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 2017  novembre 06 Lunedì calendario

Bye bye testimonial. Spot si cambia, arriva l’influencer

Inutile girarci troppo intorno. Fino a ieri l’utilizzo del testimonial in pubblicità era la modalità più comoda per tutti. Per i pubblicitari, perché bastava il viso del vip di turno per dare un senso allo spot, senza star lì a inventarsi chissà cosa. Per l’azienda committente, perché ai grandi capi è sempre piaciuto vedere la celebrità con il proprio prodotto in mano, un po’ come la fotografia appesa del padrone di ristorante con il vip. Il testimonial catturava poi l’attenzione del pubblico-consumatore e faceva scattare il meccanismo della fiducia e della continuità emotiva (mi piace il testimonial, al testimonial piace quel prodotto, e quindi piace anche a me) e la celebrity di turno guadagnava un bel gruzzolo facendo poco e niente, alimentando lo star-system. 
Da Kevin Costner a Bruce Willis, da Antonio Banderas a Julia Roberts: i voli Hollywood-Fiumicino o Malpensa sono sempre stati pieni. Fino a ieri. 
Oggi pubblicitari e capi del marketing iniziano a farsi qualche domanda. La spesa per prendersi il testimonial è decisamente ingente, e allora come la mettiamo se poi esce una notizia che scredita la star in questione, rimbalza sui social network, con il rischio di un danno all’immagine dell’azienda? La recente vicenda delle registrazioni di Flavio Insinna messe in onda da Striscia la notizia, con Acqua Rocchetta che chiede oltre 2 milioni per danno all’immagine del marchio e conseguente calo del fatturato, è la goccia che ha fatto traboccare il vaso. 
I CONSUMATORI
«Oggi il maggior contatto tra marca e consumatori, che avviene quotidianamente attraverso i canali digitali, ha finito per osmosi per interessare anche chi quelle marche le rappresenta, come il testimonial», racconta Paolo Iabichino, direttore creativo dell’agenzia pubblicitaria Ogilvy & Mather Italia. «Una volta il testimonial se ne stava dentro i confini e il perimetro dello spot, o della pagina stampata, e lì finiva l’impegno di visibilità con la marca. Oggi, invece, il testimonial vive un’associazione molto più stretta con il brand che pubblicizza, e questo lo costringe a una responsabilità più forte, anche perché le persone in rete non vedono l’ora di attaccare la marca e il testimonial».
Parallelamente le accuse di molestie sessuali che stanno travolgendo l’intero sistema Hollywood, comprese superstar come Dustin Hoffman e Kevin Spacey, rischia di coinvolgere molti altri artisti strapagati testimonial di prodotti e servizi. «Si è alzata molto l’attenzione sui temi morali perché stiamo vivendo un momento di transizione che porterà di sicuro a una ridefinizione di certi codici di comportamento, che non vuol dire moralismo. Visto che per tutti si è alzata l’asticella dei valori, ci sta che le conversazioni in rete indugino su questi temi, e che nessuno abbia voglia di prendere le difese di uno come Kevin Spacey per non inimicarsi il proprio network. Sono certo, però, che da questo periodo ne usciremo tutti migliori», continua Iabichino. 
Il passaggio dalla tv al web ha modificato le parole chiave e pure alcune dinamiche: da qualche anno si parla sempre meno di testimonial e sempre più di influencer, persone magari non note al grande pubblico, ma molto popolari sui social e per il target dei Millennials che, grazie al loro seguito, possono dare visibilità a un marchio con investimenti decisamente inferiori rispetto alla star di turno. 
Oggi i trend e i fenomeni pop nascono tutti dalla rete e, sopratutto, dal basso, ovvero da appassionati che grazie ai loro comportamenti e alle cose che scrivono, filmano o fotografano sui canali social riescono a influenzare i consumi dei loro follower.
È così che anche le grosse aziende della moda, quelle che un tempo creavano le tendenze, oggi sono costrette a seguire e ingaggiare influential come Chiara Ferragni, da poco eletta da Forbes l’influencer di moda più importante del mondo. Un fenomeno che, per rimanere in Italia, nel mondo della cosmetica si chiama Clio Zammatteo (nota come ClioMakeUp), in quello dei videogiochi Favij, per i teenager Sofia Viscardi, per le donne da 20 a 45 anni Gordon. 
Ci sono poi i comici Youtuber come i napoletani The Jackal (alla festa di Roma hanno appena presentato il loro primo film Addio fottuti musi verdi), molto strutturati nel rapporto con i marchi: hanno addirittura girato video autoironici per la catena di supermercati Carrefour. Titolo: #LaMarchetta. C’è anche Il Milanese Imbruttito realtà nata come un blog e una pagina Facebook e diventata in breve tempo un’agenzia di comunicazione che racconta e ironizza sulla nuova razza meneghina involgarita e apparentemente efficiente, vendendo le proprie creazioni video a marchi come Vodafone e Aperol. «Sempre più spesso, però, accade che i contenuti sponsorizzati in maniera tradizionale non abbiano la stessa efficacia di quelli neutrali, e così finisce che questi spot pubblicitari non vengano inseriti nelle pagine personali per non perdere credibilità», spiega ancora Iabichino. Che è un po’ come dire: fine dei giochi. È cambiato tutto.