Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2017  novembre 05 Domenica calendario

Casetta o villetta? Come ti vendo il bene. Indagine sul lessico immobiliare


La mutazione della lingua negli annunci immobiliari è iniziata già negli anni Settanta. Una lingua che, come quella delle cronache sportive, ha assorbito le novità provenienti dall’esterno, trasformandole in tic verbali. Nelle inserzioni immobiliari di Milano si evidenziavano tutti i comfort mentre di lì a poco sarebbe iniziata l’ambizione per uno stile di vita meno frenetico: l’oasi di verde ai bordi della città.Il tuo prossimo vicino di casa potrebbe essere un pioppo è lo slogan dell’infanzia che più ricordo. Sembrava l’incipit di una fiaba inquietante. Questo pioppo si trovava a venti minuti dalla città, ma la casa e il pioppo in verità distavano più di venti minuti da Milano. Ignoro chi per la prima volta abbia avuto l’idea di scrivere venti minuti e non un quarto d’ora o mezz’ora; al di là dell’informazione menzognera, l’invenzione dei venti minuti — che ancora oggi resiste ostinata, quasi fosse citazione, canone della lingua immobiliare – mi pare geniale: venti minuti dava l’idea di esattezza e affidabilità, di qualcuno che aveva cronometrato con scrupolo, venti minuti era un lasso di tempo troppo preciso per essere falso.Gli annunci immobiliari mediavano la realtà dei luoghi e delle case descritte con la volontà di creare il mondo commerciale, e il mondo commerciale – che pareva l’unico possibile – incontrava e plasmava il desiderio degli acquirenti. Il desiderio degli acquirenti si fondava sull’aspirazione di trovare lacasa della vita, quella definitiva, che avrebbe accompagnato i momenti più importanti dell’esistenza. Poi gli annunci proponevano l’occasione del mese, e allora l’acquirente si trovava di fronte alla domanda: ma l’occasione del mese può essere davvero la mia casa della vita?Le inserzioni creavano una realtà basata sulla comodità, sull’accessibilità, sulla zona in via di sviluppo, sul relax — una parola che suona ormai svuotata più che desueta – e infine sulla identificazione della quotidianità con le ferie. Arrivato a casa ti sembrerà di essere in vacanza. Le case dovevano privilegiare l’ipotetico allargamento dello spazio. Scomparso l’antico tinello, lo spazio si imborghesiva, almeno a parole, coagulandosi intorno a unacucina abitabile, a un ampio soggiorno che radunava su di sé tutta la luce del sistema solare, grazie alla doppia esposizione.Ma se la realtà della lingua immobiliare non bastava per lenire i patimenti della settimana lavorativa, occorreva raddoppiare le aspettative e proporre la seconda casa: al mare, al lago o in montagna. Il vero affare per le immobiliari e le banche non era tanto proporre la seconda casa a chi poteva permettersela, quanto offrirla a chi voleva indebitarsi pur di coronare il sogno indotto da altri. Per acquistarla bastava un minimo anticipo e sottoporsi alle immancabili comode rate di durata indefinita.Nei cinema del Nord, alla fine degli anni Sessanta, i cinegiornali pubblicitari spacciati per informazione – tipo Caleidoscopio Ciac — invogliavano all’acquisto della seconda casa sulla riviera adriatica: proponevano la cosiddetta villetta Nesco, costruita appunto dalla Nesco, una delle società di Michele Sindona. Un attore, nel filmato pubblicitario, fingeva di essere un impiegato e sosteneva di aver risolto “il problema” delle vacanze “acquistando una casetta” ai lidi ferraresi, “completa di tutto”. Nessun annuncio contemporaneo definirebbe casetta un immobile; sarebbe piuttosto una deliziosa soluzione indipendente, o al limite, una soluzione semindipendente ideale per giovani coppie, anche se le coppie sono invecchiate senza rendersene conto, o non esistono più, poiché hanno divorziato. Ma non è la realtà ciò che ciascuno di noi chiede al momento dell’acquisto, semmai una proiezione luminosa, una traccia di luce che riesca ad attraversare lo spazio: pazienza se quella stessa luce creerà l’inevitabile ombra. Per questo motivo, per godere della propria ombra che si allunga su chi sta più in basso, secondo gli annunci immobiliari occorre stare più in alto di tutti, in una posizione dominante. Così le colline dell’entroterra diventano luoghi appetibili alla narrazione degli annunci. In caratteristico borgo, certificato dalla Bandiera arancione, ecco, in unalocation unica, un casale recentemente e totalmente ristrutturato; vendesi come nuovo, raggiungibile attraverso una strada panoramica sterrata con vista sulla vallata, sugli alberi di ulivi e, certo, sull’autostrada. È abbastanza per soddisfare le aspettative del luogo, proiettare sugli ulivi la possibilità di un’esistenza diversa, almeno per poche ore alla settimana, cullati dalla classe energetica A. Gli annunci di questo tipo esaltano le comodità contemporanee e rimandano al mondo agreste: la casa padronale contrapposta alla casa colonica dei mezzadri. Ribadiscono la camera padronale, il bagno padronale; bagno padronale, presente anche in alcuni annunci di appartamenti cittadini, ci proietta nelle commedie cinematografiche degli anni Quaranta e Cinquanta, con il bagno più piccolo a parte, riservato alla cameriera.La lingua degli annunci immobiliari si è uniformata alla parlata del venditore milanese e ha assecondato, o anticipato, la trasformazione sociale ed economica. Lo stabile signorile e la zona esclusiva hanno ancora il loro fascino evocativo. Illoft, ricavato dal recupero di una struttura industriale di inizio Novecento – periodo che nella lingua immobiliare, dopo la ristrutturazione, diventameraviglioso contesto d’epoca o charmoso contesto Vecchia Milano — era uno spazio destinato ad attività artigianale e manifatturiera, dismesso poi a partire dagli anni Ottanta e trasformato in abitazione, con l’inevitabile zona notte soppalcata. A volte assieme a loft è usato open space: si compie così la totale rimozione di ciò che è stato, poiché open space rimanda all’ambito nel quale molto spesso i prossimi proprietari lavorano.Anche nelle inserzioni riguardanti case al Sud resiste a fatica il fittasi; trilocale e quadrilocale sostituiscono tre vani e quattro vani. Ah, antico vano, risalente al Tredicesimo secolo e prima ancora al latino vanum, spazzato via dalla nuova lingua che, soprattutto negli annunci web, diventa sempre più debordante, poiché non riguarda soltanto l’appartamento in vendita, ma anche il gruppo immobiliare che lo propone: storia, anima, valore. Il web offre la possibilità di usare le immagini ingrandendole per evidenziare i dettagli apparentemente più insignificanti: il clown raffigurato nel quadretto appeso al muro, la cyclette abbandonata in un angolo, il programma televisivo trasmesso nel momento in cui l’agente immobiliare ha fotografato il soggiorno. Questi dettagli possono essere occultati, per rendere la casa non tanto più anonima, quanto spersonalizzata. Di questo si occupa il cosiddetto home staging, che elimina gli elementi riconducibili al gusto del proprietario, svolge lavori di piccola manutenzione, toglie accessori, soprammobili, ne aggiunge altri più indicati. L’home staging è narrazione purificata dal passato, dagli sbagli umani, da ciò che abbiamo comprato senza sapere più cosa farcene, e non abbiamo il coraggio di portarlo in discarica. L’home staging trasforma la casa in una via di mezzo tra ciò che è stata con l’attuale proprietario e ciò che potrebbe essere con il prossimo: è un allestimento che spersonalizza per evidenziare le potenzialità della personalizzazione. È importante, poiché una prima selezione immobiliare avviene online, dove l’eventuale gradimento è immediato, ed è possibile verificare le visite e i contatti e quante volte l’annuncio è stato salvato tra i preferiti cliccando sul cuore rosa posizionato sotto il calcolo del mutuo. Un’inserzione di questo tipo può attrarre di più rispetto ai concisi annunci cartacei, come quelli apparsi sulle storiche riviste di annunci: Secondamano a Milano – di cui ricorre il quarantennale – o il quasi coetaneo PortaPortese, a Roma, nato un anno dopo. Ma i dati di popolarità di un annuncio web raggiungono davvero l’obiettivo di vendere o sono uno dei molti mezzi quasi ludici, concessi per immaginarsi fuori da sé stessi?“I venditori sono sempre l’ultima linea di difesa contro la realtà”, diceva nelle sue meticolose meditazioni il personaggio Frank Bascombe, ex giornalista sportivo e poi agente immobiliare, protagonista di alcuni romanzi di Richard Ford. L’agente immobiliare più convincente dovrebbe usare una lingua che indirizzi verso l’acquisto senza enfasi, senza quella pigrizia che caratterizza ogni lingua tecnica, quando si riduce a slang settoriale. Una lingua che abbia l’onestà di affrontare la paura del venditore e quella che si spalanca davanti a ogni acquirente, poiché è insita nel futuro che le mura già conservano. Non a caso una delle locuzioni più chiare e al tempo stesso enigmatiche della lingua degli annunci immobiliari italiani è trattativa riservata, che seleziona gli eventuali compratori proprio grazie all’assenza del prezzo. Credo sia gratificante per chi è conscio di poter passare indenne quella soglia misteriosa. Ma in fondo non dovrebbe sentirsi così speciale. Il prezzo da pagare è una confidenza, un segreto ancora ignoto, come del resto, al di là degli impicci quotidiani, ciò che ciascuno di noi vivrà domattina.