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 2017  novembre 08 Mercoledì calendario

Alieni. Scommettiamo come potrebbe essere il loro look

Come sono fatti (se esistono) gli esseri viventi extraterrestri? Per adesso possiamo solo fare dei ragionamenti. Abbiamo scoperto migliaia di pianeti e molti idonei (in teoria) a ospitare la vita, perché hanno una superficie solida fornita di acqua, hanno ossigeno e carbonio, non ci fa né troppo caldo né troppo freddo. Ma fin qui è tutto generico. Allora focalizziamoci su singoli pianeti o singole classi di corpi celesti. Una gran quantità di questi mondi abitabili non sono simil-Terre, cioè piccoli, come ci aspettavamo, ma invece enormi, e con una gravità fortissima: questo ci porta a immaginare che non siano abitati da animali o piante che si sviluppano in verticale ma in orizzontale, tipo mante o millepiedi.
Ecco, questo esemplifica il tipo di ragionamento che sappiamo fare sulla vita extraterrestre, allo stato delle cose. Ma ci dobbiamo fermare proprio qui? Samuel Levin, uno zoologo dell’Università di Oxford, ritiene di no: questo modo di fare congetture è validissimo di per sé – dice Levin – e tuttavia «è un approccio meccanicista, riduttivo, che estrapola indicazioni esclusivamente da dati fisici, chimici e geologici».
Levin, da biologo quale è, affianca all’approccio che bolla come meccanicista «un approccio alternativo, evoluzionista, cioè che usa la teoria dell’evoluzione di Darwin per fare previsioni indipendenti dai dettagli dell’esperienza terrestre».
Attenzione a questo passaggio: Levin non vuole fare astrazione dall’esperienza terrestre (che è validissima, essendo l’unica che abbiamo); vuole fare astrazione soltanto dai dettagli fisici e chimici, mentre la teoria di Darwin, pur se concepita sulla Terra e sulla base di esempi terrestri, gli appare universale e applicabile a tutti i pianeti.
Levin osserva che «su qualunque pianeta la vita, se nascesse, sarebbe sottoposta a pressioni evolutive dovute alla selezione naturale». In particolare c’è da aspettarsi che la vita incontri ovunque «certe fasi di transizione, cioè di passaggio da una fase di equilibrio a un’altra di equilibrio diverso» (si parla di «equilibrio punteggiato»). Così ad esempio il passaggio dagli esseri unicellulari procarioti (senza struttura interna) agli eucarioti (dotati di nucleo e di altre strutture), e da questi a strutture multicellulari, che creano «una gerarchia di entità che imparano a cooperare». Secondo Levin, queste sono svolte evolutive che ogni storia biologica, su qualunque pianeta, deve per forza affrontare.
Su tale base Levin e il suo gruppo hanno provato a immaginare evoluzioni di esseri viventi secondo i principi di Darwin, ma da punti di partenza anche molto diversi, come ad esempio la chimica del silicio anziché quella del carbonio. Esiste, oltretutto, una clamorosa controprova che l’evoluzione della vita possa produrre risultati completamente diversi da quelli che conosciamo, pur seguendo i principi della medesima evoluzione darwiniana: ne scrive Stephen J. Gould in un famoso libro, «La vita meravigliosa», in cui si descrivono animali che nel Cambriano si sono evoluti per milioni di anni lungo percorsi del tutto differenti da quelli che la vita ha preso poi sulla Terra.
A colpire di più la fantasia, nel lavoro di Levin, sono i disegni con cui Helen S. Cooper, una della sua squadra, ha illustrato alcune possibili evoluzioni darwiniane della vita extraterrestre. Non sono animali belli, anzi, specialmente uno di loro, suscita ribrezzo: è l’immaginario «octomita», che come aspetto sembra alludere a una convergenza evolutiva con i cosiddetti tardigradi, vermi terrestri piccolissimi e molto comuni. Da notare il tratto artistico di questi disegni: siccome fanno riferimento a Darwin, sono tracciati in uno stile che ricorda l’Ottocento; e sarebbero adatti a illustrare un libro dal titolo «L’origine delle specie extraterrestri».