Gazzetta dello Sport, 10 novembre 2017
La rissa a distanza tra Consob e Bankitalia

Si chiama Consob quell’istituzione, guidata dal berlusconiano Giuseppe Vegas e con sede a Milano, che ha il compito di vigilare sulle attività di Borsa e di mercato per tutelare i risparmiatori. La parola «Consob» significa «Commissione nazionale per le società e la Borsa». Siamo un Paese talmente recente che la Borsa italiana, cioè la Borsa di Milano, esiste fin dal 1808, ma ha un organo che ne sorveglia l’attività - cioè questa Consob - appena dal 1974. La Banca d’Italia invece...
• Questa lezioncina dovrebbe portarci dove?
Mi lasci finire. La Banca d’Italia invece nasce negli ultimi anni dell’Ottocento. Fino all’avvento dell’euro e della Bce si occupava di stampare le lire e già allora aveva il compito di vigilare sulle banche per garantire la stabilità del sistema (che nessuna, possibilmente, saltasse per aria) e indirettamente quindi per tutelare i risparmiatori che consegnavano ai banchieri i loro piccoli tesori. In un certo modo, Consob e Banca d’Italia avevano e hanno compiti simili, e infatti di solito si aiutano, o almeno noi crediamo ovvio che si aiutino, scambiandosi informazioni eccetera eccetera. Qualcuno ha scritto in questi giorni che Consob e Banca d’Italia sono come polizia e carabinieri.
• Bene, molto bene, benissimo. Il punto?
Lei non avrebbe capito il punto di oggi senza questa premessa. E il punto è che il direttore generale della Consob, dottor Angelo Apponi, e il capo della sorveglianza di Bankitalia, dottor Carmelo Barbagallo, si sono accusati uno con l’altro in merito al crac delle due banche venete. «Tu ci hai detto che tutto andava bene» grida il dottor Apponi. e il dottor Barbagallo risponde: «No, noi vi abbiamo sempre perfettamente informati». Segue discussione generale su chi doveva intervenire e quando e come.
• Ci sono state capocciate alla Roberto Spada? Chi s’è trovato col naso fracassato?
No, niente capocciate perché mentre uno accusava l’altro, l’altro non sentiva, hanno parlato da soli davanti ai membri della Commissione bicamerale d’inchiesta sul sistema bancario. Sa, la Commissione sulle banche, quel consesso formato da deputati e senatori, presieduto da Casini, istituito lo scorso luglio e all’opera da ottobre. Questi parlamentari hanno i poteri della magistratura e devono indagare sugli infiniti guai capitati alle nostre banche, da Monte dei Paschi alle due venete. Adesso si stanno occupando delle due venete. Una settimana fa hanno sentito una prima volta sia Barbagallo (quello di Banca d’Italia) che Apponi (quello della Consob). Soprattutto il racconto di Barbagallo non tornava troppo. Allora i commissari hanno deciso di riconvocare tutti e due, e li hanno sentiti una seconda volta, ieri. Qui è successo il pasticcio: Barbagallo, ascoltato senza contradditorio, ha detto che la Banca d’Italia ha fatto tutto quello che doveva fare, ispezioni eccetera, informando la magistratura e dando conto alla Consob di quello che aveva capito. Il dottor Apponi, interrogato pure lui da solo, ha spiegato invece che Banca d’Italia non ha fatto assolutamente capire alla Consob qual era lo stato dell’arte nelle due banche truffaldine. Alla fine, Casini ha deciso che i due saranno riconvocati oggi e saranno messi a confronto. Uno spettacolo tutto da vedere e che, come le sedute di ieri, sarà trasmesso in streaming. Per fortuna non si svolge in contemporanea con la partita.
• Che fine hanno fatto, a proposito, Veneto Banca e Banca popolare di Vicenza?
Se le è comprate Intesa San Paolo. Prezzo dell’acquisto: un euro. Esborso dell’erario per convincere Intesa a San Paolo a sacrificarsi: quattro miliardi. L’acquisizione è avvenuta grazie all’approvazione di un decreto legge passato poche ore prima in Parlamento. Intesa aveva imposto al governo che il decreto, pieno di clausole in deroga alla legge fallimentare, venisse varato dal Parlamento senza il cambiameto di una virgola rispetto ai patti. Il Parlamento, poco consapevole della propria dignità, ha approvato senza fiatare. Il calcolo preciso di quanti miliardi avrà alla fine pagato la comunità per lo scempio delle due venete non è ancora perfezionato.
• Ma Banca d’Italia e Consob sapevano quello che stava succedendo a Vicenza e a Montebelluna?
Non sia così disinvolto, e spieghi che a Montebelluna, in provincia di Treviso, sta Veneto Banca... Certo che sapevano. Ci sono le carte, e le carte - che Casini vuole acquisire - dimostrano che sapevano, tutti e due. Dopo di che le cose tra di loro se le sono dette e non dette, all’italiana. C’era il fatto che sia su Vicenza che su Montebelluna i potenti d’Italia e i vari Zonin della situazione premevano perché le cose non prendessero una certa piega. E fino a un certo punto - cioè fino a che non è intervenuta l’Europa - è convenuto a tutti spennare il povero risparmiatore facendogli credere che le azioni delle venete - che il povero risparmiatore era costretto a comprare se voleva avere un prestito - potevano valere fino a 62 euro. Vedremo oggi che si diranno i due personaggi. E se si daranno del tu o del lei.