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 2017  novembre 04 Sabato calendario

La fuga dei Comuni che sognano una Regione a statuto speciale

Sappada è a un passo dal rompere gli argini del Veneto e il pericolo è quello di un’alluvione. Il Comune dove nasce il Piave, fiume sacro alla Patria, potrebbe essere il primo a defluire da una regione a statuto ordinario verso una autonoma, il Friuli Venezia Giulia. L’ultimo tassello del complicato iter è il vaglio della Camera dove il provvedimento è in calendario da lunedì (voto finale entro il 14 novembre).
Quando il confine verrà spostato per Sappada anche gli altri Comuni con le valige pronte potranno rivendicare di avere le carte in regola per andarsene. Nei 33 municipi veneti che si trovano ai margini delle province autonome di Trento e Bolzano o della regione Friuli si è già votato per dire addio alla bandiera con il Leone di San Marco. In 18 di questi il quorum, primo passo per scardinare i confini, è stato raggiunto. Quello dei Comuni veneti pronti a fare le valige è il caso più emblematico in Italia ma non è isolato. I municipi dove si è già votato un referendum per cambiare i confini sono in totale 50. A sognare un approdo in una Regione a statuto speciale sono anche i Comuni di Noasca e Carema, che dalla città metropolitana di Torino puntano al trasferimento in Valle d’Aosta, e Magasa e Valvestino, che da Brescia mirano dritti alla provincia di Trento.

Il primo a provare la via del referendum in Italia è stato San Michele al Tagliamento, era il 30 maggio del 2005. Dalla provincia di Venezia puntava a quella di Pordenone, in Friuli. I quasi 5000 sì non sono però bastati al raggiungimento del quorum. Poco dopo è stata la volta di Lamon, pronto a dire addio a Belluno per trasferirsi a Trento. In questo caso il sì ha vinto a mani basse. Stesso destino per Cortina, che si è espressa nel 2007, e per i due comuni piemontesi, Noasca e Carema. Il 10 marzo del 2008 tocca invece a Sappada. Nella località turistica che da Belluno vuole trasferirsi a Udine vincono i sì e parte l’iter che lunedì è approdato alla commissione Affari costituzionali strappando il nulla osta per il voto della Camera. Dopo il referendum il consiglio comunale e il consiglio regionale Veneto prendono atto della volontà degli elettori. Il consiglio regionale friulano si dice pronto a riprendersi quello che era suo fino al 1852. I sogni di Plodn, come viene chiamata in dialetto (Sappada è un’isola linguistica germanofona), sembrano destinati a incagliarsi nei lavori del Parlamento, assieme a quelli degli altri comuni che pure hanno avviato prima l’iter. Pressing e convergenze trasversali di fine legislatura creano però le condizioni per arrivare a mettere in calendario il voto finale, sorpassando anche i Comuni partiti prima.
Il motivo per cui tutti sognano che casa propria finisca in una regione a Statuto autonomo è facile da intuire: se Trento e Bolzano trattengono il 90 per cento delle tasse, regioni come Veneto, Piemonte e Lombardia si fermano al 20. Così capita che in Trentino una mamma che lavora abbia diritto ad un bonus mensile e che gli assegni familiari erogati dalla Provincia autonoma siano molto più pesanti di quelli percepiti da chi vive in una regione a statuto ordinario. Senza dimenticare gli sconti sulla tassa per i rifiuti o il vero nodo cruciale: le opere pubbliche e gli investimenti in manutenzioni.
La convenienza economica non è comunque l’unico requisito per sognare di cambiare regione. L’Alta Valmarecchia (sette Comuni in totale), con un referendum nel 2006, è riuscita a passare dalle Marche all’Emilia Romagna, e al momento è l’unico caso in Italia. Altri ci sperano ancora: Montecopiolo e Sassofeltrio hanno le carte in regola per passare all’Emilia a cui sono legati per storia e tradizioni. Nonostante gli esiti dei referendum l’iter è però fermo in Parlamento. Per questo il caso di Sappada rischia di assumere una veste importante: una volta trasferiti i confini della sorgente del Piave, per spostare il resto potrebbe bastare adeguarsi alla corrente.