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 2017  novembre 07 Martedì calendario

Luciano De Crescenzo: siamo tutti napoletani

È appena uscito in libreria Napoli mia, sottotitolo L’anima della città raccontata da Bellavista (Mondadori editore, pag.219, euro 18), autore l’ingegnere-filosofo-scrittore-regista Luciano De Crescenzo, giunto a doppiare la quarantesima opera. Copertina a sfondo celeste (omaggio al Napoli del quale è tifosissimo?), fotografie vintage in bianco e nero, scattate da lui stesso e ritrovate grazie alla decisione di imbiancare la casa, evento faticosissimo, quasi tragico, nonostante l’aiuto della figlia Paola, che lo scrittore sconsiglia affettuosamente a tutti. 
Un viaggio a ritroso nel tempo, ma anche in parallelo con il presente e il futuro, nella “dimensione partenopea”, un libro fascinoso che ha dato il via a questa intervista, anzi una chiacchierata fra amici. 
Dice che la commedia della vita è Napoli. Perché? Lei definisce la città una “componente dell’animo umano”. 
«Devi sapere che ogni quartiere di Napoli può essere considerato un teatro. Passeggiando tra i vicoli, dove i palazzi si mescolano gli uni con gli altri, ti accorgerai che ogni balcone non è altro che un palcoscenico pronto a raccontare le storie di chi lo abita. Ed è proprio lì, in quelle strade, che l’anima di Napoli si mescola con quella delle persone che le danno vita, ma anche con chi casualmente si trova a passare. Perché Napoli è in ognuno di noi, anche se non la vediamo». 
Napoli-Milano. Ma davvero è scontro o anche amore? E dov’è il meglio e il peggio nelle due città? 
«Io non lo definirei uno scontro, ma nemmeno un amore, o almeno, non nel senso stretto del termine. Ovviamente, in quanto napoletano, mi è più facile trovare i pregi della mia città, ma sarei ipocrita a non guardarne anche i difetti. Diciamo che Milano e Napoli rappresentano rispettivamente l’Ordine e il Disordine, e questo elemento che le caratterizza può essere un pregio o un difetto a seconda delle situazioni». 
Voi non temete il vulcano, a volte sembrate quasi aspettarlo... Cos’è, fatalità che dura da migliaia di anni? 
«Per noi napoletani il confine tra la vita e la morte è molto sottile. Del resto, se ci fai caso, i greci individuarono nei campi Flegrei, in un una grotta del lago d’Averno, le porte per l’Inferno. Ecco, Napoli con il suo golfo, le sue isole, le sue colline, ti stringe in un abbraccio che quasi ti fa sentire in Paradiso, ma allo stesso tempo nel sottosuolo nasconde la lava e il fuoco che sono lì a ricordarti che è consigliabile vivere il presente». 
Anche San Gennaro è Napoli... 
«Circa quarant’anni fa, una commissione di vescovi e teologi mise in discussione l’esistenza di San Gennaro relegandolo a Santo di serie B. Non ti dico il putiferio! I napoletani, nel timore che il santo si fosse offeso, scrissero sui muri della città: “San Gennà, futtatenne”. Quindi sì, San Gennaro è Napoli». 
“Oj Marì”, celeberrima canzone: voi avvertite meglio il senso dell’amore? 
«C’era un giovanotto, un certo Vincenzino Russo, che di giorno lavorava come guantaio e la sera come maschera al Teatro Verdi. Cenzino, così lo chiamavano, era malato di tisi e per non respirare i miasmi delle tinture, lavorava all’aperto nel cortile. Proprio lì di fronte, all’ingresso della fabbrica dove lavorava, abitava una ragazza dai capelli neri di cui era perdutamente innamorato: Maria. E così, ogni giorno Cenzino, nella speranza di richiamare la sua attenzione, le dedicava appassionate canzoni d’amore. Purtroppo la ragazza non si affacciò mai, ma una delle tante canzoni a lei dedicate si trasformò in quella che tutti oggi conoscono come “Oj Marì”. Ebbene, io non so se noi napoletani avvertiamo meglio il senso dell’amore, di sicuro però non perdiamo mai la speranza di incontrarlo». 
I napoletani più grandi? 
«Quando voglio vantarmi con qualcuno, dico sempre: “Lo sai, sono stato allievo di Renato Caccioppoli”. Un giorno, per spiegarmi la media delle medie aritmetiche, mi disse: “Le gioie della vita arrivano quando siamo giovani, i dolori quando siamo vecchi. Quindi per migliorare la qualità media della tua vita dovresti ammazzarti oggi stesso”. Anche se non ho seguito il suo consiglio, il matematico Caccioppoli resta per me uno dei napoletani più grandi. E poi ovviamente Totò, ma su di lui non credo sia necessario aggiungere altro». 
Che cos’è la felicità? 
«Secondo alcuni la felicità consiste nel soddisfare i propri desideri. Io non sono del tutto d’accordo. La vera felicità si nasconde nell’attesa di essere felici, anche se non bisogna aspettare troppo, perché come diceva Seneca, mentre si aspetta di vivere, la vita passa». 
L’Italia dove va? Specie la politica... 
«Ho come l’impressione che l’Italia abbia smesso di andare e si sia fermata. Dove, non ho ben capito, ma forse sarebbe il caso che iniziasse a guardarsi un po’ intorno. Detto questo, quando qualcuno mi chiede se sono del Centro Destra o del Centro Sinistra, rispondo sempre che sono del Centro Storico». 
E il mondo dove arriverà? 
«Cara Bruna, ma tu lo sai che ho quasi novant’anni? Perché mi fai tutte queste domande difficili!».