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 2017  novembre 01 Mercoledì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - DOPO L’ATTENTATO AL WORLD TRADErepubblica.itNEW YORK - Il giorno dopo l’attacco a New York vicino al World Trade Center in cui sono morte otto persone (almeno 11 i feriti), l’America cerca una ragione, oltre al colpevole

APPUNTI PER GAZZETTA - DOPO L’ATTENTATO AL WORLD TRADE

repubblica.it
NEW YORK
- Il giorno dopo l’attacco a New York vicino al World Trade Center in cui sono morte otto persone (almeno 11 i feriti), l’America cerca una ragione, oltre al colpevole. Il vice commissario del New York Police Department John Miller spiega in conferenza stampa che Sayfullo Saipov, il 29enne uzbeko che al volante di un pick-up ha falciato le sue vittime su una pista ciclabile, è entrato negli Stati Uniti nel marzo del 2010 con un visto del Diversity Immigrant Program, come confermato anche dal Dipartimento per la Sicurezza Nazionale. Saipov aveva noleggiato il mezzo un’ora prima dell’attentato e all’interno dell’abitacolo sono stati rinvenuti diversi coltelli. Ferito e catturato dalla polizia, è stato interrogato nel letto al Bellevue Hospital. E’ emerso che l’uomo pianificava l’azione da settimane e infine ha agito "in nome dell’Isis". E avrebbe preparato l’attacco seguendo istruzioni diffuse in rete dallo Stato Islamico.

Saipov, secondo le autorità, ha vissuto di recente a Tampa, in Florida. Sono i media Usa a rilasciare informazioni non ancora ufficiali: si è mostrato abbastanza "collaborativo" dice Abc, "orgoglioso" dell’attacco. E ancora: "Avrei voluto continuare a uccidere", riferisce una fonte alla Cbs. Cnn, citando sue fonti, sostiene che Saipov è entrato a Manhattan dal George Washington Bridge sapendo perfettamente dove poter colpire, ovvero dove non c’erano barriere che potessero fermarlo.

Il vice commissario Miller conferma il recupero a bordo del pick-up di un biglietto scritto a mano, in lingua araba. Il suo contenuto si può riassumere in una frase: "Lo Stato Islamico durerà per sempre". La polizia smentisce quanto scritto dal New York Times, affermando che su Saipov né l’intelligence né l’Fbi avevano mai aperto indagini. Miller aggiunge che è in corso la verifica dei contatti di Saipov, "persone attualmente sotto indagine".

TUTTI I VIDEO SULL’ATTENTATO

A questo punto irrompe il presidente Donald Trump, aggiungendo un dettaglio: "Basta col politically correct nel rispondere al terrorismo. L’attentatore è un animale che ha fatto entrare altra gente negli Usa. Era il punto di contatto di almeno 23 persone. Chiederò al Congresso di porre fine alla lotteria della carta verde". E mentre il presidente pensa di spedire Saipov a Guantanamo, il governatore dello stato di New York, Andrew Cuomo, critica Trump per i tweet contro gli immigrati e contro il senatore Schumer, che con la sua politica sull’immigrazione avrebbe permesso all’uzbeko di entrare negli Usa grazie alla green card vinta alla lotteria. "I suoi tweet non sono di aiuto - le parole di Cuomo -, servono solo a dividerci, quando il il tono dovrebbe essere esattamente all’opposto". Gli fa eco il sindaco Bill de Blasio, l’altra metà della Grande Mela: "L’ultima cosa che il presidente o chiunque dovrebbe fare è politicizzare questa tragedia". In conferenza stampa con Miller, de Blasio e Cuomo riferiscono di non aver ricevuto chiamate da Trump.
 

I have just ordered Homeland Security to step up our already Extreme Vetting Program. Being politically correct is fine, but not for this!

— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 1 novembre 2017
 
LEGGI La tragedia dei 5 argentini insieme trent’anni dopo la maturità

Trump si era subito scagliato contro la "lotteria" della Green Card affermando che gli ingressi devono essere basati solo sul merito. "Il terrorista è entrato nel Paese attraverso il cosiddetto Diversity Immigrant Visa Program, una meraviglia (del senatore democratico, ndr), Chuck Schumer. Io voglio che sia basato sul merito", ha cinguettato. Il senatore Schumer si è difeso, ribaltando l’accusa: "Dopo l’11 Settembre, il presidente George W. Bush unì la nazione invitando i parlamentari alla Casa Bianca e promettendo di lavorare insieme. Trump invece sta orribilmente approfittando della tragedia per politicizzare e dividere. Ma questo non funziona con i newyorkesi e con gli americani".

LE VITTIME (DAL CORRIERE)
Anno 1987: Hernán, Ariel, Diego e altri sette studenti della stessa scuola si diplomano al collegio politecnico di Rosario, in Argentina. Tutti ventenni, o giù di lì, che restano una brigata di amici inseparabili e che - nonostante ognuno poi abbia avuto la sua storia: chi è emigrato, chi è restato, chi ha avuto successo, chi non lo ha avuto - non smetteranno mai di vedersi. Ritrovi, cene, chiacchierate interminabili. Stavolta, per celebrare il trentennale di quell’evento e di un’amicizia inscalfibile, avevano programmato una «zingarata» a New York. La foto di gruppo prima di partire da Rosario e di ricongiungersi nella Grande Mela con chi di loro era già negli States li ritrae sorridenti e allegri in aeroporto. Poi il giro per Manhattan, il noleggio delle bici. E il destino che ha voluto che questo viaggio tra risate, scherzi, bevute e racconti di una vita terminasse incrociando la follia criminale di Sayfullo Saipov che li ha travolti sulla pista ciclabile. Le autorità di Buenos Aires hanno diramato i loro nomi: si tratta di Hernán Mendoza, Diego Angelini, Alejandro Pagnucco, Ariel Erlij e Hernán Ferruchi. Martín Ludovico Marro, un sesto membro del gruppo, è stato ferito. Tra le altre vittime c’è anche un belga, poi studenti del liceo Stuyvesant e personale della stessa scuola.

Nell’attentato ha perso la vita anche Anne-Laure Decadt, 31 anni, belga originaria di Staden, nelle Fiandre occidentali, e madre di un figlio di 3 anni e di uno di 3 mesi. Stava visitando la città in bicicletta insieme alla madre e a due sorelle, che sono rimaste illese. A confermare la notizia della morte è stato il marito Alexander: «Era una moglie fantastica e la più straordinaria delle mamme».

LA GREEN CARD

Il killer aveva vinto la «Lotteria»

«Basta con la Lotteria delle Green Card». Il presidente Trump, all’indomani dell’attentato a Manhattan dove un 29enne uzbeko ha ucciso otto persone e ne ha ferite 12 piombando su una pista ciclabile con un pick up, critica duramente il sistema di permessi di soggiorno americano. «Dobbiamo diventare molto più severi», ha aggiunto annunciando una stretta sul rilascio delle autorizzazioni che ogni anno vengono concesse tramite un sistema casuale che risponde al programma chiamato «Diversity Immigrant Visa». Nonostante lo stesso sindaco di New York Bill de Blasio e il Governatore dell’omonimo Stato Andrew Cuomo gli chiedano di «non politicizzare l’attacco». L’autore dell’attentato si chiama Sayfullo Saipov ed è arrivato negli Stati Uniti nel 2010 da Tashkent, la capitale dell’Uzbekistan. Allora aveva 22 anni e dall’aeroporto di New York, il John Fitzgerald Kennedy, si sposta prima in Ohio, poi in Florida e infine nel New Jersey. Infine si trasferisce nella città di Paterson, dove lavora come autista di Uber. L’uomo era conosciuto dalle forze dell’ordine a causa di un’indagine del 2015 relativa al terrorismo ed era stato interrogato per possibili contatti. E comunque aveva ottenuto tramite il programma «Diversity Immigrant Visa» la Green Card, necessaria per risiedere negli Usa così come per viaggiare da uno Stato all’altro. Ma come funziona la «lotteria» che permette a cittadini stranieri di vivere negli Usa e che Trump vuole modificare?

Cos’è la Green Card

La Green Card è il permesso di soggiorno permanente necessario per vivere negli Stati Uniti se non si ha la cittadinanza. La si può ottenere attraverso un contratto di lavoro all’interno dei confini, uno status familiare oppure tramite la Lotteria. Dopo averla ottenuta, dura per dieci anni. Alla scadenza bisogna avviare la procedura di rinnovo oppure la pratica per chiedere la cittadinanza.

Cos’è il Diversity Immigrant Visa Program

Il «Diversity Immigrant Visa Program», o «Green Card Lottery», è un programma del Dipartimento di Stato americano che concede il permesso di soggiorno permanente a 50mila immigrati ogni anno attraverso una selezione tra coloro che sono entrati nel Paese e coloro che vorrebbero trasferirsi (la maggior parte). E che provengono da Stati e i cui cittadini storicamente hanno un basso tasso di immigrazione negli Usa. Il programma è stato creato nel 1990 ed è diventato legge con la firma dell’ex presidente George H.W. Bush, anche lui repubblicano. Iscriversi a «tentare la fortuna» è gratuito ma bisogna essere idonei a una serie di requisiti per poter «vincere». I visti sono distribuiti in sei aree geografiche — Africa, Asia, Europa, Nord America, Oceania e Sud America, America Centrale e Caraibi — e nessun Paese può riceverne oltre il 7 per cento tra quelli disponibili ogni anno.

I requisiti

La registrazione viene avviata due anni prima. E sono aperte per un limitato periodo di tempo. Per il 2019, ad esempio, il programma è disponibile dal 18 ottobre 2017 fino al 22 novembre. La procedura è tutta online sul sito «Electronic Diversity Visa». Servono alcuni requisiti: bisogna intanto essere cittadini dei Paesi che possono partecipare alla lotteria. Poi bisogna dimostrare di avere concluso il percorso di studi di 12 anni, ovvero fino al completamento dell’istruzione secondaria. Oppure aver fatto almeno due anni di esperienza lavorativa (negli ultimi 5 anni) che richieda un addestramento in una professione specifica. Alla fine della procedura viene dato un numero identificativo che servirà poi per sapere se si è stati selezionati.

La selezione

La selezione dei «vincitori» è completamente casuale e segue solo la suddivisione delle sei regioni in cui sono suddivisi gli Stati i cui cittadini hanno diritto a partecipare. I risultati iniziano ad essere pubblicati di solito verso inizio maggio. Aver successo alla lotteria non significa automaticamente ottenere la Green Card. Viene compilata una lista di attesa di 125mila nomi, di cui solo 50mila otterranno il permesso di soggiorno. I primi in «classifica» hanno la precedenza. La maggior parte saranno persone che non vivono ancora negli Stati Uniti e dovranno seguire un secondo processo al consolato americano. Iscriversi insieme ad altri membri della propria famiglia aumenta le possibilità di essere scelti.

I numeri

Nel 2015 erano 9,4 milioni i partecipanti. Ma il record è stato raggiunto nel 2010: 15 milioni di persone hanno fatto richiesta per la Green Card. Per quanto riguarda l’Italia, nelle liste pubblicate nel 2017 compiono 546 cittadini del nostro Paese. Il numero più alto degli ultimi anni risale al 2014, quando 779 persone hanno ottenuto il permesso di soggiorno. Molto più alte le cifre dell’Uzbekistan, da cui proviene l’attentatore di New York. Da quando è sbarcato negli Stati Uniti, nel 2010, hanno avuto la Green Card un totale di 37.669 partecipanti uzbechi.

Come Trump vuole modificarlo

Trump ha dichiarato di voler modificare il programma di Lotteria. Serve «un controllo molto accurato», aveva già detto durante la campagna elettorale. Lo ha ribadito all’indomani dell’attentato a New York proponendo un nuovo programma che si basi sul merito e non sul caso. Già aveva introdotto il molto discusso Muslim Ban, una restrizione dei permessi d’ingresso per i cittadini di cinque Paesi a maggioranza musulmana: il caso è ancora in discussione alla Corte Suprema. Il presidente si è detto d’accordo con un disegno di legge firmato da due repubblicani che propone di cancellare il sistema. Il «Raise Act» dei senatori Tom Cotton e David Perdue risale a febbraio e propone di tagliare l’immigrazione legale del 50 per cento in dieci anni. Oltre che sostituire la Lotteria con un procedimento competitivo e di merito che favorisca chi già parla inglese, può mantenere se stesso e la sua famiglia, e soprattutto dimostrare che le sue abilità possano contribuire all’economia americana.

ARTICOLO DI SARCINA DI STAMATTINA

WASHINGTON I morti sono 8. I feriti 11. Terrorismo, dice l’Fbi. Un altro attacco con un furgone, a poche centinaia di metri dal Memorial dell’11 settembre, a New York. Il killer si chiama Sayfullo Saipov, di nazionalità uzbeca, 29 anni. È arrivato negli Stati Uniti nel 2010, vive a Tampa. Ora è in ospedale, colpito dai fucili della polizia. Dovrebbe sopravvivere.

Alle 15,05 l’uomo, alla guida di un pick up bianco preso a noleggio nel New Jersey, irrompe sulla pista ciclabile che scorre sulla dorsale ovest di Manhattan, in parallelo al fiume Hudson. Piomba a tutta velocità, saltando il marciapiede e sorprendendo alle spalle ciclisti, «runner», pedoni. Il furgone travolge tutto. Due-trecento metri ancora e si schianta contro un bus in servizio su Chamber street per la Stuyvesant High School. A bordo ci sono due adulti e due bambini: feriti, non gravemente per fortuna. Non è finita. Un video mostra Saipov balzare fuori dal veicolo, si guarda intorno, impugna una pistola. Diversi testimoni lo sentono gridare «Allah akbar», Allah è il più grande. Circostanza confermata poi dagli inquirenti. Ci sono molte persone nei dintorni, come sempre, come ovunque a Manhattan. «Via, via, è armato». Panico, fuga disordinata: scene ormai familiari. Gli agenti sparano, centrano l’uomo all’addome, lo catturano, lo portano in un ospedale vicino. Poi sigillano l’area, arrivano centinaia di poliziotti, si mobilita la squadra anti-esplosivi con i cani addestrati: si cercano eventuali complici, altre minacce. Le autoambulanze trovano un varco nel traffico pietrificato e ignaro di tutto solo pochi «blocchi» più a nord. C’è subito la sensazione che le vittime saranno diverse, sei corpi senza vita tra le bici disintegrate. Altre due persone colpite moriranno in ospedale. Nella lista dei morti ci sono argentini e un belga.

Ancora un’ora di grande tensione, poi l’allarme rientra: è «un lupo solitario». Il commissario James O’Neill conferma la dinamica dei fatti e dice che Saipov aveva una pistola spara chiodi e un’altra caricata con proiettili di inchiostro.

Dalla Casa Bianca arriva la reazione di Donald Trump , via Twitter: «Un altro attacco da parte di una persona malata e folle». E ancora: «Non possiamo consentire all’Isis di tornare o entrare nel nostro paese dopo averlo sconfitto in Medio Oriente e altrove. Basta».

Il sindaco Bill de Blasio e il governatore Andrew Cuomo convocano una conferenza stampa. Parla il primo cittadino: «Siamo di fronte a un atto di terrore, il più vigliacco degli atti di terrore. Noi newyorkesi non ci faremo piegare, abbiamo superato altre prove terribili. Andremo a fondo alle indagini, siamo determinati a farlo. Voi siate vigili». Il governatore aggiunge: «Non ci sono prove che ci sia un piano che coinvolga altre persone».

È la notte di Halloween, mancano pochi giorni alla Maratona: «Ricordiamo le vittime nelle nostre preghiere e dico a New York di continuare a essere New York», chiude il governatore Cuomo.

GUIDO OLIMPIO

Quello di Manhattan è un attacco «da manuale» e d’emulazione. Un gesto che, in base alle prime informazioni, l’Fbi tratta come un gesto terroristico, anche se si esaminano tutte le ipotesi. La tattica è la stessa di episodi noti, dalla Francia alla Spagna, da Stoccolma a Berlino. Le indagini, nelle prossime ore, daranno altre risposte ad un’azione che torna a provocare vittime a New York dopo l’11 settembre 2001.

L’autore sarebbe Sayfullo Saipov, un giovane d’origine uzbeca, 29 anni, arrivato negli Usa nel 2010, residente in Florida e con piccoli precedenti per infrazioni stradali. Ma siamo soltanto al primissimo gradino dell’inchiesta.

La polizia non ha dubbi sulla mossa deliberata, l’uomo alla guida del camioncino ha scelto il target ideale — una pista ciclabile — e poi ha travolto chi ha trovato sul suo percorso, causando la strage. Questa era la sua intenzione, purtroppo è riuscito nella sua missione. Un metodo diventato il marchio dello Stato Islamico, un modus operandi copiato da estremisti xenofobi e fuori di testa. Il rischio dell’imitazione è altissimo. La propaganda jihadista, da al Qaeda in poi, ha suggerito la tecnica in quanto è facile da attuare, riduce al minimo il rischio di essere scoperti.

In apparenza il killer ha noleggiato il camioncino. Di nuovo i terroristi nelle loro istruzioni lanciate via web (due anni fa) hanno incoraggiato i seguaci in Occidente ad affittare i mezzi per questo tipo di attentati, indicandone i modelli, le caratteristiche, il peso. Una «guida» particolareggiata all’azione che l’assassino sembra aver seguito con attenzione. Così aveva fatto Mohamed Bouhlel, il responsabile del massacro sulla Promenade di Nizza. Personaggio laido, senza apparenti legami con organizzazioni politiche o religiose, si è tramutato in distruttore. Prima di lui c’erano stati i palestinesi e un canadese a impiegare un veicolo.

Secondo le informazioni — non complete — il criminale, dopo aver investito le persone, è uscito impugnando due pistole: una spara-chiodi e una seconda ad aria compressa (i suoi proiettili macchiano soltanto). Forse voleva provocare la reazione degli agenti e morire sotto il loro fuoco. Oppure cercava di aumentare il panico? Dobbiamo ricordare che questo non rappresenta una novità. Sempre a Nizza il franco-tunisino, oltre a un’arma vera, aveva delle copie di fucili all’interno dell’abitacolo. Un aspetto mai chiarito. L’attentatore al mercatino di Natale di Berlino, invece, possedeva una pistola reale pur di piccolo calibro.

In base alle indicazioni diffuse sulla rivista dello Stato Islamico, Rumiyah , chi conduce un assalto «veicolare» dovrebbe poi finire la missione aggredendo i superstiti con altri strumenti d’offesa. Dal revolver al coltello da cucina. E questo è avvenuto, in Ohio e a Londra, per stare a due esempi. Sottolineature per ribadire come le informazioni tra gli estremisti (d’ogni colore) corrano veloci senza bisogno che qualcuno le porti: c’è il web a fare da corriere. E la vocazione a colpire può crescere per bilanciare le sconfitte militari in Medio Oriente.