La Stampa, 5 novembre 2017
Le piogge spengono l’incubo roghi. Ma le falde rimangono impoverite
Finalmente, la pioggia. La perturbazione atlantica giunta ieri sera sul Nord-Ovest sta dispensando l’acqua tanto attesa, che stempera un lungo periodo di siccità. Il Piemonte occidentale, funestato dagli incendi boschivi delle ultime due settimane, sarà in realtà una delle zone meno interessate del Nord Italia, e almeno per adesso si dovrà accontentare di circa 20 millimetri d’acqua tra stanotte e stamattina, quanto basta tuttavia per impedire lo sviluppo di nuovi roghi e per permettere la semina e la germinazione del frumento in pianura.
Scrosci più intensi e potenzialmente causa di qualche locale dissesto sono invece in corso tra Genovesato, Spezzino e alta Toscana, e piogge abbondanti accompagnate da folate di scirocco si estenderanno nel pomeriggio pure a tutta la fascia prealpina dal Lago Maggiore al Friuli, dove entro sera potranno totalizzarsi anche oltre 100 mm di precipitazione. La protezione civile ha lanciato l’allerta arancione sui settori centrali della Liguria, rossa domani in Veneto e arancione in Liguria e Lombardia, Milano inclusa.
Sulle Alpi scenderà anche la prima neve d’autunno, dapprima oltre i 1700 metri in Piemonte e Val d’Aosta e più copiosa sopra i 2000 m dalla Lombardia alle Dolomiti, poi in calo fin verso i 1000 metri domani su tutto l’arco alpino. Questa perturbazione è abbastanza rapida e la sua parte più attiva si allontanerà già domani mattina, per cui, per quanto intensa, in generale non avrà il tempo di provocare piene pericolose dei fiumi principali tra la Lombardia e il Nord-Est, tuttavia la prossima notte sarà bene restare vigili per il rapido ingrossamento di torrenti minori o piccole frane sulle zone montane e pedemontane di Veneto e Friuli.
Inoltre, qualche rovescio o temporale forte potrà colpire anche le regioni tirreniche tra questo pomeriggio e stanotte, in trasferimento domani al Sud. Ma un po’ tutta la settimana passerà all’insegna della bassa pressione, di aria fredda e nuove occasioni di piogge e nevicate in montagna.
Un vero sollievo dopo un ottobre tra i più secchi mai vissuti al Nord Italia e sulla fascia tirrenica. A Torino non cadeva una goccia dal 18 settembre, ovvero da 47 giorni, ottobre dunque si è chiuso completamente all’asciutto, fatto che in oltre due secoli di osservazioni era capitato solo nel 1921. Ma la siccità non ha scherzato nemmeno al Nord-Est – in Veneto sono piovuti appena 23 millimetri d’acqua in media nel mese, con un deficit dell’80 per cento rispetto al normale – e in Toscana, per Prato è stato l’ottobre più secco in un secolo con soli 4 mm caduti.
Anomalie che peraltro hanno radici lontane, perché a parte una temporanea attenuazione in settembre su molte regioni italiane, la carenza di precipitazioni – associata a temperature troppo elevate – si trascina da quasi un anno. In Emilia-Romagna, altra regione particolarmente penalizzata, spicca la statistica di Parma, che negli ultimi dodici mesi ha raccolto solamente 416 millimetri, la metà del normale e a un soffio dal precedente primato bisecolare di 404 mm nello stesso periodo tra il 1948 e il 1949.
Le piogge di questi giorni non potranno risolvere subito la situazione rimpinguando le falde impoverite da mesi di siccità, ma – oltre a spegnere gli incendi piemontesi – rappresentano per lo meno una svolta nella configurazione meteorologica a grande scala con la rimozione del tenace blocco anticiclonico. Speriamo che nei prossimi mesi invernali si possa via via ripianare il deficit idrico, ma – se ciò avverrà – non sarà facile recuperare con equilibrio senza che qua o là non scappi qualche guaio alluvionale.
Perché l’Italia, ormai lo sappiamo, è un Paese dal territorio fragile, un po’ per natura, un po’ per colpa nostra, e non si fa in tempo a finire di parlare di siccità, che già ci si ritrova con i piedi nel fango.