Affari&Finanza, 6 novembre 2017
Claudio Tesauro il mediatore di Invitalia, da Save the children ai progetti con l’Iran
Claudio Tesauro, avvocato specializzato in diritto internazionale e comunitario, partner del prestigioso studio BonelliErede, una lunga esperienza all’estero cominciata con il master alla New York University dopo la laurea a Napoli e proseguita con il lavoro nello studio Fox & Horan di Manhattan e nel servizio giuridico della Ue a Bruxelles, segue ovviamente con meticolosa attenzione le vicende finanziarie globali. E con particolare attenzione seguiva l’intricatissima partita iraniana, con Donald Trump che improvvisamente ha “decertificato” l’intesa nucleare dell’occidente con Teheran e l’Italia che si è trovata con in mano il cerino acceso di un bel mazzo di “memorandum of understanding” ai quali non si sapeva come far seguire la fase contrattuale vera e propria. Bene, tutto si sarebbe aspettato, l’avvocato Tesauro, meno che di vedersi calare proprio sulla sua scrivania il dossier Iran, snodo di una vicenda geopolitico-economica fra le più cruciali del momento. Perché sulla sua scrivania? Perché Tesauro da un anno e due mesi affianca al lavoro nel suo studio, dove attualmente è coordinatore del dipartimento antitrust, affari comunitari e attività regolamentate, la funzione di presidente di Invitalia, l’agenzia pubblica di sviluppo e promozione degli investimenti del governo, che in tandem con l’amministratore delegato Domenico Arcuri sta traghettando verso una nuova e fondamentale serie di capacità.
Ma questa, fra le funzioni delegate, è davvero impegnativa. Il testo “bollinato” (nel gergo dei lobbisti significa “blindato") dell’articolo 32 della legge di bilancio 2018, quella della “manovra” per intenderci, così recita: “Al fine di promuovere lo sviluppo delle esportazioni e dell’internazionalizzazione dell’economia italiana in Paesi qualificati ad alto rischio dal Gruppo d’azione finanziaria internazionale (Gafi-Fatf), Invitalia può operare quale istituzione finanziaria autorizzata a effettuare finanziamenti e al rilascio di garanzie e all’assunzione in assicurazione di rischi non di mercato ai quali sono esposti gli operatori nazionali nella loro attività nei predetti Paesi “. Bella responsabilità. “Ma noi, sempre che il testo venga approvato dal Parlamento in questa veste, ce la possiamo fare benissimo”, avverte subito Tesauro con la cortese fermezza di chi ha fede nell’istituzione che presiede. “Invitalia, nei suoi quasi vent’anni di vita (102 contratti di sviluppo finanziati, 113.932 iniziative avviate con l’autoimpiego, 788 startup finanziate, ndr ) ha accumulato una tale esperienza e competenza nel sostenere iniziative industriali in tutti i suoi stadi, dalla fase prelimnare alla creazione del business e all’assistenza nella fase successiva all’insediamento, da essere in grado perfettamente di sostenere anche questa responsabilità aggiuntiva. Del resto – aggiunge – questa è la volontà politica del governo, e noi siamo un’azienda del governo, partecipata al 100% dal Tesoro e controllata dal ministero dello Sviluppo economico”.
Già, qui sta la chiave, la volontà politica. Quella di non perdere il business apparentemente straordinario dell’apertura dell’Iran all’occidente. Perché quella dizione “Paesi ad alto rischio” della legge, significa per ora Iran. Poi si vedrà. “Ci risulta che anche i nostri partner europei, a partire da Francia e Germania, stiano intraprendendo misure di questo genere”, puntualizza Tesauro. Se è per questo, sono anche più avanti, almeno la Francia: già sono passati alla fase contrattuale le intese della Peugeot (400 milioni di valore), della Total che è riuscita, caso rarissimo per l’Iran, a prendersi la maggioranza (51%) nello sfruttamendo del mega-giacimento di gas off-shore South Pars nel Golfo Persico da 2 miliardi di metri cubi al giorno, della Renault che ha il 60% di una società con l’iraniana Neginkhodro e il fondo Industrial development renovation legato al governo di Teheran.
I tedeschi, interessati allo sfruttamento delle energie rinnovabili e alle forniture di meccanica di precisione cruciali per un Paese in via di reindustrializzazione, invece sono più o meno al nostro stadio. Che non è comunque molto arretrato: sono stati firmati i memorandum of understanding fra il gruppo Gavio e la locale Yahnpars per costruire i 350 chilometri della ferrovia Shiraz- Bushair (1,2 miliardi di commessa), fra le Fs e il governo per l’alta velocità (fino a 5 miliardi di valore a partire dai 400 chilometri Qom-Isfahan), e poi da una fitta serie di aziende alimentari a partire dalla Cremonini e dalle aziende agroindustriali, e naturalmente dall’Eni, presenza storica in Iran dai tempi di Mattei che vuole riaprire le attività off-shore a Kish (500 milioni di barili di gas condensato al giorno) e nel campo petrolifero di Darquain da 160mila barili, interrotte nel 2006 all’aprirsi della conflittualità. In totale, fra i 20 e i 30 miliardi di commesse in gioco.
Tutto questo è destinato a sbloccarsi, come hanno deciso i capi di governo della Ue a Bruxelles e come ha “permesso” lo stesso segretario di Stato americano Rex Tillerson dichiarando pochi giorni fa che “se l’Europa vuole fare affari con Teheran lo faccia sotto la sua responsabilità”. Anche se il governo americano mantiene le sue “perplessità”, insomma l’Italia è decisa a non farsi sfuggire l’occasione. Per garantire i finanziamenti bancari necessari a far partire le intese pre-firmate, il governo affiderà con la stessa legge di bilancio a Invitalia un fondo speciale con “una dotazione iniziale di 120 milioni”. Ovviamente la copertura non sarà automatica ma valutata caso per caso. “Affronteremo i dossier che ci verranno sottoposti – assicura Tesauro – con il consueto rigore sotto ogni aspetto finanziario, progettuale e di copertura del rischio, anche cooperando con la Sace come prevede la stessa legge “.
La Sace, per inciso, non si è assunta in prima persona queste responsabilità per la riluttanza dell’azionista Cdp nel mettersi contro gli ambienti finanziari americani. Il governo nulla ha potuto in quel caso perché non ha la titolarità assoluta del capitale Cdp. Per Tesauro, 52 anni, moglie olandese ("conosciuta all’aeroporto di Parigi, una storia romanticissima “), due figlioletti vietnamiti adottati ("con i quali adoro andare a cavallo"), la prima esperienza da grand commis dello Stato si trasforma insomma in una prova durissima ma anche in un’occasione senza precedenti di far valere professionalità, serietà, attenzione, doti che vengono riconosciute sia a lui che all’istituzione che oggi presiede.
Non è per lui l’unica presidenza: da ben prima, “oltre dieci anni “, l’avvocato guida il capitolo italiano di Save the Children. “È un’organizzazione – spiega – diventata un punto di riferimento per le politiche dell’infanzia, che oggi aiuta oltre 10mila bambini e adolescenti in contesti di grave disagio sociale in Italia”. Il progetto di cui Tesauro è più orgoglioso si chiama “Illuminiamo il futuro” e annovera 24 “punti-luce”, centri di sostegno educativo nelle aree urbane più disagiate. Anche per Save the Children, Tesauro ha avuto recentemente modo di confrontarsi, in un contesto totalmente diverso, con il governo: “Avevamo anche noi la nostra nave per il soccorso umanitario nel Mediterraneo, e abbiamo aderito al codice Minniti, non senza interloquire attivamente con gli Interni e trovando alla fine un punto di equilibrio che, nel rispetto dei nostri valori fondanti, ci ha permesso di continuare a operare con efficacia. Certo, non può che dare amarezza che l’intero mondo delle Ong sia stato trascinato in una polemica odiosa, con strumentalizzazioni e rigidità ideologiche”.
È stata una vicenda complessa che ha messo seriamente alla prova le sue capacità di mediazione, peraltro già da lunghi anni affinate da esperienze come la fusione Ina-Generali o lo sbarco di General Electric in Italia con l’acquisto di Nuovo Pignone, vicende che ha seguito quando era “solo” avvocato, oppure il complesso negoziato per incentivare Denso, la multinazionale giapponese, a investire in Campania, o ancora quello per convincere la Nestlè ad aprire a Benevento il maggior stabilimento di pizze surgelate del mondo, operazioni che invece ha coordinato da presidente di Invitalia. Capacità di mediazione che ora sono chiamate alla prova più difficile sullo scacchiere internazionale, sotto gli occhi del mondo.