Libero, 4 novembre 2017
Le truffe, la Libia, la guerriglia. Il «pirata» ha finito di fuggire
Dalle barche di lusso riminesi alle carceri libiche. Giulio Lolli, “il pirata” emiliano romagnolo latitante da sette anni, ritenuto responsabile di una lunga serie di truffe milionarie di “Rimini Yacht”, è stato arrestato dalle forze speciali libiche. Con le manette ai polsi l’avventura dell’imprenditore italiano “capitan Giulio Karim Lolli”, come è noto a Tripoli, subisce una sferzata ma forse neppure l’ultima.
Bolognese di origine, riminese d’adozione, trasferito a Bertinoro, un piccolo paese di collina in provincia di Forlì-Cesena dove vivono l’anziana madre, moglie e figlie, il 52enne era ricercato in Italia dal 2010 per il fallimento del cantiere nautico riminese di cui era titolare. Lolli era scappato appunto in Libia, dove era già stato arrestato dalle milizie antiGheddafi. Ma poi, quasi come in un romanzo d’avventura, dopo circa sette mesi di prigionia aveva approfittato di una rivolta ed era evaso, finendo per diventare consulente del governo. Insomma, questo istrionico imprenditore esperto di nautica, sempre in bilico tra storie di truffe, evasioni rocambolesche dal carcere e vicende di guerra, capace di piazzare barche a nomi importanti della finanza italiana e di fatturare 32 milioni, è stato inseguito per anni invano dai magistrati delle procure di Rimini e di Bologna per diversi reati tra cui bancarotta fraudolenta e corruzione.
La sua incredibile vicenda è quella di un latitante a cavallo tra la truffa e l’avventura, tra Tangentopoli e la P3, rincorso tra le rivolte arabe in Nord Africa. E capace ogni volta di sfuggire al peggio. Nel 2010 Lolli, dopo aver trascorso un mese e mezzo in mare, trova riparo in Tunisia dove scoppia la rivoluzione e fa rotta così sulla Libia. Alloggia in un hotel che diviene la gabbia dorata dei giornalisti durante la rivolta contro Gheddafi.
Il 3 gennaio 2011 finisce in carcere a Tripoli. Il 21 agosto la città libica viene attaccata dai ribelli e il broker della “Rimini Yacht” evade. «Mi sono fatto sette mesi di prigione durissima a Jeida con i detenuti politici dichiarerà a una delle tante interviste che rilasciava a singhiozzo -, torturato, trattato peggio di uno stupratore. Poi quel giorno sono arrivate le bombe della Nato, ed io sono fuggito. Fuori c’era la rivoluzione e mi sono arruolato combattendo con le forze rivoluzionarie la battaglia decisiva di Bab Al Jazia contro il regime di Gheddafi. Ho sparato e così sono diventato il valoroso Karim, decorato sul campo». Così era diventato uno dei luogotenenti delle forze speciali di sicurezza marittima del porto di Tripoli, col compito da lui stesso dichiarato di fermare gli scafisti.
Con questo ultimo arresto si chiude un altro capitolo dell’imprenditore emiliano romagnolo, il cui nome nella riviera adriatica viene legato alla clamorosa maxi truffa della “Rimini Yacht”, la società che vendeva barche di lusso ed è fallita, trascinandosi dietro un’inchiesta giudiziaria che ha coinvolto importanti esponenti della Guardia di Finanza, finanzieri legati alla P3. Le accuse nei confronti di Lolli, riguardano in sostanza la vendita degli stessi yacht ad acquirenti diversi. Inoltre, avrebbe nascosto all’erario una quarantina di milioni di ricavi. È stato condannato a 5 anni e mezzo di prigionia per truffa aggravata e alla confisca di 623mila euro. Nel corso degli anni sono state sequestrate due ville di sua proprietà: una a Pennabilli (Rimini) e l’altra a Casalecchio di Reno (Bologna), per un valore di circa due milioni.
Le ultime notizie risalivano alla fine dell’estate quando Giulio Lolli guidava le navi libiche, in missione tra migranti e sfollati. In pratica il flusso degli immigrati che fuggivano dalle coste africane dipendeva anche da lui. Poi di nuovo le porte del carcere di massima sicurezza di Tripoli si sono aperte lo scorso 29 ottobre (la notizia è stata diffusa solo ieri e confermata dall’autorità giudiziaria libica) per due mandati di cattura internazionale emessi dalla Procura di Rimini. Ora su di lui potrebbe scattare la richiesta di estradizione che, fino ad oggi, è sempre stata negata. Al momento, comunque, pare che l’arresto non sia legato alla richiesta di estradizione, ma potrebbe riguardare fatti nuovi o ipotesi di reato commessi in Libia.