la Repubblica, 9 novembre 2017
Eletto e arrestato, il record di De Luca
ROMA «È una mia creatura, che dà lavoro ad un sacco di persone, è come una famiglia di cui sono il pater familiae e che gestisco con buon senso». Eccolo Cateno De Luca, il primo degli “impresentabili” del centrodestra eletto al parlamento siciliano finito ieri mattina agli arresti domiciliari ancor prima della proclamazione ufficiale, parlare con orgoglio del Caf Fenapi, la società di assistenza fiscale con la quale, in sette anni, avrebbe distribuito tra i suoi clientes posti di lavoro e avrebbe frodato al fisco 1.750.000 euro. Un arresto, chiesto dalla Procura guidata da Maurizio de Lucia nell’agosto scorso, firmato dal gip Monia de Francesco venerdì scorso e consegnato per l’esecuzione ai finanzieri del nucleo di polizia tributaria e ai carabinieri ieri mattina all’alba a due giorni dallo spoglio delle schede che avevano regalato a De Luca la rielezione all’Ars nella lista dell’Udc con più di 5.000 voti.
Con i suoi quattordici procedimenti giudiziari, fino ad ora tutti finiti con assoluzione, un arresto nel 2011 e una richiesta di condanna a 5 anni in un dibattimento per il sacco edilizio nel suo paese, Fiumedinisi, di cui era stato sindaco, “Scateno” De Luca, come lui stesso si è definito nello slogan elettorale in cui prometteva di rivoluzionare la Sicilia, era in cima alla lista degli “impresentabili” del centrodestra che il neogovernatore Nello Musumeci ha detto di aver subito dai suoi alleati nella composizione delle liste. E ieri, con evidente imbarazzo, Musumeci ha subito preso le distanze: «Se nella fase di composizione delle liste qualcuno non ha seguito i miei reiterati inviti alla prudenza, tutte le scelte che dipenderanno da me, invece, saranno improntate a questo criterio, nel rispetto delle mie convinzioni e in coerenza con la mia storia personale, a cominciare dalla formazione della giunta».
In vestaglia, dalla casa di Fiumedinisi in cui è costretto, De Luca conferma la sua personalità istrionica (già emersa quando in segno di protesta era rimasto in mutande, avvolto nella bandiera siciliana nella sala stampa del Parlamento siciliano) sfidando gli arresti domiciliari con un videoselfie postato su Facebook nel quale si difende e attacca; «Sapevo già che mi avrebbero arrestato perché già certi ambienti, vicini alla magistratura e alla massoneria mi avevano avvertito. Nei prossimi giorni saprete perché non volevano che facessi il sindaco di Messina. Questo processo finirà come gli altri».
Intanto, De Luca dovrà rispondere alle nuove contestazioni del gip che, nelle 260 pagine del provvedimento che vede indagati anche otto suoi collaboratori, sottolinea la sua “pervicacia criminale e la sua spregiudicatezza». A rafforzare l’impianto accusatorio basato su ispezioni della Finanza e dell’Agenzia delle entrate anche la testimonianza dell’avvocato Giovanni Cicala, al quale De Luca aveva affidato la difesa poi da lui rifiutata, e decine di intercettazioni in cui il deputato chiedeva ai suoi di preparare documentazione falsa. «È fatto tutto per sceneggiata, è tutta cipria quella».