Corriere della Sera, 6 novembre 2017
Il miliardario socio di Disney amico di Berlusconi e Murdoch
Bello, moro, superbenestante, principe della famiglia reale saudita: a 36 anni si presenta da un riccone americano con qualche problema di debiti e gli compra il mega yacht. Poi scuce qualche altra manciata di decine di milioni di dollari e rileva l’hotel Plaza dall’anzidetto americano. In Europa nel frattempo un imprenditore televisivo sta cercando capitali e investitori per lanciare in Borsa le sue tv e fare cassa.
Sono passati più di vent’anni da quegli affari con Donald Trump e Silvio Berlusconi. Alwaleed bin Talal, 62 anni, è sempre principe, meno moro e molto più brizzolato (resistono i baffi), un patrimonio smisurato come il nuovo yacht e una certa propensione a non nasconderlo. Poi, come sempre a certi livelli, cifre vere non esistono e ci si accontenta di quelle verosimili. Ma che siano i 30 miliardi di dollari attribuiti da Bloomberg, i 17,2 di Forbes (comprensivi del crollo in Borsa, alla notizia dell’arresto, della sua cassaforte Kingdom Holding) o i 18-20 di altre fonti, cambia poco. La differenza la fa la caratura della ricchezza. E la sua non è statica, fuori dai grandi circoli del potere.
Alwaleed non compra solo per guadagnare ma investe anche là dove alle azioni è indissolubilmente legato un dividendo di potere e di fama. Così è stato quando è entrato in gruppi media americani, o in Eurodisney, Apple, Twitter, nel gigante bancario Citigroup. O quando acquistò la quota del Plaza di New York, hotel simbolo della città, un po’ come il Savoy a Londra che infatti entrò anch’esso nel mirino dei broker del principe.
Naturalmente c’è la fila tra gestori e banchieri per amministrare il portafoglio del principe che, si racconta a Londra, oltre a occuparsi direttamente dei suoi principali investimenti, avrebbe un paio di italiani tra i suoi consulenti più ascoltati e a diretto contatto telefonico. Per un po’ la linea resterà interrotta, almeno finché il principe rimarrà agli arresti. In carcere? Ma no, naturalmente. Si trova in una suite di un hotel a cinque stelle di Riad, come trapela dalla capitale dell’Arabia Saudita. Non sappiamo se la jacuzzi è attiva, quale marca di champagne gli abbiano lasciato nel frigobar, se può usare twitter e guardarsi la tv ma sappiamo che dopo l’«antica» (1995) operazione Mediaset, è entrato in forze in Fox, Time Warner e ha la maggioranza di Rotana Group, una delle più importanti media company del Medio Oriente. E poi dicono che sia anche azionista rilevante della catena alberghiera Four Seasons, i famosi hotel con «celle» superlusso. Quando uno ha tanti soldi fa anche della beneficenza; che poi glielo dica il cuore o lo stratega del marketing non è mai chiaro. Sta di fatto che i 10 milioni donati a New York dopo l’11 settembre sarebbero stati rispediti al mittente dall’allora sindaco Rudolph Giuliani. Vero o falso che sia è comunque il termometro di un rapporto di odio-amore con gli Stati Uniti, ricambiato.
In un pomeriggio di fine gennaio 2016 sullo smartphone del principe lampeggiò un tweet con foto: «In caso non sappiate che il co-proprietario di Fox News è il principe saudita Alwaleed, eccolo con la sorella e Megyn Kelly», giornalista di Fox odiata dall’autore del tweet: Donald Trump. Il principe rispose, per altro in uno dei suoi più misurati tweet su Trump, ricordando all’allora candidato presidente le due volte che lo salvò dai debitori (yacht e Plaza). Poi Trump diventò davvero presidente. E la prima tappa del primo viaggio da number one, nel maggio scorso, è stata a Riad. Lì oggi il povero ricchissimo Alwaleed, accusato di corruzione, occupa una suite. Gratis.