chiaro che nessuna molestia giornalistica può giustificare una craniata assestata con professionalità a un cronista della Rai che faceva il suo lavoro: che è, però, sempre più spesso, quello di torturare di domande chi non vuole rispondere ed è fare interviste a chi non vuole rilasciarne. No, vi sbagliate, noi non ci pensiamo neanche a difendere Roberto Spada, l’ariete che la Rai ha liquidato come «membro della famiglia Spada, nota alle cronache per diverse inchieste giudiziarie»: e non sappiamo né ci importa se il giornalista sia davvero entrato a forza nella sua «associazione per soli soci, disturbando una sessione e spaventando suo figlio». Anzi, ci dispiace per il collega Daniele Piervincenzi, che ha reagito sobriamente nonostante il naso rotto. Però, ecco, detto al resto del mondo: potremmo anche piantarla di trasformare le sconfitte in vittorie e in notizie l’assenza di notizie; piantarla di trasmettere croniste inseguite da extracomunitari, porte sbattute in faccia, auto inseguite col microfono, interviste al citofono, colleghi che prendono botte, interviste a improbabili martiri dell’informazione che insistono e insistono perché devono portare a casa la mesata: e non stiamo parlando di Piervincenzi, sia chiarissimo. Ma i cronisti che prendevano botte anziché notizie, un tempo, erano degli sconfitti. Oggi sostituiscono la notizia che non hanno.