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 2017  novembre 03 Venerdì calendario

L’amaca

Nata nel segno di una giustissima causa, la campagna contro gli abusi sessuali negli Usa sta rapidamente prendendo le forme (grottesche) della ossessione fobica. Un maccartismo da cerniera lampo che confonde in un solo ingestibile calderone lo stupro e la proposta sporcacciona, l’offesa che lascia cicatrici e la volgarità che rende ridicolo il suo latore. Ne trae vantaggio, come sempre accade, l’innocentismo peloso, che tende a declassare tutta la faccenda a commedia, o a veniale pratica di carriera. Ma il grosso produttore (grosso in tutti i sensi) che sottomette l’attrice, con doppia prevaricazione, di potere e di mole fisica, non è la stessa cosa del molestatore verbale, o del cafone che avendo alzato il gomito alza anche la mano, e basta poco a rimetterlo al suo posto. E in mezzo ci sono decine di gradi intermedi dell’intimidazione e dell’imbarazzo.
L’umano è complicato, e sbarazzarsi di questa complicazione è lo scopo principale del censore, del moralista, del purificatore. È lui, il moralista, il complice fedele dell’immorale. Quando il moralista avrà finito di urlare e alzare polveroni, l’immorale dirà: «Vedete? Era solo una montatura». Ricomincerà a fare i suoi comodi. E le vittime a chinare la testa.