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 2017  novembre 09 Giovedì calendario

Di cosa si parla a Istanbul. Quando una moglie vince in tribunale

Presa dal vortice della repressione, la Turchia ha comunque ancora voglia di ridere e discutere. Lo evidenzia l’ampio dibattito sui social, sempre attivissimi nel Paese della Mezzaluna, a proposito della condanna al pagamento di 20mila lire turche (circa cinquemila euro) comminata a un marito che aveva costretto la moglie a presentargli un “certificato di verginità”. Lo scorso anno l’uomo e la sua famiglia hanno infatti accusato la donna di avere già consumato prima del matrimonio. Da qui la richiesta del documento, e subito dopo quella di divorzio con l’intimazione alla moglie di lasciare il tetto coniugale e fare ritorno alla casa dei genitori. La donna ha allora prodotto il certificato richiesto, anche in virtù del fatto che nessun rapporto sessuale sarebbe stato consumato in costanza di matrimonio (circostanza che il suo legale ha confermato, specificando che era rimasta vergine perché «il marito era troppo eccitato»). Quindi la moglie ha chiesto a sua volta il divorzio.
Il tribunale ha finito per “sposare” in toto la richiesta della donna, rigettando quella del marito e caricandolo di una serie di obblighi: risarcimento di 20mila lire per il “certificato di verginità”, più 350 lire mensili di mantenimento (85 euro), oltre a un compenso di 15mila lire (3.700 euro). Non tutto è perduto nella Turchia dei macho al potere anche in famiglia.