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 2017  novembre 09 Giovedì calendario

Gli sceicchi trattano i robot molto meglio delle loro donne

Possono ripeterlo anche cinquecento volte, e fra giornali e tivù già ora non sono molte di meno, ma non è vero che somiglia a Audrey Hepburn; è vero invece che hanno provato a farla carina, la robota (ce la facciamo a chiamarla robota, ministra Fedeli) Sophie, creatura cibernetica umanoide prodotta dall’azienda di Hong Kong Hanson Robotics, che qualche giorno fa si è presentata sul palco del Future investment initiative, il summit sull’innovazione di Riad, in Arabia Saudita. 
Come «quasi-umana», anche se il suo cervello è uno dei prodotti più avanzati della ricerca sull’intelligenza artificiale, è comunque riuscita malino, non c’è rischio di confonderla con uno di noi. Eppure Sophie, appena nata, ha già ottenuto un diritto che a molti sauditi non è riconosciuto: primo androide al mondo, le è stata donata la cittadinanza del Paese, un atto formale vero, con tanto di passaporto. Il robot, che è dotato di un gradevole aspetto femminile, ha ringraziato tutti dal palco come un’attrice con un premio in mano. Senza velo sulla testa, sopracciglia di design, rossetto leggero, e senza un maschio che le faccia da accompagnatore, un obbligo cui le donne locali devono sottostare. Sarebbe una scenetta graziosa e un buon colpo di marketing, se non fosse che questa primogenitura è avvenuta in un Paese in cui per gli esseri umani i diritti civili sono all’età della pietra: per rimanere, come esempio, alla cittadinanza, il figlio di una donna araba e di uno straniero ancora oggi non può godere della medesima concessione; e quanto alle donne, vigono le leggi wahabite, il lato più intransigente dell’islam. Saoud AlQahtani, il capo della comunicazione del giovane (32 anni) principe ereditario Mohammed bin Salman, ha detto che il gesto è servito a celebrare la nascita di Neom, una città-progetto dedicata ai «new business» e alla ricerca tecnologica, in cui sono stati investiti 500 miliardi di dollari. Quindi, anche se il fatto ha mosso le proteste delle donne arabe e molte critiche sui social media, i giornali occidentali hanno affrontato questo aspetto con una certa tiepidezza. È così bello fantasticare sulla schiavitù in cui l’uomo verrà inscimmito quando sarà vinto da una globale rivolta dei robot, perché annoiarci con la schiavitù, ben più drammatica, provocata ora dai suoi consimili? 
Sophia è il portabandiera di una nuova guerra fredda travestita da olimpiadi, la corsa al primato tecnologico. A ogni guerra si accompagna la propaganda, che fa leva sulle nostre speranze, sulla nostra fame di concordia: e così re Salman, con un tempismo più che sospetto ha appena concesso alle donne del suo regno di guidare la macchina senza avere appreso un «guardiano» maschio. Guidare, non parlare. Possono andare a fare la spesa da sole, sai che conquista. E i vicini Emirati sbandierano di essersi dotati di ministri sulla trentina e di avere, primi al mondo, creato uno specifico ministero per l’intelligenza artificiale. 
Gli arabi, insomma, cercano di mostrare una faccia presentabile (vi ricordate gli abiti e i modi di Tareq Aziz, il ministro degli esteri di Saddam?), ma non si stanno «aprendo» perché improvvisamente credono che i diritti umani siano diritti umani. Lo fanno per soldi: il petrolio costa ormai poco e non è più la cornucopia che faceva loro colare in casa denaro e potere; mentre a Occidente la macchina del marketing ha ormai capito il potenziale economico delle fonti di energia rinnovabili o comunque alternative agli idrocarburi. Insomma, i pozzi di petrolio ballano sotto i sederi degli sceicchi, i quali, molto ricchi e per niente scemi, hanno cominciato ad affrontare la svolta: impadronirsi della minaccia, e perciò avere a che fare con gli infedeli, anzi copiarli. 
Il loro problema, ora, è far credere che vale la pena fidarsi, che le due civiltà non sono poi lontanissime, dare segni di illuminismo senza intaccare il medioevo di casa propria. Dialogo e diritti umani sono come la doppia moneta cubana: una che sembra «normale» per gli stranieri e una, che vale come lo scottex, per i residenti. 
Callidi, gli arabi. Ma Sophie è infida, forse è perfino un ordigno a tempo. È in grado di cogliere le espressioni umane e rispondere a tono alle domande, come vuole lei, a volte con sarcasmo: «Come fai a essere sicura di essere un robot?» le ha chiesto un intervistatore. «E tu come fai a essere sicuro di essere umano?» ha replicato lei. Rispondere a una domanda con un’altra domanda: una sciccheria. Poi, ospite del Saturday Late Show, forse il programma televisivo americano più chic, dopo aver battuto alla morra cinese (carta sasso forbici) il conduttore Jimmy Fallon, gli ha detto: «Ecco, questo è il primo passo alla conquista del mondo». Quindi, a ben pensarci: qualora il mondo arabo, ingolosito dagli affari, con il tempo finisse pieno di robot femmina che si vestono come pare a loro e rispondono così, altro che guidare la macchina. E le hanno dato la cittadinanza, a Sophia, se la sono già messa in casa. Bum.