la Repubblica, 10 novembre 2017
Due partite in 3 giorni. Ventura consegna il futuro ai senatori
STOCCOLMA C’era la neve a Mosca, vent’anni fa, e qui c’è il freddo della Scandinavia. C’era il 24enne Vieri, che segnò un gol fondamentale, e qui c’è il 26enne Immobile, al quale si chiede di imitare l’antenato Bobo, perché Zaza si è fatto male nell’ultimo allenamento e Belotti torna sì, però è appena guarito da un lungo infortunio. C’era Cesare Maldini il saggio, aveva 66 anni, e qui c’è Gian Piero Ventura marinaio di mille mari, anni 69: «È la gara più importante, più eccitante e più rischiosa della mia carriera. Ai ragazzi dirò: andate e vincete. Ma non c’è bisogno di discorsi. Le parole non fanno risultato». Il presidente Figc Tavecchio concorda: «Come diceva quel tale: fatti, non parole».
La partita di andata di uno spareggio per il Mondiale è un tempo sospeso, accorciato, compresso. Non è il momento dei proclami, ma del pragmatismo. Qui si fa la Russia o si muore, si era lasciato trascinare Florenzi, poi Chiellini ha puntualizzato che né l’Italia né la Svezia giocheranno alla garibaldina, si vincerà sugli episodi e sulle palle sporche. Sarebbe cosa buona almeno un gol per stare più sereni al ritorno, teorizza il ct: «Tra il farne uno e il non prenderne nessuno preferisco la prima. Non sento il rischio di non centrare la partita, l’abbiamo preparata al meglio. L’Italia, con umiltà, vuole andare al Mondiale. E ci andrà».
Con la Spagna nel girone, finire ai play off era preventivabile, però l’entusiasmo lo ha prosciugato la batosta di Madrid a settembre, quando i calciatori italiani boccheggiano. Per fortuna a novembre sono sempre in forma, lo dice la storia, e anche per questo la Nazionale è favorita e non si spaventa per le due gare in tre giorni – nel 1997 l’intervallo fu di diciassette – e per l’età media avanzata, con sette titolari sopra i 30 anni. L’esperienza al potere è garanzia di nervi saldi, quelli che gli svedesi, vagheggiando scherzosamente ma non troppo il contrappasso di Materazzi, vorrebbero fare saltare al diffidato Verratti (gli altri sono Chiellini, Immobile e Parolo) con qualche parolaccia. L’altra garanzia vuole essere il modulo, il 3-5-2 gradito ai senatori, che all’Europeo con Conte sgretolò nel finale la Svezia, allora provvista di Ibrahimovic. Il quale, da spettatore, avverte: «Occhio, noi siamo senza pressioni, è un vantaggio». Buffon gli dà ragione solo sul biscotto ormai ammuffito del 2004, il 2-2 scientifico tra Svezia e Danimarca: «Se uscimmo da quell’Europeo, fu anche per colpa nostra. Ma le pressioni faranno bene ai più giovani tra noi».
Appartiene alla categoria Zaza, che a Coverciano si è fermato per il dolore al ginocchio ferito un mesetto fa. Così entrerà subito Belotti, mentre Eder resterà in panchina con Insigne, freccia nell’arco di Ventura, a differenza di El Shaarawy lasciato in tribuna. Il campo dello stadio di Solna aggiustato dopo il concerto di sabato dei New Voice, un karaoke in salsa baltica – non pare il massimo: durante il sopralluogo gli azzurri hanno storto il naso per il prato gibboso. La differenza la farà il dosaggio della bagnatura: né troppa, né poca. Stamani il delegato Uefa deciderà con le due federazioni se aprire il tetto nel pomeriggio: probabile, date le previsioni su temperatura (+1°) e scarse precipitazioni.
Il resto è il sogno di Buffon. Il sesto Mondiale: «I giocatori come me vivono per i traguardi più importanti, che ogni tanto sono anche sogni di bambino». Aleggia discreto su Stoccolma il genius loci: Ibra, Nordahl e Liedholm, tutti e tre adottati da Milano. L’importante è che a San Siro, lunedì, non arrivi aria gelida dalla Scandinavia.