la Repubblica, 8 novembre 2017
Il calcio agli estremi. Due giorni in cielo per andare ai Mondiali
Restare due giorni in cielo per conquistarsi i Mondiali. Diversamente da quanto accadeva a padre Caspar, personaggio dell’”Isola del giorno prima”, sarà sopra il Pacifico e non tra i flutti dell’Oceano che si giocheranno i destini di quattro nazionali, tra le Americhe e le Terre australi, in una caccia al tesoro epocale per distanze, sforzi, costi. Honduras- Australia e Nuova Zelanda- Perù, tra venerdì 10 e mercoledì 15, sono gli spareggi interzona per Russia 2018. Sommando le rotte dei viaggi necessari per giocare, si arriva a sfiorare la misura della circonferenza terrestre. Sarà, per tutti gli uomini coinvolti, un’avventura favolosa e spaventevole.
Per raggiungere l’Honduras, gli australiani impiegheranno tra le 16 e le 28 ore. Alcuni arriveranno via Los Angeles ed El Salvador. Quelli che giocano in Europa, via Città del Messico. Si giocherà alle 16 di venerdì. Alle 19, settantacinque minuti dopo il fischio finale, parirà il charter di ritorno per affrontare, immediatamente, le 17 ore di fuso. La stampa honduregna è scatenata nel cercare di capire i dettagli del viaggio su una tratta simile a quella percorsa dagli australiani nel 2005. A differenza dei loro avversari, sia ora sia 12 anni fa, i Socceroos eviteranno voli commerciali e avranno a disposizione un aereo con lettini per i massaggi e mascherine per l’ossigeno. A sua volta la nazionale centramericana, al ritorno, giocherà in notturna a Sydney quando anche in patria sarà notte sì, ma la notte del giorno prima.
E non troppo diversa sarà la situazione per Perù e Nuova Zelanda, con una particolarità non da poco: sul volo da Wellington verso Lima, le due nazionali dovrebbero viaggiare insieme, stesso aereo, per condividere i costi di una trasferta da 800mila dollari neozelandesi, mezzo milione di euro, un terzo del bilancio annuale della Federazione isolana. Torneranno utili, per questo, i 150mila dollari Usa che la Fifa metterà a disposizione. Alla fine delle quattro partite, i giocatori faranno fatica a ricordarsi pure il proprio nome. Si chiamano ritmi circadiani: il nostro corpo è tarato su giornate di 24 ore, con alternanza regolare di giorno e notte. Una minima deviazione porta a incredibili sconvolgimenti fisico- psichici.
Ma come si allena allora il corpo a uno sforzo così estremo? «Due partite così ravvicinate a così grande distanza di spazio e di fusi orari» spiega Riccardo Ceccarelli, specialista in medicina dello sport, «comportano stravolgimenti a livello muscolare e mentale. Fondamentale è il recupero fisico, con piccoli esercizi di scarico e l’uso di blandi sonniferi per recuperare e rendere regolari le giornate che intercorrono tra le due partite. Fondamentale è partire il prima possibile».
Poi c’è l’aspetto mentale: «Indubbiamente» analizza lo psicologo dello sport Alberto Cei «viaggiare verso ovest comporta assai meno stress rispetto alla rotta opposta, perché il corpo umano si adatta più facilmente a una giornata con qualche ora di luce in più anziché il contrario. Difficile fare previsioni, ma è indubbio che le squadre che giocheranno la prima partita in casa avranno un vantaggio psicologico notevole, perché potranno giocare con maggiore freschezza fisica e mentale la partita per loro più importante. Recuperare un risultato negativo dell’andata con in mezzo un viaggio di quasi 24 ore è una condizione non semplice».
A sostegno di questo assunto, arrivano i numeri. Gli spareggi intercontinentali con una formula simile all’attuale hanno fatto il loro esordio nelle qualificazioni per Messico 1986. Da allora, in undici occasioni, sei volte hanno conquistato la qualificazione le squadre che giocavano la prima partita in casa.