Il Sole 24 Ore, 5 novembre 2017
Signora della radioattività. Marie Curie (1867-1934)
Alla fine del 1891 una ragazza polacca di nome Maria Salomea Sklodowska arriva a Parigi con l’intenzione di studiare scienze alla Sorbona. Proveniente da una famiglia borghese di Varsavia, si è formata in un ambiente culturale positivista, permeato di fiducia nel progresso scientifico e di valori democratici ed egualitari. Per accedere all’università è costretta a emigrare, perché in Polonia le donne non sono ancora ammesse agli studi superiori. Nella capitale francese, in meno di due anni, si laurea in fisica, risultando prima in graduatoria, e poi anche in matematica. Inizialmente il suo proposito è di tornare in patria, ma la passione per la ricerca e l’amore per un uomo le fanno cambiare idea. Sposando nel 1895 Pierre Curie, uno scienziato parigino di qualche anno più grande di lei, ne assume il cognome e francesizza il proprio nome in Marie. Inizia così una vicenda umana e scientifica straordinaria, dai contorni mitici.
Il centocinquantesimo anniversario della nascita di Marie Curie, che verrà celebrato il 7 novembre, è l’occasione per ripercorrere la vita e l’opera di questa donna eccezionale, la più grande scienziata del Novecento. Ci aiuta un’agile e bella biografia scritta dallo storico della scienza Marco Ciardi, che ha il merito di mettere in luce, accanto alle conquiste scientifiche di Madame Curie, i tratti fondamentali della sua figura: la tenacia, l’integrità intellettuale, la modernità di pensiero. Marie Curie è stata la scienziata dei primati: la prima donna insignita del Nobel (nel 1903, assieme a Pierre) e la prima persona ad averne ricevuti due (il secondo, da sola, nel 1911). La morte, sopraggiunta nel 1934, la privò della soddisfazione di vedere premiata a Stoccolma, l’anno seguente, un’altra coppia di coniugi scienziati, entrambi suoi allievi: la figlia Irène e il genero Frédéric Joliot. Il suo ultimo primato, postumo, risale al 1995, quando è diventata la prima donna a essere sepolta al Panthéon di Parigi, tra i Grandi di Francia. Ma proprio il suo essere donna (per di più di origine straniera) le costò caro, sbarrandole le porte dell’Accademia delle Scienze e rallentando la sua carriera universitaria (divenne titolare di cattedra alla Sorbona solo nel 1908, ben cinque anni dopo il Nobel). Ai pregiudizi e alle ostilità rispose sempre con un’arma formidabile, la determinazione, e con l’esempio di una totale dedizione al lavoro scientifico.
La fama di Marie Curie è legata allo studio della radioattività e alla scoperta del radio e del polonio, frutto di un lavoro metodico di ricerca condotto assieme a Pierre con mezzi limitatissimi (il loro laboratorio, un capannone semispoglio, diventerà il simbolo di una scienza romantica ormai in via di estinzione). Tre anni dopo l’alloro del Nobel, nel 1906, l’équipe famigliare dei Curie si sciolse drammaticamente, a causa della morte di Pierre in un incidente. Marie si ritrovò da sola, con due bambine, e senza ancora un posto stabile in università. Proseguì con ostinazione le ricerche, cominciò a sviluppare le applicazioni mediche della radioattività, educò le figlie alla scienza con un approccio innovativo – poche nozioni e molti esperimenti.
Nel 1911 partecipò al primo Convegno Solvay a Bruxelles e in quell’occasione conobbe Albert Einstein: lei già famosissima, lui al suo esordio nella comunità scientifica internazionale. Fu l’inizio di una grande amicizia, tra due personaggi per molti aspetti simili e destinati a diventare le icone scientifiche del secolo. Subito dopo il congresso, Marie ricevette la notizia del secondo Nobel, ma la gioia fu oscurata da una violenta campagna denigratoria messa in atto da alcuni giornali conservatori, che erano venuti in possesso della sua corrispondenza privata con il fisico Paul Langevin, con cui aveva avuto una breve relazione. Gli ambienti bigotti e xenofobi la attaccarono vergognosamente e un autorevole accademico di Stoccolma, il chimico Svante Arrhenius, le chiese addirittura di rinunciare al Nobel. Ma gli amici (e lo stesso fratello di Pierre, Jacques) fecero quadrato attorno a lei e la difesero strenuamente. Einstein le inviò una lettera affettuosa invitandola a ignorare le infamie dei giornali e a lasciarle «ai rettili per cui sono state concepite».
Ciardi dà il dovuto spazio anche ad aspetti meno noti della biografia di Madame Curie, per esempio il suo rapporto con i colleghi italiani. Un episodio, in particolare, ha una certa rilevanza: la visita della grande scienziata in Italia nell’estate del 1918, a guerra ancora in corso (su invito di Vito Volterra). Nel corso di alcune settimane, Madame Curie esaminò le sorgenti radioattive del nostro Paese, dal Piemonte alla Campania, e ebbe modo di incontrare Orso Mario Corbino, direttore dell’Istituto di Fisica di Roma. Qualche anno dopo, Corbino, divenuto ministro dell’Economia, istituì in via Panisperna l’Ufficio del radio, che si sarebbe rivelato determinante per le ricerche di Fermi e collaboratori sulla radioattività artificiale.
Memore delle ristrettezze in cui lei e Pierre avevano dovuto operare al tempo dei loro primi studi, Marie Curie si sforzò in tutti i modi di sostenere il lavoro dei giovani ricercatori, affinché non fossero costretti, per conquistare i mezzi strettamente necessari, «a sprecare la loro giovinezza e le loro forze affannandosi quotidianamente». «Qual è l’interesse della società?», scrisse negli anni Venti. «Non deve forse favorire lo schiudersi delle vocazioni scientifiche? È dunque tanto ricca da poter sacrificare ciò che le viene offerto? Io credo piuttosto che l’insieme delle attitudini richieste da una vera vocazione scientifica sia una cosa infinitamente preziosa e delicata, un raro tesoro che è criminale e assurdo perdere e sul quale bisogna vegliare con sollecitudine, al fine di dargli tutte le possibilità per potersi schiudere». Parole che suonano quanto mai attuali. Ed è opportunamente intitolato alla scienziata franco-polacca il programma europeo di sostegno alla ricerca che ogni anno consente a migliaia di giovani di dedicarsi a quella stessa missione a cui Marie Sklodowska-Curie consacrò tutta la sua vita.
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Marco Ciardi, Marie Curie. La signora dei mondi invisibili, Hoepli, Milano, pagg. 152, € 12,90