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 2017  novembre 02 Giovedì calendario

Nadal chiude l’anno da numero 1 del tennis mondiale

A pesca. Rafa Nadal dovrebbe essere su una barca al largo dell’amata Maiorca a insidiare tonni e merluzzi. Furono parole sue, del resto, a immaginare lo scenario: «Quando vinsi il Roland Garros del 2006, mi chiesero come mi sarei visto a trent’anni. Risposi che avrei trascorso tutto il tempo a casa, a pescare con gli amici, ben lontano dal tennis».

L’UOMO DEI RECORD La preveggenza, dunque, non è la dote principale del satanasso mancino di Manacor. Ma bisogna capirlo: un guerriero anela sempre alla battaglia, non rifugge dalle sfide, non s’arrende al tempo ma anzi vuole domarlo, anche quando il fisico chiede ristoro dopo mille e mille fatiche. Così, a 31 anni suonati, Rafael Nadal Parera non soltanto non è in mezzo al Mediterraneo con una lenza in mano, ma chiuderà la stagione al numero uno del mondo e per la quarta volta in carriera. Nessuno così avanti con l’età, da quando il computer regola il ranking Atp, ha terminato l’anno con il primo posto in classifica. E nessuno è mai riuscito a risalire in vetta a fine annata per tre volte dopo averla abbandonata: solo Lendl, Federer e Djokovic hanno recuperato il vertice, ma in una sola occasione. Allo spagnolo bastava vincere una partita per la certezza, e a Bercy timbra il cartellino stoppando le giovani velleità del coreano Chung, che vedremo la settimana prossima alle Next Gen Finals di Milano. A gennaio, era numero 9 del mondo (solo Roddick nel 2003 fece meglio, da 10 a 1), ma soprattutto conviveva con il dubbio che l’infortunio al polso sinistro, da cui era comunque guarito, gli avesse sottratto per sempre la linfa vitale: «Allora, era impossibile per me pensare a un traguardo del genere, arrivavo da un periodo molto difficile in cui non avevo toccato il campo, ho passato due anni a gestire gli infortuni piuttosto che a giocare. Questo risultato significa molto perché non era un obiettivo. E poi dopo quasi dieci anni ha il sapore di un’impresa».

SALUTE Un primato costruito con la solita, inavvicinabile e inimitabile stagione sul rosso (vincere dieci volte il Roland Garros è qualcosa che toglie il fiato oggi e per sempre), ma poi consolidato con lo straordinario rendimento sul cemento, come nel 2008, appunto l’anno in cui, il 18 agosto, conobbe la cima per la prima volta. E, a differenza delle previsioni ittiche, gli va dato atto che sulla rinascita legata alla salute è sempre stato buon profeta: «Non è solo un problema di superfici. Se stai bene, ti alleni bene. E se ti alleni bene, vinci le partite. E se vinci le partite, aumenta la fiducia in te stesso e la consapevolezza che il lavoro paga. Ci sono stati momenti in cui, davanti allo specchio, credevo di meno nelle mie possibilità».
 
PASSIONE E poi c’è il quid che solo i fenomeni aggiungono al talento innato: «È la passione per quello che fai, è la mentalità con cui ti svegli al mattino e che ti fa avere le giuste motivazioni per migliorare ogni giorno. Non tutti le possiedono. Ed è vero che adesso scendo di più a rete, ma perché ho di nuovo reso solide le basi del mio gioco da fondo. E se comando io, poi è più facile prendersi punti facili». Almeno fino al 7 gennaio del 2018, nessuno potrà ambire al suo posto, ma le ultime parole sono il compendio di chi non abdicherà né troppo in fretta né troppo facilmente. L’eterno duello con Federer gli ha fornito dinamite, e poi torneranno Murray e Djokovic. Ma nella testa di Rafa il pensiero del primato durerà lo spazio di una notte. A Bercy, mai vinto, ci sarebbe da inseguire il 31° Masters 1000 (un record) e poi a Londra le Finals sempre sfuggite e mai così appetitose. Soprattutto per chi non smette mai di avere fame.
(Statistiche a cura di Luca Marianantoni)