la Repubblica, 7 novembre 2017
L’amaca
Per dire quanto profonda sia la crisi della democrazia, cioè dell’idea che il mondo possa essere protetto e migliorato solo dalla crescente partecipazione delle masse alla vita pubblica, ci si ritrova, nel 2017, a seguire con malcelato interesse le gesta di Mohammed Bin Salman, 32 anni, principe ereditario dell’Arabia Saudita, fautore di una svolta “modernista” in uno dei Paesi più conservatori del pianeta. Pare che il principe vada per le spicce: un po’ di ministri e di oppositori sono finiti in galera. Se le cose andranno come pare stiano andando, le donne saudite potranno guidare e andare allo stadio, l’establishment wahabita perderà parte della sua influenza e una teocrazia diventerà più simile a un’autocrazia.
Va bene che bisogna accontentarsi, ma francamente, nelle nostre ormai lontane giovinezze, nessuno aveva messo nel conto che la figura dell’autocrate illuminato avrebbe ripreso quota. La Storia è un bookmaker imprevedibile. La triste fine delle primavere arabe (ne restano tracce sostanziali solo nell’eroica democrazia tunisina) segna l’inizio del Terzo Millennio quanto la caduta del Muro di Berlino segnò la fine del Secondo. La chance rimasta è puntare, tra i Mohammed che contano, su quello giusto. Speravamo di più, da ragazzi…