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 2017  novembre 07 Martedì calendario

A Vicenza tanti orrori ma solo piccole multe. Le carte chieste da Casini: nel 2008 azioni e Zonin nel mirino di Bankitalia

Quando i parlamentari della commissione sulle banche riceveranno i documenti di Bankitalia sulle ispezioni alla Popolare di Vicenza nel 2008 e 2009, chiesti la scorsa settimana da Pierferdinando Casini venerdì scorso, scopriranno che era tutto già scritto. Almeno una parte – sui derivati venduti ai risparmiatori – era stata comunicata anche alla Consob, che era stata poi aggiornata dei controlli successivi.

La Vigilanza sapeva nel dettaglio quanto accadeva a Vicenza. Nel rapporto finale ci sono i prestiti concessi senza istruttoria o senza verifica delle garanzie, per le quali «la valutazione del merito creditizio (...) antepone la conoscenza delle controparti alla sostenibilità economica delle iniziative». Ci sono derivati complessi e altamente speculativi venduti ai risparmiatori. Ci sono i prestiti dati ai soci-amministratori in conflitto d’interesse. C’è la sottolineatura del prezzo delle azioni già fuori controllo. C’è il sistema dei controlli puramente «formale» e inefficiente. E su tutto svetta lui, il cavalier Gianni Zonin. È lui il «leader indiscusso» della Popolare di Vicenza, titolare di ampie deleghe operative che «svolge un ruolo dominante» nel cda e una «penetrante influenza» nei manager, anche promuovendo riunioni informali dove vengono prese decisioni strategiche per il futuro della banca. Un presidente preso dall’ansia di crescere, di essere «soggetto aggregante», malgrado i numeri della Bpvi non siano in grado di sostenere questa sua pretesa. La banca è costretta ad esempio a rinunciare all’acquisto del 2% di Mediobanca. Ufficialmente per ragioni di Antitrust. In realtà, spiegano gli ispettori, perché non ci sono i soldi.
Siamo nell’aprile del 2008 quando gli ispettori di Bankitalia redigono il loro rapporto sull’ispezione alla Popolare di Vicenza, da poco conclusa. Il rapporto è un elenco di episodi di assoluta gravità, che si conclude con un giudizio «parzialmente sfavorevole» (il terzo gradino in una scala di sei) e, un anno dopo, 560 mila euro di sanzioni complessive per tutto il cda, il collegio sindacale e il direttore generale. Fa circa 25 mila euro a testa, poco più di un buffetto. E una nuova verifica che, un anno dopo, certifica che sul fronte del prezzo delle azioni e del ruolo di Zonin nulla è stato fatto per concludere con un giudizio «parzialmente favorevole». Tra gli episodi, spicca un finanziamento di quasi cento milioni di euro «concesso dal presidente» nel 2004 alla Magiste Real Estate, la principale esposizione della banca, senza il passaggio negli organi competenti. Erano gli anni delle scalate bancarie, dell’assalto di Fiorani ad Antonveneta e del «bacio in fronte» dell’allora governatore Antonio Fazio. Zonin era schierato con Fazio e finì anche sotto inchiesta Milano. O ancora la posizione verso la Hopa di Emilio Gnutti, già in crisi, iscritta a incaglio malgrado la partecipazione nella stessa Hopa fosse stata svalutata integralmente. Ci sono i mutui con sei rate non pagate rimasti in bonis e 150 milioni di prestiti in difficoltà rilevati dagli ispettori.
E c’è appunto il prezzo delle azioni, dalle «peculiari modalità di determinazioni del prezzo, svincolate da rigorosi collegamenti con le modeste performance reddituali, hanno assicurato ampie adesioni ai frequenti aumenti di capitale, consentendo di sostenere la rapida crescita del gruppo». un dopo nulla cambia. E nulla cambierà fino al 2015, quando i soci saranno più che raddoppiati da 51 mila a 118 mila e il prezzo salito fino a 62,5 euro.