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 2017  novembre 08 Mercoledì calendario

La caduta di Athos ecologista narciso una vita di veti senza raccogliere voti

Si sentiva il Barbiere di Siviglia, anzi di Ostia. Ma nessuno lo ha voluto né cercato. «Largo al factotum della città!», sembrava cantare in questi giorni di situazionismo politico (alle telline): «Il mio primo atto? Abbatterò l’ufficio tecnico con le ruspe». Peccato che la città, il X municipio, si sia girata dall’altra parte. E così ecco il flop (già scritto, già visto e di per sé noiosetto) di Athos De Luca, il rieccolo della politica romana da 13%. Settant’anni vissuti sull’onda dell’anticonformismo più conforme che mai. E quindi prima verde radicaleggiante pronto a scalare il Colosseo per una foto sul giornale, poi il Campidoglio, il Senato e di nuovo l’Aula Giulio Cesare. All’opposizione di Alemanno (stile disturbatore televisivo pur di farsi riprendere e vedere) e poi in maggioranza con Ignazio Marino. Due anni e mezzo grigi, contraddistinti da una gaffe rivelatrice di un futuro poco glorioso proprio in riva al mare di Roma, come hanno dimostrato le urne domenica scorsa. De Luca, ad aprile 2015, si fece promotore di una serie di manifesti che proponevano l’accesso libero al litorale. Ma nella furia di comparire, stampò la foto della spiaggia di Cesenatico e non quella di Ostia. Polemiche e sberleffi, pernacchie e tric-trac. Con i suoi mustacchi in arrampicata sugli specchi: «Macché, l’ho fatto di proposito per provocare». Una costante per De Luca. Che proprio con queste tecniche si è costruito una carriera (con vitalizio incorporato). Anni e anni di surf tra gli equilibri del Pd, rimanendo primo tra la seconde linee. E quindi sempre pronto a mostrare il petto a costo zero – anche davanti alla bella morte di Ostia – pur di occupare uno spazio, uno spiffero. 
Il Pd ha puntato su di lui, dopo una sfilza di no pesanti. E proprio il «no» è stata la cifra da piccolo cabotaggio di un personaggio minore. Con una carriera sempre giocata sul niet e con fallimenti boomerang pronti a inseguirlo. Ma più che l’uomo dei voti è l’uomo dei veti. Athos – nome da moschettiere – pronto a infilzare la spada nei posti sbagliati. Athos, come il monte dalle vette irraggiungibili che sbattono però con un certo ambientalismo, che ha vissuto come superstizione religiosa. Fu antesignano di quella decrescita felice di moda nel XXI secolo che lui però iniziò a praticare nel novecento. Ma senza maiuscola, in quanto il personaggio rimane un protagonista minore dell’ambientalismo romano. Pronto a segare i cartelloni pubblicitari (venne condannato a 8 mesi) ma anche a lanciare campagne per motorini con marmitte speciali. Oppure come dimenticare le sue battaglie contro l’uso spregiudicato dello zucchero nelle caramelle (con interrogazioni parlamentari) o gli appelli a Strasburgo per bloccare le infrastrutture e lo sviluppo? Domenica a Ostia il triste, solitario y final di Athos. L’unico candidato che non si è potuto dare la preferenza perché residente in un altro municipio. Sarebbe stato l’unico voto sicuro e convinto?