La Gazzetta dello Sport, 7 novembre 2017
Il calcio che chiude: il Modena è fuori dalla serie C
Cala il sipario e si spengono i riflettori su una storia che il calcio italiano non dovrebbe, e non vorrebbe, più vivere per provare a mantenere la propria credibilità. Il Modena è fuori dal campionato. È arrivato il lapidario annuncio del giudice sportivo della Lega Pro che, preso atto della quarta rinuncia, ha deliberato l’esclusione. Cambia così la classifica del girone B e vengono annullate tutte le gare della squadra di Eziolino Capuano. Bilancio in 12 giornate: 6 sconfitte sul campo (Samb, Vicenza, Reggiana, Renate, Ravenna e Südtirol), 4 a tavolino (Mestre, AlbinoLeffe, Padova e, da ieri, Santarcangelo), una gara rinviata (a Fano) e il turno di riposo.
LE BUGIE DI CALIENDO Nessuna sorpresa, dunque, ma solo la logica conclusione di un percorso intrapreso dalla vecchia proprietà del Modena, che in modo irresponsabile ha gestito la società fino a portarla fino a questo punto di non ritorno. A maggio Caliendo annunciava propositi di allestire una squadra competitiva, manifestando l’intenzione di cedere poi la società solo a soggetti affidabili. E a quel «solo» nessuno ha mai creduto. Prima i cinesi, poi gli svizzeri, gli americani: in tanti sono stati intercettati dai radar della città. Mezze invenzioni, mezze verità, che però hanno solo allungato l’agonia. Negli ultimi sei mesi, con un colpo di piccone al giorno, il club gialloblù è stato demolito. Già all’atto dell’iscrizione il Modena aveva dimostrato di non avere tutti i requisiti per essere ammesso. Sintomo evidente che chi avrebbe dovuto vigilare con attenzione non l’ha fatto, presentando poi il conto alla società con un maxi deferimento che evidenziava gravi e diverse violazioni.
LO STADIO CHIUSO La situazione è poi precipitata quando il Comune ha disposto la chiusura dello stadio per morosità. E qui sta la diversità rispetto ad altri dissesti calcistici. Da una parte un sindaco inflessibile, colpevole però di non aver preteso nel 2015 garanzie da Caliendo sul mutuo che ora pesa sulla comunità, dall’altro una società che mai ha cercato una soluzione se non con lo scontro. E senza campo da gioco, anche il subentrato patron Aldo Taddeo si è dovuto arrendere davanti alle legittime ragioni dei calciatori che rivendicavano il pagamento degli stipendi di luglio e agosto. Da qui i tre scioperi dei giocatori che, uniti alla mancanza di un impianto da gioco, hanno fatto di Modena un caso. Caliendo è stato accusato di non aver ceduto all’architetto Carmelo Salerno, che non ha mai nascosto i propri interessi per la squadra. Alla fine il patron ha preso una direzione opposta e così il campo di allenamento del Modena negli ultimi tempi è stato solo la sede di riunioni e litigi.
E ADESSO? Difficile in questo momento ipotizzare un futuro. L’inaffidabilità di Caliendo unita al fatto che la città lo ha sempre considerato con distacco, ha tenuto lontano quegli imprenditori che adesso non avranno più alibi. Con una società pulita da ogni debito (attualmente ammonterebbero a 6 milioni), con gente del territorio, senza le promesse assurde e mai mantenute da chi ha portato la società all’inferno, Modena proverà a rialzare la testa, ripartendo forse dalla Serie D, con capacità imprenditoriali e dignità. Bisogna anche capire se saranno portati i libri in tribunale per il fallimento o no. Qualcosa già si sta muovendo, il sindaco Muzzarelli, che potrà assegnare in futuro un nuovo titolo sportivo, avrebbe già ricevuto proposte. Ma intanto per i tifosi ci saranno da affrontare lunghi mesi senza calcio.