Il Messaggero, 5 novembre 2017
Di Maio sbotta al ristorante: «In sala o noi o i giornalisti»
PALERMO Tre giornalisti cominciano a cenare in un ristorante vuoto. Da Gigi Mangia, salotto di Palermo, a via Principe di Belmonte. Verso mezzanotte entrano Beppe Grillo, Di Maio, Dibba, Casaleggio con il factotum della Casaleggio Associati (Dettori) e stanno per sedersi a un tavolo prenotato per venti. Grillo guarda i tre giornalisti in fondo alla sala e non dice niente. Rocco Casalino, capo della comunicazione M5S, scambia due chiacchiere con i giornalisti. «Che ci fate qui? Almeno si mangia bene in questo posto?». Loro rispondono che il ristorante è buono e che si stanno rilassando dopo una giornata di lavoro. Tutto ok, «buona cena», dice Casalino, non vedendo alcun problema per la serata e per la condivisione dello stesso spazio, anche se la tavolata dei venti è lontana da quella dei tre.
L’INGRESSO
Ma ecco Di Maio. Vede i tre e si irrigidisce. Esce dal locale, confabula con i suoi e poi rientra e dice davanti a tutti: O noi o loro. Ossia: o i giornalisti smammano o noi cambiamo locale. Il ristoratore resta di sasso. Imbarazzatissimo. Avrebbe dovuto dire, rivolto ai nuovi aspiranti potenti: andate via voi, perché i giornalisti sono arrivati prima. Non lo ha fatto, e forse ha sbagliato. Pur essendo una persona con uso di mondo e abituato a trattare con politici e giornalisti.
I grillini vogliono il locale tutto per se stessi. Come se fosse un bistrot della Casaleggio e non un esercizio pubblico. Vogliono mangiare in pieno relax e senza stress, come fa notare uno di loro. I cronisti evidentemente sono indigesti, se non ancora al palato degli aspiranti potenti, alla loro vista.
IN STRADA
I tre capiscono magari sbagliando che, per il bene di tutti, tranne che il proprio, è meglio sgombrare. Insomma vanno via. I grillini si sentono liberati. Casalino sembra l’unico che capisce la volgarità che la sua compagnia ha appena compiuto. «Dovete capire», comunica ai giornalisti ormai in strada: «Luigi (inteso come Di Maio, ndr) è stanco stanco stanco dopo tre mesi di campagna elettorale in Sicilia». A nessuno è permesso di guardarlo nel suo stress da eventuale futuro premier.
E comunque i giornalisti evacuati sembrano in preda a un senso di sconforto verso una politica ridotta a sopraffazione. Da Gigi Mangia, l’ultima notte di campagna elettorale, hanno pasteggiato gli ultimi tre governatori siciliani: Totò Cuffaro, Raffaele Lombardo e Rosario Crocetta. Che sono stati ciò che sono stati ma nessuno di loro si sarebbe sognato di comportarsi come un piccolo viceré chiamato Giggino e attorniato, insieme a Re Beppe, da corte che ha cominciato a sbevazzare ormai padroni del locale.