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 2017  novembre 09 Giovedì calendario

I capitali esteri riscoprono l’Italia: +50% nel 2016

Dopo l’export che ha tenuto a galla la nostra economia salvando molti posti di lavoro, l’Italia sta tornando ad attrarre anche gli investimenti dall’estero.
I livelli pre-crisi sono ancora lontani, ma il fatto che siamo di nuovo nei radar degli investitori sembra confermato da molti indicatori che ieri sono stati al centro del primo forum «Invest in Italy» organizzato dall’Agenzia Ice. Il primo numero è quello dell’Unctad, l’organismo delle Nazioni unite che monitora gli investimenti diretti esteri (Ide) mondiali cresciuti negli ultimi anni più di Pil ed export grazie al vento della globalizzazione. Un fronte sul quale l’Italia registra nel 2016 una crescita degli Ide in entrata del 50%, raggiungendo i 29 miliardi e conquistando 5 posizioni nel ranking mondiale, dove è ora tredicesima. Con il 43% di questi flussi rappresentato dai “preziosi” investimenti greenfield (nuovi stabilimenti) e il resto da M&A (fusioni e acquisizioni). Gli Stati Uniti restano il principale paese di destinazione (391 miliardi di Ide nel 2016), seguiti da Regno Unito (254 miliardi) e Cina (134 miliardi). Ma l’Italia segna anche un incoraggiante +35% di nuovi progetti di investimento (181 in tutto, valore massimo del periodo post-crisi), crescendo più degli altri in Europa se si considera che nell’ultimo anno solo la Spagna ha registrato una crescita (+33%), mentre Francia (-8%), Regno Unito (-12%) e Germania (-59%) hanno evidenziato cali più o meno ampi.
Ma al di là del dato congiunturale – spesso influenzato dal numero di operazioni che si concentrano in un anno – il trend di crescita viene confermato anche dalla dettagliatissima fotografia scattata dal nuovo rapporto «Italia multinazionale» presentato ieri e frutto dei numeri raccolti dalla banca dati Reprint, curata da Ice e Politecnico di Milano. I dati illustrati da Marco Mutinelli mostrano come dal 2005 le partecipazioni dall’estero di imprese italiane siano comunque cresciute passando dalle 9mila del 2005 alle oltre 13mila stimate per il 2016. Con un effetto importante anche sull’occupazione: dieci anni fa gli occupati di imprese italiane a partecipazione estera erano circa 1 milione, l’anno scorso sono saliti a circa 1,3 milioni. «C’è stata una grande ripresa degli investimenti in Italia anche se va sottolineato – avverte Michele Scannavini, presidente dell’Agenzia Ice – che investiamo più noi all’estero di quanto gli stranieri lo facciano da noi».
L’inversione di tendenza – confermata anche dall’ultima classifica AtKearney sull’attrattività dei Paesi che ci vede salire al 13° posto – per Scannavini è dovuta anche a una nuova governance che ha visto la creazione di un comitato di attrazione investimenti presieduto dal Mise che mette in sinergia tutti i protagonisti (ministeri, Regioni fino all’Ice e a Invitalia). E che ha «il compito – avverte Stefano Nigro direttore del coordinamento attrazione investimenti all’Ice – di accompagnare gli investitori risolvendo incagli e colli di bottiglia che possono incontrare nel nostro Paese». Perché – come ha ricordato Domenico Arcuri, ad di Invitalia – «il bene più prezioso per un investitore è il tempo. È fondamentale non farglielo perdere per non farlo scappare».
«Negli ultimi anni c’è stato un cambio di marcia deciso – ha concluso Ivan Scalfarotto, sottosegretario allo Sviluppo economico -, ora non si deve tornare indietro e il percorso va completato fino all’ultimo miglio, considerando l’attrazione degli investimenti un obiettivo strategico per il Paese».