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 2017  novembre 05 Domenica calendario

In volo con Donald per l’Asia ci sono Goldman e Boeing


Dimmi con chi vai… Donald Trump al suo primo viaggio in Estremo Oriente ha deciso “con chi andare”: Goldman Sachs. E ha deciso chi lasciare a casa: il teorico della guerra commerciale contro la Cina, Peter Navarro. La composizione della delegazione americana è un indicatore precoce del tono che può prendere questo viaggio “extra-large”: 12 giorni che portano il presidente americano in visita dal suo alleato economico più ricco (il Giappone), dal suo rivale globale (la Cina), e lungo la linea rossa della nuova tensione nucleare, il 38° parallelo fra le due Coree; più due vertici multilaterali dell’Asia-Pacifico in Vietnam e Filippine.È importante l’identikit dei due pesi massimi che guidano la delegazione imprenditoriale al seguito di Trump. Sono i chief executive di Goldman Sachs (Lloyd Blankfein) e della Boeing (Kevin McAllister), e questo sottolinea una contraddizione. L’agenda economica di questa tournée asiatica dovrebbe spiegare come il sovranista Trump intende riscrivere le regole della globalizzazione. Un anno fa vinse l’elezione promettendo, fra le altre cose, di proteggere i lavoratori e le imprese americane dalla concorrenza sleale dei cinesi.Ma né Goldman Sachs né Boeing hanno bisogno di essere protette. I loro affari con la Cina vanno bene. La finanza di Wall Street e il colosso aeronautico rappresentano due pezzi del capitalismo americano che stanno dalla parte vincente nella globalizzazione. Il fatto che loro siano a fianco di Trump a Pechino, mentre il consigliere sul commercio estero Navarro è stato lasciato a casa, segna la vittoria del clan di Goldman Sachs. In questa tournée asiatica viaggia sull’Air Force One un altro uomo che viene dalla stessa banca di Wall Street, è il capo dei consiglieri economici Gary Cohn che della Goldman Sachs è stato presidente prima di accettare l’incarico alla Casa Bianca.Trump inaugurò il suo governo con un gesto forte: cancellando il trattato di libero scambio Tpp con l’Asia-Pacifico. Doveva essere la prima mossa in una strategia per rinegoziare le regole del commercio mondiale all’insegna della “reciprocità”. È un tema più che legittimo, alla luce dell’immenso avanzo commerciale cinese (310 miliardi di dollari), del protezionismo di Xi, delle asimmetrìe nelle regole. Ma della strategia commerciale di Trump ancora si sa pochissimo ed è questo uno degli interrogativi che lo attendono in tutte le tappe di questo lunghissimo viaggio. Di certo se lui intende dare in appalto questi temi a Goldman Sachs e Boeing, le cose cambieranno poco, e non nel senso auspicato dall’elettorato operaio del Midwest.I protezionisti alla Navarro da tempo puntano l’indice contro alcune incongruità del sistema Wto. Quando la Repubblica popolare cinese venne ammessa nell’organizzazione del commercio mondiale, nel 2001, aveva un’economia da Terzo mondo. Perciò le furono concesse delle agevolazioni. In virtù delle quali, per esempio, il livello dei dazi cinesi è il quintuplo di quelli americani. Inoltre, la Cina può imporre all’investitore straniero in certi settori un socio locale al 50% al quale va trasferito il know how tecnologico. Sono privilegi sempre meno giustificati ora che la Cina è una superpotenza economica e la sua competitività non si basa più solo sul costo del lavoro inferiore. Ma rinegoziare queste regole richiede tempo, determinazione, e tanta competenza. Trump ha notoriamente una capacità di concentrazione limitata. I suoi consiglieri hanno faticato molto per avere la sua attenzione sui dossier del viaggio asiatico. Inoltre, l’escalation di tensione nucleare con la Corea del Nord sembra avere spostato le priorità del presidente. Già nel suo summit casalingo con Xi Jinping a Mar-a-Lago, Trump mise la sordina alle rivendicazioni sulla reciprocità commerciale, e preferì scommettere sul ruolo che Pechino può giocare per disciplinare Pyongyang.Nel frattempo il Giappone, prima tappa di questo viaggio, sta cercando a modo suo di supplire alle carenze di leadership americana. Shinzo Abe, fresco di vittoria elettorale, è interessato a riformare la Costituzione per consentire un riarmo orientato verso due minacce: la Corea del Nord ma anche la Cina. Sul fronte economico il Giappone tenta di fare le veci degli Stati Uniti assumendo una leadership di fatto tra gli 11 paesi firmatari del Tpp (dove manca la Cina). Tokyo teorizza, in funzione di contenimento dell’espansionismo cinese, un’alleanza organica fra tre democrazie dell’area: Giappone, India, Australia.Tra i dettagli di colore, al margine, tutti ricordano che questo viaggio per la sua insolita lunghezza batterà quello che deteneva il record di durata cioè il tour asiatico di Bush padre nel 1992. Che si concluse con un memorabile malore, e Bush senior che vomitò sulla camicia del premier giapponese.