La Stampa, 3 novembre 2017
Roberto D’Agostino: «Rottamiamo la tv sta arrivando la rivoluzione dell’esperienza multitasking»
Fiume in piena è un’espressione che ben descrive l’immagine che Roberto D’Agostino proietta di sé all’esterno. Non è che contenga moltitudini: è moltitudini. È l’autore televisivo che inizia a farsi largo nella Rai degli Anni Settanta. È lo stralunato esperto di look scaravoltato sul divano di Arbore. È il minaccioso ospite dei programmi televisivi degli Anni Novanta. È il temutissimo collettore di notizie e retroscena che ha fatto del suo Dagospia uno dei primi siti da guardare per sbirciare che succede qui e lì.
Oggi è l’ideatore di Dago in the Sky, il progetto in dieci puntate che Sky Arte manda in onda da martedì per dieci puntate fino al 9 gennaio prossimo. «Tutto è nato da una proposta di Sky e dal fatto che guardando la televisione tutto mi sembrava fermo al secolo scorso – spiega D’Agostino -. Nessuna novità, un linguaggio fermo da trent’anni, nessuna rottamazione».
Che fa l’85 per cento?
Il centro del progetto è proprio un’operazione sul linguaggio televisivo: «Quando vedo che si scaldano tanto per trasmissioni che fanno il 15% di ascolti, io mi chiedo sempre, ma che fanno quegli altri 85% che non l’hanno guardata? Sono andati verso nuove forme di intrattenimento, altri strumenti. Oggi si guarda la televisione come sottofondo, come una radio, perché davanti agli occhi c’è lo smartphone». E quello che succede dentro lo schermo di un telefono è completamente diverso: «Siamo di fronte a un’esplosione digitale. Il cambiamento è talmente continuo e veloce che non riusciamo ad accorgerci di come stia avvenendo. Ne parliamo nella prima puntata con il direttore de La Stampa, Maurizio Molinari: siamo alla vigilia di una rivoluzione che popolerà le nostre vite di robot e intelligenze artificiali».
Dago in the Sky procede in maniera diametralmente opposta rispetto a un programma tradizionale. La narrazione verbale dialoga, prende ritmo e forma seguendo il montaggio delle immagini, la loro costruzione. Immagini che non sono didascalia alle parole ma le formano, sono un tutt’uno: «La nostra intenzione è quella di dare vita al “pensiero visivo”. Le informazioni, gli approfondimenti, le idee devono concretizzarsi attraverso le immagini. Nella comunicazione contemporanea è fondamentale non occuparsi solamente del “che cosa” ma anche del “come”».
Del resto è quello che succede nella fruizione normale dei media da parte degli utenti, sempre più personalizzata, sempre più tagliata, definita: «È come un millefoglie, ci sono diversi livelli, diversi strati. Ognuno vede all’interno di un prodotto complesso quei livelli che riesce a comprendere. Le immagini e la narrazione verbale si fondono per portare chi guarda a un’esperienza multitasking».
Quale mondo si racconta in queste dieci puntate? «Quello che abbiamo appena iniziato a vivere, quello che è lì dietro e stiamo per vedere. La tecnologia è l’ideologia di questo secolo e la costruzione di se stessi è al centro di ognuna delle nostre esistenze. Siamo di fronte all’insostenibile narcisismo dell’essere».