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 2017  novembre 08 Mercoledì calendario

Mattarella: pura fantasia le urne a maggio

Ipersensibilità della politica. La scorsa settimana in casa Pd si era parlato parecchio della possibilità di far slittare a maggio la fine della legislatura (con scioglimento delle Camere a marzo), per dare modo al partito di riorganizzarsi in vista della sicura batosta siciliana. Resa pubblica dal ministro della Giustizia Andrea Orlando, che a Repubblica Tv aveva accennato al bisogno di nuove alleanze e magari di un nuovo candidato premier, l’ipotesi era stata oggetto di discussione, tanto da suggerire un approfondimento degli orientamenti del presidente della Repubblica se davvero qualcuno avesse voluto perseguirla.
Così ha fatto il Corriere ieri, con un’analisi delle prerogative del Quirinale quando deve congedare il Parlamento. Messo subito in chiaro che Sergio Mattarella starebbe da tempo pensando a una road map che prevede per le assemblee il «tutti a casa» entro l’Epifania e l’apertura delle urne il 4 o l’11 marzo, si è spiegato quali procedure in questi casi si seguano. Il potere di scioglimento, infatti, non è del tutto autonomo (come accade per la concessione di una grazia o per le nomine dei senatori a vita), nel senso che va condiviso con altri. Per capirci: il capo dello Stato deve prima sentire i pareri dei presidenti delle due Camere e quello del capo del governo. E qui entrava la variabile suggerita da questo caso. Infatti, qualora il premier, con il sostegno della sua maggioranza e l’opinione favorevole di chi regge i due rami del Parlamento, gli chieda di andare avanti un altro po’ per chiudere qualche legge in itinere, allora il capo dello Stato «può» dare il proprio consenso.
Chiaro che uno come Mattarella non lo darebbe mai se percepisse forme di opportunismo dilatorio o altri tipi di forzature, e pure questo lo avevamo precisato bene sul Corriere. Ma è bastato fare qualche cenno «tecnico» a tutto ciò perché l’ipersensibilità di due vincitori della tornata elettorale in Sicilia si accendesse. La leader di FdI, Giorgia Meloni, intimava al Colle di «smentire categoricamente il tentativo che gli viene attribuito» (ma da chi?) di mandare la legislatura «oltre la fine naturale a marzo». E il segretario della Lega, Matteo Salvini, a seguire: «Il presidente sciolga le Camere prima possibile, sentendo gli umori del Paese… Prima si vota e meglio è».
Un pressing ruvido e carico di sospetti, che sottintendeva intenzioni da nessuno mai addebitate a Mattarella. Il quale ha comunque sentito il bisogno di far sgombrare con una nota qualsiasi fantomatico piano o accordo. «Le indiscrezioni parlamentari o di stampa», lette a quel modo che faceva pensare alla possibilità di far proseguire la legislatura a fine maggio, sono «pura fantasia», hanno liquidato ieri la faccenda fonti del Quirinale.