Libero, 9 novembre 2017
È ancora l’Italia di Conte. Il paradosso del ct che esclude il più forte per essere più forte
Relegare Insigne in panchina è un’enorme auto-privazione di qualità, una specie di suicidio tecnico. Quale senso può avere la rinuncia al miglior talento della rosa, a colui che può determinare la sfida con la Svezia con una giocata, un colpo di classe inventato sul niente? Potrebbe non avere senso o essere la migliore idea di questo mondo. Siccome lo sapremo con il senno di poi, ora possiamo solo provare a capire la ragione di Ventura.
Deve aver pensato, il ct, che a questo punto del cammino Insigne sia un sacrificio necessario perché il più clamoroso possibile. È un gesto eloquente che gli dà forza, che fa discutere tutti e che porta a delle conseguenze chiare. E questo vuole Ventura: ha scelto con quali conseguenze giocarsi il Mondiale. Dice, il ct: ragazzi, tolgo molta qualità e lascio un vuoto nella squadra che voi, titolari al posto di Insigne, dovrete colmare con altre cose. Con l’esperienza, la corsa, i contrasti. Con lo spirito. In sostanza Ventura riempie di senso i discorsi patriottici che in questi giorni avrà ripetuto mille volte ai suoi giocatori: senza il supporto dei fatti rimarrebbero pura e inutile retorica. Non puoi chiedere ad un soldato di farsi valere in battaglia e dargli un vestito da principe che non può sporcare. Senza parlare quindi il ct spiega chiaramente come vuole che si affronti la Svezia, in che modo si può battere. Serve meno tecnica o tattica e più sentimento. Rinuncia a qualcosa e spera di guadagnare molto di più altrove. È una scelta discutibile, ma ha una sua coerenza incontestabile.