il Fatto Quotidiano, 5 novembre 2017
Il Rosatellum e le bugie di chi lo ha proposto. Un breve vademecum
Il cosiddetto “Rosatellum” è il sistema con cui voteremo nel 2018. Funziona, all’ingrosso, così: assegna circa un terzo dei seggi in collegi uninominali e il resto in listini bloccati proporzionali (fino a 4 nomi alla Camera, fino a 8 in Senato). Non c’è, com’era per il Mattarellum, il voto disgiunto tra collegio e liste. La soglia di sbarramento per ottenere eletti è il 3% su base nazionale. Esistono anche le coalizioni, ma finte: niente simbolo, né programma, né leader. Attraverso un trucco, però, vengono incentivate le “liste civetta” per accentuare l’effetto “premio” per i grandi partiti che schierano una coalizione. Su genesi, meccanismo, scopi ed effetti del Rosatellum, i promotori (Pd, Forza Italia, Lega e Ap) fanno molta confusione. Ecco una breve verifica delle loro affermazioni.
Necessità/1. “Il Parlamento vuole avere una legge elettorale? Ora o mai più: sarebbe un dramma un Paese al voto senza legge elettorale” (Ettore Rosato, 11 ottobre) “Il senso del voto che stiamo per dare va oltre l’interesse dei nostri partiti e riguarda, invece, il funzionamento di democrazia e Parlamento, che non si può permettere la casualità di due leggi così diverse da rendere impossibile una composizione omogenea delle Camere” (Luigi Zanda, 26 ottobre).
In realtà la legge c’era già (il Consultellum) e il Rosatellum la cambia. C’era per il motivo, spiegato più volte dalla Consulta, che il Parlamento è organo necessario e dunque il Paese non può mai stare senza legge elettorale, nonostante la scelta arrogante del 2015 di fare una legge (l’Italicum) valida solo per la Camera. Ora andavano solo armonizzati i due sistemi, onde evitare di intervenire in prossimità delle elezioni (lo vieta il Consiglio d’Europa).
Necessità/2. “Il Consiglio d’Europa ci invita a non cambiare la legge elettorale prima del voto e io condivido. Ma noi non la cambiamo: la facciamo. È una necessità, non una volontà” (Rosato, 11 ottobre).
Non per necessità, ma per volontà (e convenienza) di alcuni partiti. Come ha scritto il costituzionalista Andrea Pertici si sarebbero potute armonizzare le leggi elettorali di Camera e Senato (“create” dalle sentenze con cui la Consulta bocciò prima il Porcellum e poi l’Italicum) in poche mosse: via il premio di maggioranza alla Camera; via le coalizioni in Senato; soglia di sbarramento unica; via i capilista bloccati; riduzione delle candidature plurime; collegi del Senato analoghi a quelli già indicati per la Camera.
Nominati/1. “Con il Rosatellum 2.0 sarà un Parlamento per due terzi composto da nominati? Non è vero, è un sistema che prevede i collegi e fa scegliere direttamente i cittadini” (Gennaro Migliore, 6 ottobre).
“La verità contro le menzogne: col Porcellum scelgono i capi partito, col Rosatellum scelgono gli italiani” (Emanuele Fiano, 11 ottobre, ritwitta le slide del Pd).
È pacifico che 2/3 dei parlamentari saranno eletti in liste bloccate, cioè scelti dai capi dei partiti (che in effetti sono italiani, forse intendono questo).
Nominati/2. “Niente nominati: l’elettore conosce i nomi dei candidati perché sono stampati sulla scheda e li sceglie lui. Come nel Mattarellum” (Rosato, 11 ottobre).
A che serve conoscere i nomi stampati sulla scheda nelle varie liste, se poi non si può mettere la croce su quello che si vuole eleggere? Nel Mattarellum, peraltro, le schede erano due: una per il collegio, una per il proporzionale.
Scheda. “I cittadini potranno scegliere il proprio deputato e il proprio senatore perché ci sarà una scheda in cui si sa chi si elegge” (Matteo Renzi, 19 ottobre).
In realtà non è vero neanche questo. Nel Rosatellum l’elettore ha un solo voto: se barra il nome di Tizio nel collegio maggioritario, nel proporzionale deve per forza barrare una delle liste che lo sostengono; e, se non barra alcuna lista, il voto che ha dato al candidato va automaticamente ai partiti di quella coalizione. E viceversa. Cioè il voto viene utilizzato, a insaputa dell’elettore, per mandare in Parlamento candidati che lui non ha mai indicato. Non solo: i voti di chi non conquista il collegio maggioritario se li spartiscono i candidati delle liste proporzionali. Tu credi di aver votato Tizio e invece fai eleggere Caio e Sempronio, forse persino in un altro collegio grazie ai cosiddetti “resti”.
Mattarellum. “Se non si vogliono alleanze farlocche, non si propone il voto disgiunto. Il Rosatellum per un terzo ripristina un rapporto diretto tra eletti ed elettori. Gli altri sono in lista esattamente come lo erano nel Mattarellum” (Piero Fassino, 25 ottobre).
Nel Mattarellum e nel sistema tedesco (modelli misti proporzionali-maggioritari) l’elettore dà due voti: sceglie il candidato che preferisce nel suo collegio (quota maggioritaria) e la lista che più gli aggrada nella sua circoscrizione (quota proporzionale). Nel Mattarellum il cittadino aveva due schede e, peraltro, eleggeva col maggioritario il 75% dei parlamentari, non il 25%.
Voto disgiunto. “Lo fa al massimo l’1% degli elettori. È solo un tecnicismo” (Renzi, 14 ottobre).
Da dove spunti la percentuale dell’1% è un mistero. Perché mai sarebbe un tecnicismo dare all’elettore non una, ma due scelte – com’era nel Mattarellum – anziché obbligarlo a votare il candidato di collegio e una lista che lo sostiene? Incredibile che poi Renzi sostenga: “Avevo dato la mia disponibilità a introdurlo”, solo che non s’è potuto perché “avremmo portato la guerra in casa del centrodestra”. E non sia mai che si disturbi Berlusconi.
Verdini. “Viene tirato in ballo per tutto. Se abbiamo le unioni civili è grazie a lui” (Renzi, 14 ottobre).
In realtà sulle unioni civili l’appoggio di Verdini fu superfluo e invece è stato davvero determinante in Senato per far passare la legge elettorale: senza i verdiniani sarebbe mancato il numero legale. Peraltro nel Rosatellum è finita una vecchia promessa fatta proprio a Verdini: la possibilità per i residenti in Italia di candidarsi all’estero.
Fiducia/1. “Trovo infondate e strumentali le critiche di chi mi accusa di non aver impedito al Governo di porre la fiducia” (Laura Boldrini, 13 ottobre); “La legge elettorale non è un vestito di Arlecchino: non si può togliere l’articolo 1, tenere il 2 e poi togliere il 3 perché viene fuori un pasticcio. La legge elettorale deve avere una sua organicità, non si può sottoporre al procedimento legislativo di una normale legge” (Fassino, 12 ottobre 2017).
I voti di fiducia sul Rosatellum tra Camera e Senato sono stati ben otto. Dice la Costituzione (art. 72): “La procedura normale di esame e approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale.” Anche dai regolamenti parlamentari, come notano molti giuristi, si evince uno speciale trattamento per le leggi elettorali: il tempo di discussione è più ampio del normale e non può essere compresso, è vietata l’approvazione in commissione, è obbligatoria la discussione articolo per articolo (capito Fassino?). Paradossale che nelle Giunte per il Regolamento di Camera e Senato siano anche depositate proposte unanimi per vietare esplicitamente la fiducia per le leggi elettorali.
Fiducia/2. “Non penso che la fiducia possa inficiare il giudizio sulla legge. La fiducia l’ha messa De Gasperi sulla legge elettorale. Tra Di Maio e De Gasperi so da che parte stare…” (Renzi, 26 ottobre).
Come ha detto il costituzionalista Gaetano Azzariti: “La legge Acerbo non fa precedente e nemmeno la cosiddetta ‘legge truffa’ del 1953, durante il governo De Gasperi. In quel caso si dimise il presidente del Senato Giuseppe Paratore e si scrisse che quel voto non creava precedente”. C’è stato un peggioramento anche rispetto ai voti di fiducia sull’Italicum perché in quel caso la decisione fu presa “per impedire l’ostruzionismo che a sua volta impediva la votazione di una legge fondamentale. Invece la fiducia sul Rosatellum è stata posta perché la maggioranza aveva il terrore dei voti segreti e quindi ha impedito il regolamentare procedimento”. Laura Boldrini e Pietro Grasso potevano impedirlo.
Fiducia/3. “Abbiamo dovuto ricorrere allo strumento parlamentare straordinario della fiducia – legittimo, previsto dal regolamento parlamentare e approvato dalla Consulta sull’Italicum – per superare l’uso legittimo ma strumentale di un altro istituto: 120 voti segreti” (Rosato, 11 ottobre).
Leggere le sentenze prima di citarle è una buona abitudine: la Consulta non si è mai pronunciata sulla fiducia imposta dal governo sull’Italicum, tanto è vero che alcuni parlamentari hanno già presentato ricorso alla Corte proprio per l’uso della fiducia sul Rosatellum.
Referendum. “Il Rosatellum è un passo avanti. Non sono entusiasta, naturalmente, perché il 4 dicembre è stato sconfitto il nostro modello istituzionale e il ballottaggio che garantiva la governabilità” (Renzi, 14 ottobre).
Rosato non legge le sentenze e Renzi non capisce i referendum. Il 4 dicembre è stata “sconfitta” la sua riforma costituzionale, mentre il ballottaggio è stato “sconfitto” il 24 gennaio 2017 dalla Consulta che lo ha ritenuto incostituzionale.
A chi serve. “Questa legge è molto neutra: non aiuta il Pd, non moltiplica i suoi voti e non dimezza altri partiti. Trasforma solo i voti in seggi” (Rosato, 11 ottobre).
Solo il proporzionale puro trasforma i voti in seggi con passabile correttezza, tutti gli altri sistemi no. Il Rosatellum – per di più – è pensato per favorire Pd, Forza Italia e Lega e sfavorire 5 Stelle e sinistra anti-Renzi: 1)il sistema premia le coalizioni sia in sé, sia attraverso il trucco del voto unico collegi-liste bloccate 2) incentiva le liste civetta: se la soglia per ottenere seggi è il 3%, infatti, quella perché le coalizioni possano spartirsi i voti di una lista è solo l’1% (350mila voti circa). Il problema vero del Pd è che questa legge – pensata per moltiplicare i voti dei grandi partiti e consentire le larghe intese Pd-FI – potrebbe far vincere il centrodestra: Berlusconi da tempo sta creando liste civetta tipo il Partito animalista (per i sondaggi è all’1%) e Renzi invece non ha ancora alleati.