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 2017  novembre 04 Sabato calendario

Il legale vinceva e i risarcimenti di «Libero» li incassava lui

La casa editrice del quotidiano Libero tenuta ignara nel 2007-2012 di alcune cause legali nelle quali aveva vinto denaro incamerato invece proprio dall’allora suo avvocato: è quanto attesta la sentenza del Tribunale di Milano che in primo grado condanna l’avvocato Vincenzo Vitale (ex magistrato, ex docente della Cattolica, filosofo del diritto, nel 1994 vicecapo di gabinetto del ministero della Giustizia, ex columnist di temi giudiziari su Il Giornale, Libero, Il Giornale di Sicilia ) a 1 anno e 5 mesi per appropriazione indebita e patrocinio infedele, con sospensione condizionale della pena subordinata però all’integrale pagamento di 65.000 euro di provvisionale sui danni da stabilire in sede civile. Il processo nasce dalla denuncia di Alfredo Baldisseri, all’epoca liquidatore della società «Adri srl» (già «Adri spa», già «Vittorio Feltri Editore spa») che appunto editava il quotidiano Libero. Lo stimato avvocato Vitale aveva dal 2001 una procura alle liti in bianco, che per un compenso globale di 10.000 euro al mese gli dava il potere di firmare transazioni e riscuotere denaro per conto della società editrice nelle cause legali del giornale. Quando però la «Adri» cede l’azienda e i diritti editoriali sul quotidiano Libero, con la nuova gestione inizia un rimpallo di pretese e recriminazioni, e i nuovi avvocati Comanducci e Grassi, lamentando che Vitale rifiuti di consegnare le carte sui processi pendenti, nel 2012 avviano un’autonoma ricerca presso i difensori delle controparti a loro note. Così, quasi per caso, emerge che c’erano stati processi nei quali Libero aveva ottenuto transazioni o restituzioni di risarcimenti che però l’avvocato di Libero aveva incassato sul proprio conto corrente personale senza riversarli alla casa editrice. In aula l’avvocato ha sostenuto di averli trattenuti a compensazione di asseriti mancati pagamenti da «Adri», dicendosi stupito ed indignato per le accuse rivoltegli, e annunciando a sua volta denunce per calunnia. Il giudice Luigi Varanelli ha però ritenuto questa tesi smentita dai documenti in atti, a suo avviso, provanti la «volontà di distrarre le somme percepite dalle controparti processuali della propria assistita Adri, tenendola sistematicamente all’oscuro della gestione del rapporto professionale».